Il processo di costituzione dei Centri di Servizio al Volontariato, in particolare nel meridione, è stato lento e non privo di contrasti, anche interni allo stesso mondo del volontariato che si è visto imporre l’art. 15 della L.266/91 istitutivo dei CSV, senza una preventiva concertazione. Per quanto l’articolo in questione appaia coerente con la ratio della legge, infatti, il mondo del volontariato avrebbe voluto, correttamente, una condivisione del percorso, in particolare in una materia così importante. Allo stesso modo avrebbero auspicato un maggiore coinvolgimento sia le Fondazioni di origine bancaria, sia le stesse regioni comunque coinvolte dal dettato normativo.
La scelta di imporre l’art.15 ha invece determinato non pochi ostacoli applicativi conseguenti ai diversi ricorsi presentati presso TAR e Corte Costituzionale da parte di alcune Regioni e Casse di Risparmio. La giurisprudenza si è quindi vista più volte interpellata, nelle sue massime espressioni, sulla materia in questione, sancendo anche, con le diverse decisioni assunte, principi rilevanti.
Di particolare importanza, tra gli altri, è quanto espresso dalla Suprema Corte che, nel rigettare i ricorsi delle Regioni, sanciva il principio che l’azione volontaria rappresenta un diritto dei cittadini esigibile su tutto il territorio nazionale, e come tale deve essere garantito dalla Stato ad ogni latitudine.
A causa del contenzioso e delle lungaggini burocratiche, si è quindi dovuto aspettare sino al 1997 per vedere l’istituzione dei primi centri, quasi sette anni dopo la pubblicazione della legge, a seguito dell’entrata in vigore del DM del 08/10/1997 sottoscritto dall’allora ministro Livia Turco.