Il TS a Crotone. Uno sguardo sulle tendenze nello sviluppo del volontariato e della cooperazione sociale

Autore: 

Massimo Tagarelli

Il presente saggio è il primo che fa parte di un lavoro di ricerca e animazione avviato da ResPolis e dall'Unical nella provincia di Crotone, lavoro tutt'ora in corso. A breve verranno pubblicati altri materiali.

Premessa

Lo sviluppo del terzo settore è un fenomeno che non può essere studiato senza tenere in dovuto conto il contesto socio-culturale che ne costituisce l’humus. D'altronde, come ogni altro attore sociale, esso nasce e si muove all’interno di un sistema di culture, credenze, meccanismi regolativi e condizioni ambientali da cui è influenzato significativamente. Non è indifferente, quindi, il locus di riferimento sicché occorrerebbe, prima ancora che analizzare i dati riguardanti le caratteristiche e le evoluzioni del terzo settore, commentare la specificità del contesto entro cui esso opera.

Obiettivo di questo rapporto preliminare è duplice. Un primo obiettivo, più immediato, è descrivere i trend principali nella crescita del terzo settore in Calabria e più in dettaglio nella provincia crotonese. Nel paragrafo conclusivo, nel tentativo di dare una lettura interpretativa delle principali caratteristiche che sembrano emergere, si proverà a coniugare l’esigenza di fornire un quadro descrittivo della evoluzione del terzo settore con quella di tener conto dei fattori di contesto che possono aver influito sul determinarsi delle solidarietà organizzate nella regione calabrese. Il secondo obiettivo è quello di partire dalle riflessioni conclusive per far emergere degli interrogativi sulle dinamiche sociali in atto all’interno del terzo settore calabrese e, specificatamente, crotonese anche per mettere in discussione un’immagine immobile del Sud, della Calabria e di Crotone, frutto di uno stereotipo più che di una attenta osservazione ed interpretazione del quadro fenomenologico. Insomma, partire da alcuni dati grezzi, quali quelli quantitativi, per evidenziare certamente criticità ma anche per fornire una lettura originale nel suo dar conto delle potenzialità e dei processi già in atto. Una lettura da Sud, che non ci dica solo che il Sud è più arretrato del Nord, ma che veda cosa si muove e su che cosa bisogna e si potrebbe fare leva, cercando di indicare una strada di ricerca e da percorrere.

In assenza di ricerche riguardanti l’associazionismo di promozione sociale, si farà riferimento unicamente al mondo del volontariato (disciplinatodalla L.266/1991) e della cooperazione sociale (L. 381/1991). I dati a cui si farà riferimento non sono recentissimi. Rilevazioni su questi due mondi organizzativi dotati di sufficiente estensione geografica per operare comparazioni nonché della necessaria aggregazione provinciale sono unicamente quelle dell’Istat e della Fivol. Nel caso dell’Istat i dati dell’ultima rilevazione per il volontariato e la cooperazione si riferiscono rispettivamente al 2003 e al 2005, mentre per la Fivol l’ultima rilevazione utile per il volontariato fa riferimento al 2006. Considerando che l’obiettivo non è quello di dare una descrizione puntuale del terzo settore calabrese, quanto piuttosto di fornire indicazioni sul trend di sviluppo e su alcune caratteristiche di massima non facilmente mutabili in un lasso di tempo ristretto, l’utilizzo di dati non aggiornate non costituisce un grosso limite. L’analisi si dedicherà al dato regionale calabrese con un focus particolare per la provincia crotonese.

1.      Il volontariato

Il volontariato così come oggi si (rap)presenta è una realtà piuttosto recente. Esso esprime una forma di solidarietà specifica dei nostri tempi, non più data da condizioni ascritte e situata in relazioni di tipo comunitario[1]. Esso si distingue, inoltre, da forme più “chiuse” di solidarietà (mutualismo), già individuabili nelle società di mutuo soccorso del diciannovesimo secolo. Ma, soprattutto, il nuovo volontariato si distingue da una concezioni di intervento di tipo assistenziale, caritatevole o filantropico. Certamente, ancora oggi questi elementi non sono spariti. Ad esempio i legami comunitari continuano ancora ad orientare e a sostenere la nascita e lo sviluppo del volontariato organizzato, così come sono ancora individuabili esperienze dove l’azione si fonda molto più su una concezione di carità e di dovere morale che non sul riconoscimento del diritto all’assistenza e del dovere civile corrispondente o, ancora, vi sono esperienze di volontariato fortemente incentrate su una categoria di persone che costituiscono al contempo base associativa e destinatari dell’azione organizzativa[2]. Pur permanendo tali caratteristiche, la solidarietà odierna si caratterizza per il forte peso delle scelte individuali dei soggetti che, in quanto tali, sono facilmente reversibili. Per tale motivo, l’impegno volontario oggi è tendenzialmente “volatile” e più influenzato dal soddisfacimento delle aspettative individuali, frutto di una rielaborazione individuale e perciò originale di paradigmi valoriali (Ambrosini, 2005).

Le ricerche quantitative disponibili su questo mondo appaiono dare conferma di questa interpretazione. Anche con differenze significative sul territorio, di cui parleremo a breve, è evidente che solo una minima parte del volontariato italiano nasce prima degli anni ’70 dello scorso secolo mentre a partire da tale data l’incremento di tale universo è costante con un trend di crescita accentuato tra il 1991 e il 2000, vale a dire nel decennio che ha visto, insieme alla approvazione della L. 266/1991 sulle organizzazioni di volontariato, anche un progressivo spostamento della concezione di welfare da una forma accentrata statalista ad una municipale “mista” (welfare mix). Partendo da una constatazione generale quale quella appena formulata è possibile approfondire l’analisi dei dati (tabella 1) evidenziando sostanziali differenze tra aree geografiche. In particolare spicca il ritardo del Mezzogiorno ad una diffusione delle organizzazioni di volontariato a cui corrisponde, tuttavia, un trend di crescita accelerato a partire proprio dal 1991 con tassi superiori a quelli registrati nel Nord e nel Centro Italia, aree a più radicata tradizione associativa. Scendendo nel dettaglio, guardando quindi alla dimensione provinciale, sono osservabili alcune differenze. Concentrando l’attenzione sulla provincia crotonese, ad esempio, si evidenzia l’assenza di organizzazioni di volontariato fino al 1980, a cui segue una timida crescita intorno nella decade successiva per poi esplodere a partire dal 1996. Il volontariato crotonese, dunque, appare essere in Calabria quello più giovane[3]. Mentre la provincia di Vibo segue trend simili, le provincie storiche calabresi vedono l’esistenza di un volontariato storicamente più radicato.

 

  Prima del 1971 Dal 1971
 al 1980
Dal 1981
 al 1990
Dal 1991
al 1995
Dal 1996
al 2000
Dal 2001
al 2003
Nord-ovest 14% 11% 20% 20% 24% 11%
Nord-est 18% 8% 17% 18% 26% 13%
Centro 9% 9% 17% 23% 27% 15%
Mezzogiorno 3% 4% 19% 25% 34% 15%
Calabria 3% 4% 17% 19% 41% 15%
        Cosenza 4% 2% 14% 17% 46% 16%
        Catanzaro 2% 5% 20% 20% 35% 20%
        Reggio Calabria 6% 8% 19% 23% 34% 10%
        Crotone 0% 0% 8% 12% 62% 19%
        Vibo Valentia 0% 0% 23% 23% 45% 9%
ITALIA 12% 8% 18% 21% 27% 13%
 

Tabella 1.Organizzazioni di volontariato per periodo di costituzione e provincia - Anno 2003. Fonte: ISTAT (2006c)
 

Dall’ultima rilevazione Istat disponibile (ISTAT, 2006c) si evidenzia anche una differenziazione nella densità del fenomeno tra le cinque provincie calabresi. Con una densità media di 2,2 OdV ogni 10 mila abitanti, la Calabria si pone al di sotto della media italiana con una variazione nella densità, tra il 1995 e il 2003, in linea con il dato medio nazionale. Le provincie oscillano, nell’ultima annualità disponibile, tra l’1,3 OdV per 10 mila abitanti di Vibo e i 3,3 della provincia catanzarese. La provincia di Crotone, per il 2003, vede una densità di poco superiore al dato vibonese (1,5) con un tasso di variazione di molto inferiore a quelli registrati nelle altre provincie.

 

  1995 1999 2003 2003/1995  
  N. OdV per  10 mila ab. N. OdV per  10 mila ab. N. OdV per  10 mila ab. Variazione densità
 Calabria 188 0,9 292 1,4 448 2,2 244,44
      Cosenza 67 0,9 103 1,4 168 2,3 255,56
      Catanzaro 57 1,5 81 2,2 123 3,3 220,00
      Reggio Calabria 42 0,7 75 1,3 109 1,9 271,43
      Crotone 13 0,7 18 1,0 26 1,5 214,29
      Vibo Valentia 9 0,5 15 0,9 22 1,3 260,00
 ITALIA 8.343 1,5 15.071 2,6 21.021 3,6 240,00
                       
 

Tabella 2.Organizzazioni di volontariato iscritte ai registri regionali al 31.12 e variazioni dal 1995 al 2003.
Fonte: Istat (2006c)
 

Alcuni dati più recenti, tuttavia, ci descrivono una situazione estremamente diversa (tab. 3). Esaminando il registro regionale mantenuto dalle varie Provincie, ci si accorge del salto quantitativo in termini di organizzazioni di volontariato iscritte, con un aumento della densità sulla popolazione fino a (quasi)[4] allinearlo alla densità media nazionale. Tale incremento numerico non può essere attribuito unicamente all’istituzione di organizzazioni ex novo. Piuttosto, l’impressione che emerge dai dati disponibili (Consulta Nazionale dei Comitati di Gestione, 2010, 2011, 2012) è che gran parte di questo “recupero” sia determinato dalla progressiva iscrizione di OdV prima non registrate. Nel 2010, secondo il terzo compendio statistico diffuso dalla Consulta Nazione dei Comitati di Gestione (2012), le OdV calabresi non ancora iscritte sono il 50% circa con la media nazionale pari a circa il 33%. In soli due anni, dal 2008 al 2010, la variazione di OdV non iscritte (cioè esistenti ma non registrate) è stata del -16% contro il dato medio nazionale del -2,1%. Ciò sembra suggerirci essenzialmente due cose:

  • I dati Istat hanno probabilmente sottodimensionato la reale diffusione del volontariato nella regione. In tal senso, il caso del crotonese appare particolarmente esemplificativo laddove mentre nelle rilevazioni Istat la densità del volontariato organizzato era estremamente ridotta, risultando quasi inesistente, ad oggi la provincia di Crotone ha una densità altissima, quasi doppia a quella regionale;
  • Il “volontariato sommerso” in Calabria, più che in gran parte delle altre regioni italiane, deve ancora venire completamente allo scoperto. 

 
 

  OdV

Densità

(x 10 mila ab.)

Catanzaro 155* 4,2
Cosenza 311* 4,2
Crotone 137*** 7,9
Reggio Calabria 263** 4,6
Vibo Valentia 101* 6,1
Calabria 967 4,8
Italia# 28880 4,8
 

Tabella 3.Organizzazioni di volontariato iscritte ai registri regionali nel 2012. Fonte: Elaborazione dagli estratti provinciali del registro regionale. * dati a novembre 2012. ** dati a febbraio 2012  ***dati a marzo 2012. # I dati a livello nazionale sono riferiti al 2010. Fonte: Consulta nazionale dei Comitati di Gestione (2012)
 

 Cambiando prospettiva, e confrontando le attività delle OdV calabresi con i dati delle macro-aree, spicca una maggiore presenza di organizzazioni impegnate prevalentemente nel settore della protezione civile, dell’assistenza sociale e della tutela dei diritti (in quest’ultimo caso con uno scarto minore), mentre si registra un impegno relativamente minore nel comparto sanità (che comunque si attesta al 18,53%) e ricreazione e cultura. Spostando lo sguardo sulle provincie, si evince nuovamente una certa differenziazione interna con le OdV crotonesi impegnate soprattutto sul versante della protezione civile (circa il 30%). Rispetto al dato medio calabrese, inoltre, a Crotone l’impegno nel settore dell’assistenza è ben al di sotto della media nazionale. Sia che si guardi al dato nazionale sia che si focalizzi l’attenzione sul livello regionale o provinciale, rimane come tratto comune la prevalenza dell’impegno del volontariato in attività di servizio piuttosto che espressive (ricreazione e cultura, ambiente, tutela dei diritti).

 

  Ricreazione e cultura Sport Istruzione e ricerca Sanità Assistenza sociale Protezione civile Ambiente Tutela dei diritti Altri settori Totale
Nord-ovest 10,67% 1,09% 2,66% 33,50% 31,42% 6,89% 4,27% 1,99% 7,51% 100,00%
Nord-est 21,61% 3,70% 4,80% 19,62% 24,04% 10,41% 4,06% 3,17% 8,59% 100,00%
Centro 12,60% 1,16% 2,53% 31,79% 26,72% 10,33% 4,80% 2,81% 7,26% 100,00%
Mezzogiorno 11,39% 1,58% 2,30% 29,72% 29,47% 11,21% 4,50% 3,35% 6,48% 100,00%
Calabria 7,14% 3,35% 2,68% 18,53% 36,16% 17,19% 5,80% 5,36% 3,79% 100,00%
    Cosenza 10,71% 3,57% 3,57% 17,26% 33,93% 17,26% 7,74% 2,38% 3,57% 100,00%
    Catanzaro 7,32% 0,00% 4,88% 16,26% 42,28% 13,82% 1,63% 8,94% 4,88% 100,00%
    Reggio Calabria 2,75% 8,26% 0,00% 24,77% 33,03% 18,35% 8,26% 4,59% 0,00% 100,00%
    Crotone 7,69% 0,00% 0,00% 19,23% 19,23% 30,77% 7,69% 7,69% 7,69% 100,00%
    Vibo Valentia 0,00% 0,00% 0,00% 9,09% 54,55% 13,64% 0,00% 9,09% 13,64% 100,00%
ITALIA 14,64% 2,03% 3,23% 28,01% 27,78% 9,56% 4,35% 2,80% 7,59% 100,00%
 

Tabella 4.Organizzazioni di volontariato per settore prevalente di attività - Anno 2003. Fonte: Elaborazione su dati Istat (2006c)
 

I dati appena richiamati fanno riferimento al settore prevalente di intervento, ma una OdV può operare in più settori e offrire molteplici servizi. Le OdV del Mezzogiorno hanno, a tal proposito, una maggiore propensione ad impegnarsi su più settori come evidente non solo dalla minore numerosità di organizzazioni attive in un solo settore ma, soprattutto, dalla percentuale di quelle attive su 4 o più settori (30% circa, pari al doppio della media nazionale). Similmente si può dire sul piano dei servizi resi, laddove le OdV impegnate in 5 o più servizi sono, nel caso del mezzogiorno, il 35% circa contro una media nazionale di dieci punti percentuali inferiore. In Calabria le caratteristiche mediamente rilevate per il Mezzogiorno si accentuano: sono circa il 17% le OdV operanti in un unico settore e il 32% quelle attive in 4 o più settori, ben il 56% le organizzazioni che hanno attivati 4 o più servizi (la media nazionale e del 34%, quella del mezzogiorno il 43%).

 

PROVINCE 1 settore 2 settore 3 settore 4 settore 5 o più settori Totale
Nord-ovest 41,09% 27,05% 17,33% 8,60% 5,92% 100,00%
Nord-est 43,25% 26,32% 15,44% 8,41% 6,58% 100,00%
Centro 33,59% 26,97% 19,22% 11,02% 9,20% 100,00%
Mezzogiorno 25,65% 25,22% 19,11% 13,83% 16,19% 100,00%
Calabria 17,63% 22,10% 17,63% 18,08% 24,55% 100,00%
    Cosenza 17,86% 23,81% 13,69% 18,45% 26,19% 100,00%
    Catanzaro 19,51% 21,95% 19,51% 19,51% 19,51% 100,00%
    Reggio di Calabria 19,27% 19,27% 18,35% 16,51% 26,61% 100,00%
    Crotone 7,69% 11,54% 26,92% 11,54% 42,31% 100,00%
    Vibo Valentia 9,09% 36,36% 22,73% 22,73% 9,09% 100,00%
ITALIA 37,12% 26,43% 17,47% 10,09% 8,89% 100,00%
 

Tabella 5.Organizzazioni di volontariato per numero di settori di attività - Anno 2003.
Fonte: Elaborazione su dati Istat (2006c)
 

Tra le cinque provincie, Crotone è quella che vede maggiormente questa sorta di “indecisione” operativa: 42 su cento sono le OdV che operano in 4 o più settori e il 76% quelle che offrono 4 o più servizi. Difficile interpretare questo dato senza l’ausilio di informazioni qualitative che aiutino a trovare una chiave di lettura plausibile. L’impegno su più fronti può darsi da un ridotto “radicamento situazionale”, tale per cui il volontariato non è riconducibile quasi mai a situazioni di condivisione di situazioni esistenziali e, quindi, ad un impegno selettivo verso certe forme di disagio o tematiche. Ancora, potrebbe influire più semplicemente l’assenza di un progetto specifico per il territorio o la ridotta conoscenza delle esigenze dello stesso. In tali casi il volontariato rischia di diventare azione superficiale ed estemporanea priva di consapevolezza politica. Si tratterebbe, in ogni caso, di deficienze importanti. Il radicamento relazionale e territoriale è infatti un requisito fondamentale per generare capitale sociale, fiducia e quindi integrazione. La consapevolezza politica, invece, è ciò che da senso al servizio elevandolo ad percorso di cittadinanza attiva. La ridotta specializzazione, tuttavia, non è di per sé un dato immediatamente negativo laddove non segnali, però, carenza di come quelle evidenziate o il mero interesse a inseguire ogni “opportunità di mercato”[5].

 

PROVINCE 1 servizio 2 servizi 3 servizi 4 servizi 5 o più servizi Totale
Nord-ovest 37,85% 17,33% 13,08% 9,10% 22,64% 100,00%
Nord-est 37,11% 17,70% 14,20% 9,54% 21,45% 100,00%
Centro 32,14% 16,29% 13,44% 10,19% 27,95% 100,00%
Mezzogiorno 29,01% 14,84% 11,90% 8,98% 35,28% 100,00%
Calabria 20,31% 12,50% 10,49% 10,04% 46,65% 100,00%
    Cosenza 20,24% 10,12% 16,07% 8,33% 45,24% 100,00%
    Catanzaro 26,83% 17,89% 9,76% 12,20% 33,33% 100,00%
    Reggio  Calabria 19,27% 8,26% 4,59% 12,84% 55,05% 100,00%
    Crotone 0,00% 11,54% 11,54% 7,69% 69,23% 100,00%
    Vibo Valentia 13,64% 22,73% 0,00% 0,00% 63,64% 100,00%
ITALIA 34,68% 16,73% 13,26% 9,42% 25,91% 100,00%
 

Tabella 6.Organizzazioni di volontariato per numero di servizi - Anno 2003. Fonte: Elaborazione su dati Istat (2006c)
 

Il quadro dell’utenza interessata dalla attività delle OdV è estremamente vario, tanto che non è possibile evidenziare delle particolari tendenze. La situazione calabrese, ad esempio, presenta fortissime differenziazioni tra le provincie e, al contempo, è decisamente diversificata dal dato medio del Mezzogiorno. Soffermando lo sguardo sulla provincia di nostro interesse, Crotone, salta all’occhio, rispetto ai dati medi regionali e nazionali, un minore impegno verso utenti privi di particolari disagi e una maggiore attività nei confronti degli anziani, degli individui con difficoltà economiche e dei minori. I dati, si ricorda, sono riferiti al 2003 e sarebbe interessante vedere gli effetti che la crisi degli ultimi anni e la recente  concentrazione di immigrati ha avuto da questo profilo. Nel tentativo di interpretare tale distribuzione delle utenze per categorie, l’ipotesi che si può formulare è che il volontariato crotonese abbia risposto all’elevato tasso di povertà del territorio accentuatosi ulteriormente dopo la chiusura dei colossi della chimica Montedison ed Enichem che ha lasciato in eredità, insieme ai danni ambientali, anche il nodo irrisolto di un territorio in cerca di una nuova “vocazione economica”. Nel 2003, anno di riferimento dei dati che stiamo considerando, Crotone è la provincia con il reddito procapite più basso di Italia, una condizione che ad oggi non è mutata[6] e che trova un riflesso negli elevati tassi di disoccupazione. Ne consegue che l’intervento a favore di individui con difficoltà economiche e il supporto ai minori (come attività di accompagnamento all’integrazione in un contesto sociale reso dalle peculiari condizioni economiche) costituisce un versante di azione inevitabile[7].

Un ulteriore settore di intervento che vede un accentuato impegno del volontariato crotonese rispetto alla media regionale e nazionale è quello degli anziani autosufficienti, target di una OdV su cinque. Occorrerebbe avere qualche informazione più dettagliata per valutare il senso di tale valori, per comprendere cioè se il servizio reso va in direzione, piuttosto che no, del sostegno all’invecchiamento attivo o, ancora, a supporto dell’integrazione di anziani a rischio o in stato di vulnerabilità (per lontananza dei familiari, ad esempio). In quella data, infatti, Crotone presenta un tasso di vecchiaia di gran lunga inferiore al dato medio regionale (84,2 contro 107,1) e nazionale (133,8)[8]. Ciò nonostante è indubbio che già nei primi anni del 2003 la struttura della rete familiare sia stata intaccata, come suggerito dagli elevati tassi di migrazione che interessa, soprattutto, la popolazione più giovane andando così ad assottigliare e ad allungare la rete di cura informale a supporto degli anziani.

 

  Utenti senza specifici disagi Alcolisti Anziani autosufficienti Anziani non autosufficienti Detenuti ed ex detenuti Familiari di persone con disagio Genitori affidatari o adottivi Immigrati
Nord-ovest 7,78% 0,56% 9,45% 2,22% 0,98% 2,01% 0,25% 4,23%
Nord-est 14,82% 1,01% 12,10% 2,74% 0,49% 3,90% 0,20% 3,64%
Centro 8,23% 0,25% 7,89% 1,94% 0,86% 1,18% 0,18% 4,47%
Mezzogiorno 10,91% 0,51% 7,86% 1,66% 1,07% 3,52% 0,25% 5,12%
Calabria 17,91% 0,92% 10,17% 4,73% 0,35% 5,74% 0,10% 5,62%
    Cosenza 14,75% 0,00% 3,64% 2,40% 0,81% 2,04% 0,02% 5,11%
    Catanzaro 13,02% 2,14% 16,02% 9,65% 0,30% 11,50% 0,09% 2,05%
    Reggio Calabria 22,49% 0,35% 1,58% 0,50% 0,11% 2,76% 0,22% 11,86%
    Crotone 4,21% 0,00% 20,54% 3,13% 0,09% 1,52% 0,00% 1,26%
    Vibo Valentia 48,18% 0,00% 34,27% 2,86% 0,00% 0,19% 0,00% 4,95%
ITALIA 9,71% 0,57% 9,38% 2,18% 0,85% 2,44% 0,22% 4,30%
 

 

  Individui in difficoltà economica Malati e traumatizzati Malati terminali  
Malati psichici
Minori (fino a 18 anni) Nomadi Portatori di handicap Profughi
Nord-ovest 2,45% 55,13% 0,96% 0,71% 6,34% 0,39% 3,17% 0,08%
Nord-est 2,37% 40,40% 0,68% 0,50% 10,39% 0,22% 3,32% 0,13%
Centro 1,82% 60,27% 1,14% 0,37% 6,55% 0,41% 1,49% 0,79%
Mezzogiorno 3,91% 45,18% 1,08% 0,37% 8,86% 0,91% 3,62% 0,48%
Calabria 8,13% 32,00% 0,89% 0,28% 6,19% 0,69% 3,31% 0,00%
    Cosenza 22,59% 27,69% 0,15% 0,16% 10,83% 0,80% 7,43% 0,00%
    Catanzaro 2,65% 34,34% 1,67% 0,57% 2,85% 1,26% 1,14% 0,00%
    Reggio  Calabria 0,64% 42,22% 0,79% 0,05% 5,03% 0,01% 2,94% 0,00%
    Crotone 35,50% 7,61% 0,00% 0,06% 23,94% 0,00% 2,08% 0,00%
    Vibo Valentia 1,65% 1,62% 0,00% 0,00% 4,76% 0,00% 1,52% 0,00%
ITALIA 2,49% 51,74% 0,96% 0,52% 7,66% 0,44% 2,83% 0,34%
 

 

  Prostitute Ragazze madri Senza tetto, senza dimora Sieropositivi Tossico-dipendenti Vittime di sisma o alluvioni Vittime di violenze Persone con altro tipo di disagio
Nord-ovest 0,09% 0,19% 1,58% 0,19% 0,30% 0,04% 0,19% 0,70%
Nord-est 0,13% 0,30% 0,43% 0,17% 0,27% 0,13% 0,26% 1,39%
Centro 0,05% 0,08% 0,79% 0,15% 0,27% 0,07% 0,11% 0,61%
Mezzogiorno 0,29% 0,19% 1,10% 0,27% 0,97% 0,14% 0,09% 1,68%
Calabria 0,00% 0,13% 1,53% 0,00% 0,21% 0,00% 0,14% 0,94%
    Cosenza 0,00% 0,06% 0,08% 0,01% 0,02% 0,00% 0,53% 0,89%
    Catanzaro 0,00% 0,29% 0,03% 0,00% 0,39% 0,00% 0,01% 0,01%
    Reggio  Calabria 0,00% 0,01% 5,60% 0,01% 0,22% 0,01% 0,00% 2,64%
    Crotone 0,00% 0,00% 0,06% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00%
    Vibo Valentia 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00%
ITALIA 0,12% 0,18% 1,05% 0,19% 0,39% 0,08% 0,17% 0,97%
 

Tabella 7.Utenti per tipologia - Anno 2003. Fonte: Elaborazione su dati Istat (2006c)
 
 

 

Entrate di fonte pubblica  
    Sussidi e contributi Ricavi da contratti e/o convenzioni Totale Totale (in migliaia di €) N° OdV €/OdV (x 1000)
  Nord-ovest 9,14% 38,83% 47,97% 216.838 5.977 36,3
  Nord-est 15,32% 37,88% 53,20% 271.708 6.626 41,0
  Centro 8,47% 37,09% 45,57% 204.721 4.064 50,4
  Mezzogiorno 14,27% 42,32% 56,59% 123.367 4.354 28,3
  Calabria 12,53% 29,80% 42,33% 15.383 448 34,3
      Cosenza 14,53% 25,56% 40,10% 1.589 168 9,5
      Catanzaro 3,89% 33,83% 37,72% 6.264 123 50,9
      Reggio di Calabria 4,87% 40,09% 44,96% 4.275 109 39,2
      Crotone 49,54% 1,15% 50,69% 221 26 8,5
      Vibo Valentia 45,47% 6,55% 52,02% 3.034 22 137,9
  ITALIA 11,58% 38,52% 50,10% 816.634 21.021 38,8
                 

 

 

Tabella 8.Entrate per fonte pubblica: distribuzione per tipo di entrata e densità (in migliaia di euro) - Anno 2003. Fonte: Elaborazione su dati Istat (2006c)
 

La combinazione delle fonti di finanziamento è un indicatore particolarmente importante da analizzare quando si parla di terzo settore. Non a caso nel dibattito accademico, come in quello interno allo stesso mondo della solidarietà organizzata, la questione delle risorse economiche è strettamente legata al tema dell’autonomia organizzativa soprattutto quando gran parte delle risorse provengono da un unico soggetto. La progressiva de-pubblicizzazione del welfare, nel determinare un sempre maggiore coinvolgimento del non profit nella erogazione dei servizi di welfare attraverso il finanziamento pubblico, pone evidenti problemi di dipendenza verso l’attore pubblico (Anheier, 2005; Ascoli e Pavolini, 1999; Barbetta, 2000; Donati, 1996) verso il quale il terzo settore dovrebbe essere libero di esprimere critiche e opposizioni in difesa dei diritti e del bene comune. Distinguendo ad un livello più generale tra fonte pubblica e fonte privata di finanziamento è possibile individuare dei profili peculiari per ogni area geografica: il Nord-ovest e il Centro vedono il prevalere dei finanziamenti del privato, mentre il Nord-est e il Mezzogiorno il prevalere dei finanziamenti pubblici. Tuttavia, per queste due aree a fare la differenza è sopratutto l’ammontare dei sussidi anche se il Mezzogiorno vede una quota di ricavi da contratti e convenzioni maggiore che nelle altre aree. Ciò a dire che le OdV del Mezzogiorno non solo ricevono dall’attore pubblico una quota maggiore di risorse a titolo gratuito ma anche maggiori finanziamenti come corrispettivo per la gestione di servizi. Il volontariato  calabrese si distingue su questo profilo per un ammontare minore di risorse proveniente da contratti, che incidono sulle entrate totali solo per il 30% circa. Quello che sorprende, tuttavia, è il modo in cui si caratterizzano le provincie di Crotone e di Vibo. In entrambe, le entrate da fonte pubblica non solo partecipano per oltre il 50% al bilancio ma assumono prevalentemente la forma del sussidio. Ad ogni modo, nel caso del volontariato crotonese le entrate medie per organizzazione (da fonte sia pubblica sia privata) sono estremamente ridotte e pari ad appena 17mila euro annui.  Al contrario, nella provincia vibonese le entrate medie per OdV sono fuori scala con valori estremamente alti[9].

 

Entrate di fonte privata  
    Contributi degli aderenti Attività  commerciali e produttive marginali Donazioni, lasciti testamentari Trasferimenti da strutture superiori/ inferiori Redditi finanziari e patrimoniali
  Nord-ovest 4,77% 7,26% 22,58% 1,78% 1,48%
  Nord-est 5,19% 8,13% 14,43% 1,52% 1,45%
  Centro 5,14% 15,16% 12,55% 1,07% 2,27%
  Mezzogiorno 3,89% 5,77% 19,76% 0,99% 2,38%
  Calabria 2,10% 4,17% 34,10% 0,33% 7,56%
      Cosenza 4,57% 14,64% 14,26% 0,68% 10,62%
      Catanzaro 0,52% 4,00% 52,16% 0,00% 0,46%
      Reggio di Calabria 3,82% 2,84% 8,48% 0,98% 22,24%
      Crotone 4,59% 0,69% 25,92% 0,23% 3,90%
      Vibo Valentia 1,95% 0,00% 38,53% 0,00% 1,99%
  ITALIA 4,88% 9,51% 16,88% 1,40% 1,81%
    Residui anni precedenti Altre entrate Totale Totale (in migliaia di €) €/OdV (x 1000)
  Nord-ovest 4,43% 9,74% 52,03% 235.195 39,4
  Nord-est 4,10% 11,99% 46,80% 239.046 36,1
  Centro 2,11% 16,13% 54,43% 244.567 60,2
  Mezzogiorno 4,75% 5,87% 43,41% 94.617 21,7
  Calabria 6,07% 3,34% 57,67% 20.961 46,8
      Cosenza 6,81% 8,33% 59,90% 2.374 14,1
      Catanzaro 4,55% 0,59% 62,28% 10.341 84,1
      Reggio di Calabria 12,25% 4,43% 55,04% 5.233 48
      Crotone 1,15% 12,84% 49,31% 215 8,3
      Vibo Valentia 0,21% 5,30% 47,98% 2.798 127,2
  ITALIA 3,73% 11,69% 49,90% 813.425 38,7
               
 

Tabella 9.Entrate per fonte privata: distribuzione per tipo di entrata e densità (in migliaia di euro) - Anno 2003. Fonte: Elaborazione su dati Istat (2006c)
 

A far pesare maggiormente le entrate da fonte privata sul piatto della bilancia delle OdV calabresi sono soprattutto le donazioni e i lasciti testamentari, che da soli pesano circa il 34% sul totale delle entrate, mentre. Il quadro interno della regione è tuttavia differenziato. La provincia di Cosenza, vede una quota notevole di entrate legate ad attività commerciali e produttive “marginali” che trova pari solo nei valori medi delle OdV del Centro Italia. La consistenza delle attività commerciali sembra segnalare una progressiva professionalizzazione delle organizzazioni stesse coerentemente con il trend riscontrato più in generale sull’intero volontariato (Ascoli e Pavolini, 1999; Young e Salamon, 2003). Reggio Calabria si caratterizza invece per la percentuale particolarmente elevata di entrate derivanti da redditi finanziari e patrimoniali (22,24% contro la media nazionale del 3,73%). Il volontariato del crotonese, invece, ha tra le principali fonti private di finanziamento le donazioni e altre entrate non meglio definite mentre, rispetto al dato medio regionale, l’incidenza dei redditi da attività commerciali, di quelli finanziari e patrimoniali e dei residui è pressappoco assente. Sebbene il peso sul bilancio organizzativo delle entrate da fonte pubblica per il volontariato calabrese sia nei dati presentati ancora consistente i dati Istat disponibili per gli anni precedenti evidenzia un aumento delle entrate da fonte pubblica in termini assoluti, ma una decrescita in termini relativi per l’aumento notevole dei redditi da attività commerciali (quintuplicati dal 2001 al 2003) e da donazioni, lasciti testamentari e liberalità (raddoppiati) (ISTAT, 2005, 2006c). Con la riduzione del fondi destinati a vario titolo al welfare regionale e locale sarebbe interessante osservare in che modo è cambiata la combinazione dei redditi e, conseguentemente, le strategia adottate dalle OdV per sopravvivere.

Osservando la distribuzione delle OdV per classi di entrate emerge chiaramente come il Mezzogiorno, e la Calabria nello specifico, si caratterizzano per una maggiore presenza di OdV con entrate annue pari o inferiori a cinque mila euro, rispettivamente pari al 35,28% e al 41,74% sul totale delle organizzazioni. La provincia crotonese è in assoluto quella con una percentuale di OdV “povere” più alta. Nella fascia più alta di reddito considerata, infatti, non compare alcuna organizzazione (mentre la media regionale è del 4% circa) così come ridotta è la presenza di OdV con redditi annui tra i 25 e i 250 mila euro. Al contrario, sono più della metà (54%) le OdV con un reddito annuo pari alla fascia di reddito più bassa. Questo dato da conferma di quanto già rilevato prima circa l’esiguità delle risorse che, fino al 2003, sembra aver connotato i bilanci delle organizzazioni di volontariato crotonese.

 

  Fino a 5 Da 5 a 25 Da 25 a 100 Da 100 a 250 Oltre 250 Totale
Nord-ovest 27,35% 34,47% 24,08% 8,13% 5,97% 100%
Nord-est 25,94% 34,17% 24,12% 8,62% 7,15% 100%
Centro 29,36% 32,53% 21,70% 8,12% 8,29% 100%
Mezzogiorno 35,28% 34,36% 20,62% 6,80% 2,94% 100%
Calabria 41,74% 33,48% 14,29% 6,47% 4,02% 100%
    Cosenza 40,48% 36,31% 19,64% 2,38% 1,19% 100%
    Catanzaro 52,85% 27,64% 7,32% 7,32% 4,88% 100%
    Reggio di Calabria 29,36% 35,78% 16,51% 11,93% 6,42% 100%
    Crotone 53,85% 34,62% 7,69% 3,85% 0,00% 100%
    Vibo Valentia 36,36% 31,82% 9,09% 9,09% 13,64% 100%
ITALIA 28,94% 33,98% 22,92% 8,01% 6,17% 100%
 

Tabella 10: Organizzazioni di volontariato per classi di importo delle entrate  - Anno 2003. Fonte: Elaborazione su dati Istat (2006c)
 

La distribuzione delle spese delle OdV calabresi si discosta in modo consistente dalla media nazionale e delle macro-aree geografiche, inclusa quella di appartenenza. Per effetto dei valori “abnormi” registrati nella provincia di Catanzaro, infatti, il volontariato calabrese vede un quarto delle spese destinate a sussidi e contributi per terzi mentre più bassa è la spesa per l’acquisto di beni e servizi. In linea con il trend delle altre regioni del Mezzogiorno, anche il volontariato calabrese presenta una spesa relativamente minore destinata a sostenere la presenza di personale retribuito (come dipendente o collaboratore). Rispetto a tali voci, a Crotone la spesa destinata a tal proposito è praticamente nulla mentre presenta un valore particolarmente alto (circa il 77%) l’ammontare di spesa rivolto all’acquisto di beni e servizi. L’idea che questi ultimi dati sembrano dare del volontariato crotonese, considerati anche i bilanci scarni che sembrano connotarlo, è che ci si trova davanti ad un volontariato in piena fase di crescita, che orienta le poche risorse disponibili per il proprio consolidamento. Un tratto, questo, che appare emergere dalla prima rilevazione sul volontariato crotonese (Marcello, Licursi et al., 2008).

 

  Spese  per il personale dipendente Spese per i lavoratori con contratto di collaborazione Rimborsi spese ai volontari Acquisti di beni e servizi Sussidi, contributi ed erogazioni a terzi
Nord-ovest 17,74% 6,91% 3,00% 38,37% 9,81%
Nord-est 25,19% 4,87% 4,33% 36,08% 8,81%
Centro 15,74% 6,04% 3,30% 40,53% 7,69%
Mezzogiorno 11,24% 7,80% 8,55% 44,61% 7,30%
   Cosenza 5,63% 8,28% 10,21% 50,53% 11,26%
   Catanzaro 12,00% 4,65% 7,86% 10,72% 39,74%
   Reggio di Calabria 12,64% 10,16% 5,72% 51,90% 0,82%
   Crotone 0,00% 0,75% 6,78% 77,64% 1,01%
   Vibo Valentia 13,78% 0,55% 0,20% 17,80% 0,14%
Calabria 11,62% 5,93% 6,46% 27,88% 20,29%
ITALIA 18,71% 6,13% 4,20% 39,04% 8,58%
  Trasferimenti a strutture inferiori/   superiori Imposte e tasse Ammortamenti Altre spese Totale
Nord-ovest 3,43% 1,36% 4,77% 14,61% 100%
Nord-est 3,60% 1,62% 2,76% 12,74% 100%
Centro 1,84% 4,52% 4,23% 16,12% 100%
Mezzogiorno 2,52% 1,74% 2,93% 13,32% 100%
   Cosenza 0,84% 3,55% 0,93% 8,76% 100%
   Catanzaro 4,53% 1,36% 0,26% 18,88% 100%
   Reggio di Calabria 1,01% 3,69% 4,67% 9,38% 100%
   Crotone 0,50% 2,51% 0,00% 10,80% 100%
   Vibo Valentia 0,02% 0,77% 0,00% 66,74% 100%
Calabria 2,53% 2,16% 1,50% 21,62% 100%
ITALIA 2,92% 2,38% 3,75% 14,28% 100%
 

Tabella 11.Uscite per voci di bilancio - Anno 2003. Fonte: Elaborazione su dati Istat (2006c)
 

A dispetto delle differenze sul piano della dimensione organizzativa, le OdV nel Mezzogiorno non si differenziano troppo dalle altre, almeno sul piano della presenza dei volontari. Dalla tabella 12, che descrive la densità di risorse umane nelle OdV italiane, si evince chiaramente che la presenza di volontari si distribuisce abbastanza equamente sul territorio. Piuttosto, il Mezzogiorno si distingue per una relativa maggiore presenza di religiosi, a sottolineare un processo di secolarizzazione del volontariato più rallentato, e di volontari del servizio civile. Inoltre,  le OdV meridionali hanno una minore densità di personale retribuito, soprattutto dipendente a tempo pieno, conseguenza probabilmente della maggiore debolezza economica. Rispetto alla media regionale, le OdV calabresi non si discostano molto in termini di presenza di volontari. Un caso a parte è però la provincia di Reggio Calabria che registra, oltre ad un numero elevatissimo di religiosi, una densità di volontari e di collaboratori doppia rispetto alle altre provincie. Le OdV crotonesi si distinguono per una carenza totale di personale retribuito (sono presenti solo pochi collaboratori) e di volontari di servizio civile, a conferma di una fenomeno ancora non completamente strutturato.

 

  Volontari Dipendenti a tempo pieno Dipendenti a tempo parziale Collaboratori Religiosi Volontari del servizio civile Totale
Nord-ovest 3.929 38 12 62 27 29 4.097
Nord-est 3.928 49 20 56 23 22 4.098
Centro 4.351 55 18 64 44 60 4.591
Mezzogiorno 3.537 18 13 70 57 87 3.783
Calabria 4.206 41 14 90 161 71 4.584
    Cosenza 3.350 6 5 40 45 71 3.517
    Catanzaro 3.644 63 12 89 59 11 3.879
    Reggio di Calabria 6.771 67 19 186 500 154 7.697
    Crotone 3.238 - - 46 35 - 3.319
    Vibo Valentia 2.314 109 91 55 77 91 2.736
ITALIA 3.929 41 16 62 35 45 4.128
 

Tabella 12.Volontari, dipendenti, religiosi e volontari del servizio civile (densità per 100 OdV) – Anno 2003. Fonte: Elaborazione su dati Istat (2006c)
 

Nel soffermarsi sulla compagine volontaria delle OdV, è interessante prendere in esame sia la distribuzione delle OdV per numerosità di volontari sia l’età di quest’ultimi. Riguardo alla numerosità di volontari per organizzazione non è possibile individuare grandi differenze: in genere prevalgono le OdV di piccole dimensioni, con pochi volontari attivi, mentre al contempo sono presenti un numero esiguo di grandi organizzazioni con 50 o più volontari al proprio interno. Questo sintesi descrive la situazione delle macro-aree (Nord, Centro e Mezzogiorno) sia della regione calabrese. Diversamente, la distribuzione delle organizzazioni del crotonese per classi di volontari attivi descrive un volontariato composto da prevalentemente da gruppi di medie dimensioni: circa il 35% delle OdV ha infatti al suo interno dai 21 ai 30 volontari attivi, un valore particolarmente elevato per questa fascia di organizzazioni se confrontato con il dato medio regionale e nazionale. Relativamente inferiore è invece la presenza delle piccole organizzazioni (da 1 a 20 volontari) e delle organizzazioni medio-grandi (da 41 a 50 volontari). Questo dato non va in contrasto con l’ipotesi di un volontariato giovane se supponiamo che in presenza di un ridotto numero di organizzazioni (rispetto alle altre provincie) ma a parità di densità di volontari vi è una maggiore tendenza alla concentrazione, cosa che spiegherebbe perché nella provincia di Vibo 1 OdV su 4 ha al suo interno dai 41 ai 50 volontari. È plausibile pensare che man mano che il volontariato crotonese si sviluppi, e quindi con l’aumentare del numero delle OdV, si possa verificare un “adeguamento” alle medie nazionali. Una ipotesi, questa, che sembra suffragata non solo dal trend del volontariato più consolidato delle altre provincie ma anche dai dati più recenti della Fivol (Frisanco et al., 2006).

 

  Da 1 a 10 Da 11 a 20 Da 21 a 30 Da 31 a 40 Da 41 a 50 Da 51 a 60 Oltre 60 Totale
Nord-ovest 25% 30% 15% 8% 5% 4% 14% 100%
Nord-est 25% 27% 16% 8% 7% 5% 12% 100%
Centro 27% 27% 14% 8% 5% 3% 15% 100%
Mezzogiorno 24% 28% 15% 9% 6% 4% 13% 100%
Calabria 21% 31% 13% 10% 7% 5% 14% 100%
    Cosenza 22% 34% 11% 7% 6% 6% 14% 100%
    Catanzaro 24% 27% 12% 11% 7% 5% 14% 100%
    Reggio di Calabria 17% 30% 12% 12% 7% 4% 18% 100%
    Crotone 19% 15% 35% 12% 0% 12% 8% 100%
    Vibo Valentia 23% 45% 0% 9% 23% 0% 0% 100%
ITALIA 25% 28% 15% 8% 6% 4% 13% 100%
 

Tabella 13.Organizzazioni di volontariato per classe di volontari attivi – Anno 2003. Fonte: Elaborazione su dati Istat (2006c)
 

Le OdV  meridionali vedono tendenzialmente l’impegno di volontari più giovani. Questo dato si presenta in modo più accentuato in Calabria dove i volontari con età pari o inferiore ai 29 anni sono circa il 33%, contro il 27% del Mezzogiorno e il 22% nazionale. Anche i volontari in età adulta sono più diffusi mentre man mano che ci si muove verso le classi di età superiore (dai 55 anni in su) la presenza di volontari si assottiglia in modo più consistente (il 6,62% in Calabria, contro una media nazionale due volte maggiore). Crotone, insieme a Catanzaro, è la provincia dove la presenza di volontari fino a 29 anni risulta ulteriormente accentuata (circa il 40% per entrambe le provincie) con un conseguente ulteriore calo dell’impegno volontario dei più anziani. In generale sembra confermarsi il maggiore impegno del volontariato giovanile evidenziato in altri documenti da Frisanco (Frisanco, 2006; Frisanco e Arabia, 2004; Frisanco et al., 2006). Come lo stesso afferma, «il dato oggi più positivo circa la presenza giovanile nel mondo del volontariato organizzato regionale si spiega presumibilmente in virtù di un accresciuto impegno promozionale negli ultimi anni da parte delle OdV e, soprattutto, dei Centri di Servizio per il Volontariato all’interno delle scuole e, in generale, della maggiore attenzione nei confronti delle giovani generazioniche costituiscono anche una delle categorie di cittadini di cui esse più si occupano. Tale attenzione è crescente andando dalle OdV di più remota origine a quelle più recenti, con un picco nel decennio 1991-2001. Va da sé che i giovani, i soggetti in formazione, siano anche i beneficiari diretti e privilegiati dell’azione educativa delle OdV - orientata alla diffusione della cultura della solidarietà e della cittadinanza attiva - perché in prospettiva costituiscono la risorsa più importante non solo per il futuro del volontariato, ma della società» (Frisanco et al., 2006: 22). L’ipotesi che da ciò sembra potersi fare è che, nel caso del crotonese, l’elevata disoccupazione giovanile, insieme all’influenza culturale di cui parla Frisanco, può aver accentuato il particolare avvicinamento dei più giovani al mondo del volontariato inteso da quelli, probabilmente, anche come forma di inserimento sociale e lavorativo. Tale ipotesi, per quanto verosimile, richiederebbe tuttavia un ricerca ad hoc di approfondimento.

 

  Fino a 29 anni Da 30 a 54 anni Da 55 a 64 anni Oltre i 64 anni Totale
Nord-ovest 17,12% 38,76% 28,15% 15,97% 100%
Nord-est 22,74% 41,21% 22,50% 13,55% 100%
Centro 22,87% 40,36% 22,60% 14,16% 100%
Mezzogiorno 27,71% 45,07% 18,36% 8,86% 100%
Calabria 33,46% 45,29% 14,62% 6,62% 100%
    Cosenza 30,44% 48,67% 14,71% 6,18% 100%
    Catanzaro 40,99% 35,72% 18,59% 4,71% 100%
    Reggio di Calabria 30,92% 48,70% 12,34% 8,04% 100%
    Crotone 39,07% 46,44% 8,91% 5,58% 100%
    Vibo Valentia 28,29% 40,86% 21,22% 9,63% 100%
ITALIA 22,10% 41,05% 23,36% 13,49% 100%
 

Tabella 14.Volontari per classe di età - Anno 2003. Fonte: Elaborazione su dati Istat (2006c)
 

 

2.      La cooperazione sociale

 

Distinta dal movimento cooperativo con il quale pure condivide alcuni principi e da cui ha tratto inevitabilmente ispirazione (Borzaga, Depedri et al., 2010), la cooperazione (di solidarietà) sociale nasce negli anni ’80 essenzialmente come evoluzione professionalizzata dell’impegno profuso dal “nuovo volontariato” degli anni ’70 (Ranci, 1999b). I dati Istat danno ragione di questo processo. Fino al 1981 la cooperazione con finalità sociale[10] ha visto una scarsa diffusione (ISTAT, 2006a). Si parla di numeri ridottissimi da valutare con una ulteriore attenzione in quanto dagli stessi non è possibile distinguere tra le innovative cooperative di solidarietà sociale, nate dal volontariato, e le cooperative di servizi sociali, ovverossia quelle cooperative di stampo mutualistico attive nella erogazione di servizi sociali (Borzaga e Lepri, 1988). Nell’ultima rilevazione Istat riferita all’anno 2005, la distribuzione delle cooperative sociali per anno di fondazione descrive l’esplosione del fenomeno soprattutto dopo l’approvazione della legge 381/1991 “Disciplina delle cooperative sociali” e principalmente nel Mezzogiorno che a partire da quella data ha visto trend di crescita accelerati rispetto alle altre aree d’Italia[11]. Nelle regioni meridionali, e in modo più marcato in Calabria, dunque, la cooperazione sociale è più giovane che altrove in Italia. La provincia di Crotone ha visto la nascita delle sue cooperative concentrata essenzialmente nell’arco degli anni ’90, nel pieno del fermento legato al riconoscimento giuridico del volontariato e della cooperazione sociale e alla progressiva de‑pubblicizzazione dei servizi di welfare.  
 

  Prima del 1986 1986-1990 1991-1995 1996-2000 2001-2005 Totale
Nord-ovest 14,50% 15,16% 20,97% 26,38% 22,99% 100%
Nord-est 18,01% 15,69% 18,35% 24,90% 23,06% 100%
Centro 13,70% 11,25% 15,58% 33,61% 25,86% 100%
Mezzogiorno 12,14% 14,07% 13,47% 38,12% 22,20% 100%
Calabria 9,36% 10,21% 14,04% 36,17% 30,21% 100%
    Cosenza 6,74% 10,11% 12,36% 26,97% 43,82% 100%
    Catanzaro 12,50% 16,67% 12,50% 58,33% 0,00% 100%
    Reggio di Calabria 12,04% 6,48% 15,74% 36,11% 29,63% 100%
    Crotone 0,00% 20,00% 40,00% 40,00% 0,00% 100%
    Vibo Valentia 0,00% 33,33% 0,00% 66,67% 0,00% 100%
ITALIA 14,25% 14,14% 16,87% 31,45% 23,29% 100%
 

Tabella 15.Cooperative sociali per periodo di costituzione e provincia. Fonte: Elaborazione dati Istat (ISTAT, 2006a, b, 2008)
 

 

Confrontando i risultati delle tre rilevazioni effettuate dall’Istat è possibile evidenziare da un lato l’accelerato sviluppo della cooperazione sociale nel Mezzogiorno e in Calabria con uno scostamento positivo significativo in termini di densità del fenomeno: da 8,1 cooperative sociali per 100 mila abitanti nel 2001 si è passati in Calabria, a distanza di soli 4 anni, ad una densità di 11,7 riducendo  così lo scarto con la densità media nazionale. In questo lasso di tempo, tuttavia, alcune provincie calabresi hanno manifestato trend in controtendenza: Catanzaro e Vibo Valentia con una riduzione della densità nonché in termini assoluti, Crotone mantenendo una condizione di staticità.

 

 

  2001 2003 2005  
    Numero Cooperative ogni 100 mila ab. Numero Cooperative ogni 100 mila ab. Numero Cooperative ogni 100 mila ab.
  Nord-ovest 1.641 11,0 1.637 10,8 1.979 12,7
  Nord-est 1.144 10,8 1.289 11,8 1.466 13,2
  Centro 990 9,1 1.235 11,1 1.431 12,6
  Mezzogiorno 1.740 8,5 1.998 9,7 2.487 12,0
  Calabria 163 8,1 153 7,6 235 11,7
      Cosenza 51 7,0 47 6,4 89 12,2
      Catanzaro 34 9,2 26 7,0 24 6,5
      Reggio di Calabria 62 11,0 65 11,5 108 19,1
      Crotone 4 2,3 4 2,3 5 2,9
      Vibo Valentia 12 7,0 11 6,5 9 5,3
  ITALIA 5.515 9,7 6.159 10,6 7.363 12,5
                       

 

 

Tabella 16.Cooperative sociali sul territorio e densità. Anno 2001, 2003 e 2005. Fonte: Elaborazione dati Istat (ISTAT, 2006a, b, 2008)
 

La distribuzione delle cooperative sociali per tipologia (A, B o mista) in Calabria vede la prevalenza di cooperative di tipo A (come mediamente avviene nel resto dello stivale) con una percentuale, tuttavia, più in linea alle circoscrizioni del nord che non con quella del Mezzogiorno in cui la presenza di cooperative attive nel settore dei servizi sociali è particolarmente accentuata. In linea con altre regioni del meridione è, invece, il dato sulla presenza relativa di consorzi, una realtà non troppo sviluppata in Calabria. Per la provincia crotonese la percentuale di cooperative di tipo A si attesta su valori particolarmente elevati, pari all’80%, tuttavia nel valutare questo dato occorre tenere in considerazione che il numero di cooperative sociali operanti a Crotone è piuttosto ridotto (solo 5 nel 2005) per cui il rischio di valori fuori media è elevato. Rimane ad ogni modo la prevalenza del tipo A di cooperazione e l’assenza di consorzi[12].

 

  Tipo A Tipo B Oggetto misto (A+B) Consorzio Totale
Nord-ovest 59,17% 35,02% 1,31% 4,50% 100%
Nord-est 57,57% 32,33% 5,39% 4,71% 100%
Centro 45,00% 43,05% 7,41% 4,54% 100%
Mezzogiorno 67,79% 25,57% 4,18% 2,45% 100%
Calabria 59,15% 34,04% 4,26% 2,55% 100%
    Cosenza 51,69% 39,33% 6,74% 2,25% 100%
    Catanzaro 62,50% 25,00% 0,00% 12,50% 100%
    Reggio di Calabria 63,89% 32,41% 2,78% 0,93% 100%
    Crotone 80,00% 20,00% 0,00% 0,00% 100%
    Vibo Valentia 55,56% 33,33% 11,11% 0,00% 100%
ITALIA 59,01% 32,85% 4,28% 3,86% 100%
 

Tabella 17.Cooperative sociali per tipologia - Anno 2005. Fonte: Elaborazione dati Istat (2008)
 

La numerosità dei soci per cooperativa e la distribuzione delle cooperative per classi di lavoratori rappresentano alcuni indicatori indiretti della loro dimensione e strutturazione. Per quanto concerne i soci dai dati nella tabella sottostante si evidenzia un dato piuttosto macrospico: l’esiguo numero di soci (persone fisiche) per cooperativa che connota il quadro meridionale. Mediamente nel Mezzogiorno una cooperativa sociale ha 18 soci mentre nelle altre circoscrizioni si passa dai 51 soci del Nord-est ai 34 delle cooperative del Centro. I dati della cooperazione calabrese e, nello specifico, di quella crotonese si riducono di qualche unità rispetto al valore medio di area (da 18 soci per cooperativa a, rispettivamente, 14 e 15 soci). Sembra potersi spiegare questo dato in primo luogo in relazione alla diversa maturità che la cooperazione sociale ha nel resto d’Italia rispetto a quanto avvenuto nel Mezzogiorno, dove la cooperazione è un fenomeno più recente. Nel meridione, quindi, la cooperazione sociale pur avendo raggiunto una densità simile a quella mediamente caratterizzante le aree di più radicata tradizione si presenta strutturalmente più debole potendo contare su un numero più esiguo di soci a suo sostegno. Voltando lo sguardo al numero di lavoratori (calcolato come densità per rendere conto della diversa diffusione del fenomeno nelle diverse aree considerate) nel meridione la presenza di cooperative con un numero elevato di lavoratori si dimostra più ridotta che altrove in Italia, soprattutto rispetto all’area del Nord dove almeno 1 cooperativa su due presenta tali caratteristiche. In Calabria il quadro così descritto è ulteriormente accentuato nonostante la provincia di Crotone registri ben l’80% di cooperative con 20 o più lavoratori. Sebbene si tratti di una percentuale considerevole, vale l’annotazione fatta per la distribuzione delle cooperative per tipologia. In un certo senso, comunque, appare evidente che le cooperative crotonesi interessate da tale percentuale rappresentano, in un tessuto economico particolarmente debole, un fattore di sviluppo per il territorio nonché soggetti produttori di fiducia e capitale sociale.

 

  Soci persone fisiche
Nord-ovest 44
Nord-est 51
Centro 34
Mezzogiorno 18
Calabria 14
    Cosenza 12
    Catanzaro 18
    Reggio di Calabria 14
    Crotone 15
    Vibo Valentia 10
ITALIA 35
 

Tabella 18.Soci persone fisiche (densità). Fonte: Elaborazione dati Istat (2008)
 

 

  Da 1 a 5 Da 6 a 9 Da 10 a 19 20 e oltre Totale
Nord-ovest 10,11% 11,57% 19,50% 58,82% 100%
Nord-est 14,46% 10,71% 22,24% 52,59% 100%
Centro 21,10% 12,93% 23,06% 42,91% 100%
Mezzogiorno 24,97% 17,81% 26,42% 30,80% 100%
Calabria 28,09% 22,98% 23,40% 25,53% 100%
    Cosenza 34,83% 24,72% 21,35% 19,10% 100%
    Catanzaro 16,67% 4,17% 33,33% 45,83% 100%
    Reggio di Calabria 24,07% 25,93% 25,93% 24,07% 100%
    Crotone 0,00% 20,00% 0,00% 80,00% 100%
    Vibo Valentia 55,56% 22,22% 0,00% 22,22% 100%
ITALIA 18,13% 13,77% 23,07% 45,02% 100%

 

 

Tabella 19.Cooperative sociali per classe di lavoratori - Anno 2005. Fonte: Elaborazione dati Istat (2008)
 

Diversamente da quanto accade al nord e al centro Italia, nel Mezzogiorno la forza lavoro impiegata nelle cooperative sociali si connota per una minore densità di personale retribuito e volontario ma per un numero maggiore di volontari in servizio civile. Per quanto concerne invece la densità dei religiosi non si registrano differenze significative ma, piuttosto, si registra in generale una presenza ridottissima a sottolineare che il ruolo di queste figure poco facilmente si combina con un servizio di tipo professionale e continuativo su base professionale e, soprattutto, che la secolarizzazione del terzo settore è in questo settore particolarmente avanzata. Un caso a parte rispetto tale condizione è rappresentato proprio dalla provincia di Crotone dove la presenza dei religiosi, misurata come densità, è decisamente elevata così come è elevata, per la media circoscrizionale e regionale, la densità di volontari. Anche la densità di personale retribuito, sia dipendenti che collaboratori, segna cifre ben superiori della media regionale e meridionale suggerendo una certa robustezza delle cooperative sociali operanti sul territorio crotonese.

 

  Dipendenti a tempo pieno Dipendenti part-time Collaboratori e lavoratori interinali Volontari Religiosi Volontari del servizio civile
Nord-ovest 2.144 1.563 559 710 11 33
Nord-est 2.405 1.325 345 666 15 21
Centro 1.681 1.377 530 210 7 57
Mezzogiorno 776 813 370 147 8 66
Calabria 598 605 251 207 11 48
    Cosenza 513 449 145 110 2 91
    Catanzaro 992 1.246 250 200 21 50
    Reggio di Calabria 581 636 285 243 13 9
    Crotone 1.660 420 1.300 700 100 100
    Vibo Valentia 11 167 300 478 - 44
ITALIA 1.644 1.226 447 414 10 46
 

Tabella 20.Lavoratori per tipo di contratto. Densità per 100 cooperative sociali - Anno 2005. Fonte: Elaborazione dati Istat (2008)

Passando a considerare il valore di produzione, come facilmente immaginabile, si profila nel centro-nord un tessuto cooperativo estremamente più produttivo, e pertanto “ricco”, di quello meridionale che vede sul totale solo il 40% delle proprie cooperative con valore di produzione al di sopra dei 250 mila euro annui, versus il 70% circa del Nord e il 56% circa della cooperazione del Centro Italia. Nuovamente, scendendo a livello regionale e dettagliando i dati per provincia, le poche cooperative del crotonese appaiono particolarmente robuste, così come immaginato sulla base della numerosità del personale. Ben l’80% (4 su 5) delle cooperative esistenti ha, infatti, un valore di produzione al di sopra dei 250 mila euro annui.

 

  Fino a 50 da 50 a 100 da 100 a 250 da 250 a 500 500 e più Totale
Nord-ovest 5,66% 7,73% 18,29% 19,61% 48,71% 100%
Nord-est 8,32% 5,80% 17,67% 18,01% 50,20% 100%
Centro 12,58% 9,57% 21,38% 19,50% 36,97% 100%
Mezzogiorno 21,31% 14,56% 26,50% 18,50% 19,14% 100%
Calabria 31,91% 11,06% 23,83% 16,60% 16,60% 100%
    Cosenza 43,82% 10,11% 19,10% 17,98% 8,99% 100%
    Catanzaro 12,50% 0,00% 16,67% 25,00% 45,83% 100%
    Reggio di Calabria 24,07% 15,74% 29,63% 14,81% 15,74% 100%
    Crotone 20,00% 0,00% 0,00% 20,00% 60,00% 100%
    Vibo Valentia 66,67% 0,00% 33,33% 0,00% 0,00% 100%
ITALIA 12,82% 10,01% 21,54% 18,89% 36,74% 100%
 

Tabella 21.Cooperative sociali per classe di valori della produzione in migliaia di euro annui  - Anno 2005. Fonte: Elaborazione dati Istat (2008)
 

L’integrazione del terzo settore, soprattutto di quello più professionalizzato, nel sistema del welfare state ha reso la cooperazione sociale un attore privilegiato nella gestione dei servizi per conto dell’attore pubblico. La committenza da parte statale costituisce, pertanto, la fonte principale di entrata per molte cooperative sociali, in particolare per le cooperative sociali di tipo A il cui scopo è per legge quello di erogare servizi sociali. La dipendenza dalle finanze pubbliche non è tuttavia omogenea tra la cooperazione sociale dello stivale: si passa infatti dal 56% del Nord-est fino al 77% del Mezzogiorno che descrive la maggiore difficoltà per la cooperazione sociale di questo territorio a trovare un mercato privato su cui vendere i propri servizi. Il dato medio calabrese, che equivale quello della circoscrizione di appartenenza, oscilla tra il 58% della cooperazione catanzarese al 100% della cooperazione vibonese e crotonese[13].

 

  Fonte prevalentemente pubblica Fonte prevalentemente privata Totale
Nord-ovest 61,29% 38,71% 100%
Nord-est 56,28% 43,72% 100%
Centro 62,75% 37,25% 100%
Mezzogiorno 77,00% 23,00% 100%
Calabria 77,45% 22,55% 100%
    Cosenza 77,53% 22,47% 100%
    Catanzaro 58,33% 41,67% 100%
    Reggio di Calabria 78,70% 21,30% 100%
    Crotone 100,00% 0,00% 100%
    Vibo Valentia 100,00% 0,00% 100%
ITALIA 65,88% 34,12% 100%
 

Tabella 22.Cooperative sociali per fonte prevalente di finanziamento - Anno 2005. Fonte: Elaborazione dati Istat (2008)
 

 

  Ricreazione Istruzione Sanità Assistenza  sociale Altro Totale
Nord-ovest 11,87% 19,56% 11,36% 57,05% 0,17% 100%
Nord-est 10,90% 31,40% 8,53% 48,46% 0,71% 100%
Centro 11,02% 22,36% 10,09% 56,52% 0% 100%
Mezzogiorno 9,55% 16,25% 7,24% 66,96% 0% 100%
Calabria 6,47% 23,74% 10,79% 58,99% 0% 100%
     Cosenza 4,35% 4,35% 15,22% 76,09% 0% 100%
     Catanzaro 0% 20% 20,00% 60% 0% 100%
     Reggio di Calabria 10,14% 37,68% 5,80% 46,38% 0% 100%
     Crotone 0% 0% 25,00% 75% 0% 100%
     Vibo Valentia 0% 40,% 0% 60% 0% 100%
ITALIA 10,66% 20,99% 9,02% 59,15% 0,18% 100%

 

 

Tabella 23.Cooperative sociali di tipo A per settore di attività prevalente – Anno 2005. Fonte: Elaborazione dati Istat (2008)
 

L’utenza di riferimento della cooperazione sociale tende a distinguersi per area geografica. Nel nord-ovest, ad esempio, si registra un maggiore impegno a favore degli anziani, autosufficienti e non, rispetto alla media nazionale, mentre il nord-est oltre a presentare un maggiore impegno verso utenti privi di specifici disagi registra una maggiore percentuale di attività verso i malati e i traumatizzati. Nel Mezzogiorno, l’utenza prevalente in assoluto non presenza problemi specifici (40%) mentre al contempo, si rileva un minore impegno verso i minori rispetto alle altre aree d’Italia. La cooperazione sociale calabrese è attiva per oltre il 56% per utenti senza disagi, con un impegno al di sotto della media per gli anziani (autosufficienti e non) e per i minori. Probabilmente la giustificazione di questa particolare distribuzione dell’utenza trova una sua ragione nella relativa maggiore tenuta della rete familiare. Tuttavia, con i dati riferiti al 2005 non sorprenderebbe un recupero di attività proprio sul versante di queste utenze giacché anche in Calabria l’allungamento della rete familiare è diventata evidente con effetti negativi soprattutto sugli anziani, sempre di più lasciati a loro stessi quando non “datori di lavoro” dei propri figli[14]. Nel dettaglio provinciale l’attenzione della cooperazione sociale crotonese è, contrariamente al dato regionale, quasi del tutto profuso per gli anziani non autosufficienti. Spicca tuttavia un’attenzione particolare anche per gli immigrati (che con il 9% supera di tre volte la media regionale e quella meridionale) e i tossicodipendenti. Ciò richiama l’attenzione su queste due specifiche utenze. La presenza del CIE (Centro di Identificazione e Espulsione) e del CARA (Centro di Accoglienza Richiedenti Asilo) in località Sant’Anna pone, soprattutto per le aree più urbanizzate, un evidente problema di integrazione sociale della popolazione immigrata il cui rischio principale è quello di vedersi “integrata”, in assenza di dovute misure di accompagnamento, nei circuiti del lavoro nero o della prostituzione. 

 

  Utenti senza specifici disagi Alcolisti Anziani
autosufficienti
Anziani non
autosufficienti
Detenuti ed ex detenuti Disabili fisici,
psichici e sensoriali
Disoccupati Immigrati
Nord-ovest 13,16% 0,09% 14,52% 22,82% 0,39% 3,58% 1,30% 8,10%
Nord-est 27,50% 0,18% 9,92% 5,78% 0,04% 3,32% 4,28% 8,60%
Centro 36,80% 0,08% 3,66% 6,15% 0,27% 3,94% 0,45% 2,47%
Mezzogiorno 40,04% 0,22% 10,20% 5,25% 0,14% 4,13% 0,74% 3,26%
Calabria 56,92% 1,70% 5,01% 2,76% 0,01% 3,97% 0,02% 2,57%
    Cosenza 69,21% 0,00% 7,51% 2,80% 0,00% 1,81% 0,00% 1,53%
    Catanzaro 78,75% 3,51% 1,39% 1,44% 0,00% 2,41% 0,00% 0,24%
    Reggio di Calabria 8,10% 3,37% 4,42% 0,95% 0,04% 10,81% 0,00% 7,29%
    Crotone 18,18% 0,00% 0,00% 56,14% 0,00% 0,00% 0,00% 9,09%
    Vibo Valentia 7,54% 0,98% 1,64% 0,00% 0,00% 5,57% 2,30% 1,64%
ITALIA 26,80% 0,14% 10,41% 11,40% 0,21% 3,67% 1,94% 6,33%
                 
  Malati e
traumatizzati
Malati
terminali
Minori Pazienti psichiatrici Senza tetto, senza dimora Tossicodipendenti Persone con altro tipo di disagio Totale
Nord-ovest 1,85% 0,34% 31,14% 0,66% 0,82% 0,41% 0,83% 100%
Nord-est 10,27% 0,39% 21,82% 0,47% 1,02% 0,39% 6,03% 100%
Centro 3,13% 0,68% 37,91% 0,67% 0,59% 1,03% 2,16% 100%
Mezzogiorno 4,92% 0,64% 26,93% 1,67% 0,34% 0,66% 0,86% 100%
Calabria 1,35% 0,65% 16,17% 1,78% 0,05% 5,75% 1,29% 100%
    Cosenza 2,30% 1,35% 6,24% 0,83% 0,00% 6,43% 0,00% 100%
    Catanzaro 0,81% 0,00% 3,92% 0,40% 0,00% 7,14% 0,00% 100%
    Reggio di Calabria 0,00% 0,00% 51,59% 5,73% 0,23% 2,28% 5,19% 100%
    Crotone 0,00% 0,00% 2,05% 0,23% 0,00% 14,32% 0,00% 100%
    Vibo Valentia 1,64% 0,00% 64,59% 0,00% 0,00% 0,00% 14,10% 100%
ITALIA 5,19% 0,47% 28,71% 0,80% 0,75% 0,56% 2,62% 100%
 

Tabella 24.Utenti delle cooperative sociali di tipo A per tipologia e provincia - Anno 2005. Fonte: Elaborazione dati Istat (2008)
 

Il settore prevalente di attività delle cooperative di tipo B e Miste è principalmente quello commerciale e dei servizi con una maggiore tendenza per il Mezzogiorno (75% circa) e una minore frequenza per il Nord-est (46,7%) dove è decisamente diffusa anche l’attività nel settore industriale/artigianale[15]. Dunque, anche la cooperazione sociale risente della peculiarità del tessuto economico meridionale laddove questo risulta fondato soprattutto sul settore terziario e meno su quello secondario e primario, a dispetto delle potenzialità soprattutto nel settore dell’agricoltura e dell’artigianato. La Calabria vede una accentuazione del trend osservato nel Mezzogiorno anche se tra le cinque provincie è possibile riscontrare differenze notevoli. A Vibo, ad esempio, la cooperazione di integrazione sociale è soprattutto impegnata nel settore primario, mentre a Catanzaro c’è una certa omogeneità tra settori. Per quanto concerne la provincia del crotonese, la cooperazione di tipo B o mista appare integralmente operativa nel settore terziario. Sulla base di quanto osservato precedentemente sulla prevalenza delle fonti di entrata, è possibile ipotizzare anche per la cooperazione di integrazione una estrema dipendenza dal committente pubblico.

 

  Agricola Industriale e
artigianale
Commerciale e servizi
Nord-ovest 18,73% 27,34% 53,92%
Nord-est 22,86% 30,43% 46,70%
Centro 16,45% 14,65% 68,91%
Mezzogiorno 14,91% 10,18% 74,91%
Calabria 11,22% 9,18% 79,59%
    Cosenza 6,82% 11,36% 81,82%
    Catanzaro 25% 37,50% 37,50%
    Reggio di Calabria 7,32% 2,44% 90,24%
    Crotone 0% 0% 100%
    Vibo Valentia 75% 0% 25%
ITALIA 18,06% 20,22% 61,72%
 

Tabella 25.Cooperative sociali di tipo B e ad oggetto misto per area di attività - Anno 2005. Ciascuna cooperativa può operare in più di un'area. Fonte: Elaborazione dati Istat (2008)
 

Gli utenti destinatari dell’azione integrativa delle cooperative miste e di tipo B sono, nella provincia crotonese, per lo più disoccupati e per il restante 28% tossicodipendenti. Volgendo lo sguardo alla situazione regionale è possibile osservare la presenza di una maggiore concentrazione nella disabilità (38%) e in una non meglio definita categoria di persone con altri disagi. Inoltre, rispetto alla media nazionale, l’attenzione verso i tossicodipendenti e soprattutto verso i pazienti psichiatrici appare notevolmente ridotta, non tanto per assenza di potenziali utenti (non troppo diversa rispetto al territorio nazionale) quanto piuttosto per la debolezza dei sistemi locali di welfare (capaci appena, e comunque non a livelli sufficienti, di fornire servizi essenziali come l’assistenza domiciliare) e, forse, per carente professionalità e capacità “imprenditoriale” delle cooperative riguardo delle utenze così delicate e fragili.

 

  Alcolisti Detenuti ed ex detenuti Disabili fisici, psichici e
Sensoriali
Disoccupati Minori Pazienti
 psichiatrici
Tossicodipen-denti Persone con altro disagio Totale
Nord-ovest 4,62% 8,85% 44,24% 2,25% 1,12% 16,27% 20,09% 2,56% 100%
Nord-est 6,33% 8,46% 40,38% 2,24% 0,93% 20,90% 14,31% 6,46% 100%
Centro 2,83% 7,88% 60,37% 2,72% 0,67% 11,30% 12,44% 1,79% 100%
Mezzogiorno 2,10% 7,06% 41,94% 11,15% 3,80% 10,20% 12,67% 11,07% 100%
Calabria 0,39% 2,33% 38,60% 10,10% 0,13% 4,79% 9,84% 33,81% 100%
    Cosenza 0,00% 5,26% 59,87% 16,45% 0,00% 1,32% 6,58% 10,53% 100%
    Catanzaro 0,80% 0,00% 22,49% 2,01% 0,00% 7,23% 17,27% 50,20% 100%
    Reggio di Calabria 0,30% 2,97% 40,65% 9,50% 0,30% 5,04% 5,64% 35,61% 100%
    Crotone 0,00% 0,00% 0,00% 71,43% 0,00% 0,00% 28,57% 0,00% 100%
    Vibo Valentia 0,00% 0,00% 70,00% 30,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 100%
ITALIA 4,27% 8,20% 46,54% 3,87% 1,42% 15,41% 15,34% 4,96% 100%
 

Tabella 26.Utenti (persone svantaggiate) delle cooperative sociali di tipo B e ad oggetto misto per tipologia. Fonte: Elaborazione dati Istat (2008)
 

Un ultimo sguardo in questa breve analisi secondaria sulla cooperazione in Calabria e nella provincia di Crotone può essere rivolto alle iniziative volte al miglioramento della qualità. Per delle organizzazioni imprenditoriali, che si sostengono operando sul mercato e generando profitti, l’aspetto della qualità è decisivo per guadagnare quote di mercato e, dunque, per rafforzare l’intrapresa. Questo vale anche per le cooperative sociali. Anzi, dal momento che gli utenti di questi attori di mercato sono tendenzialmente soggetti vulnerabili o che soffrono una qualche forma (temporanea o permanente) di disagio, e che la cooperazione sociale ha una matrice valoriale solidaristica (e dunque non interessata al profitto in sé) la qualità del servizio dovrebbe rappresentare una priorità fondamentale dell’attività organizzativa.

 

  Nessuna
iniziativa
Da 1 a 2 Da 3 a 4 5 e più Totale
Nord-ovest 16,73% 29,11% 32,39% 21,78% 100%
Nord-est 11,66% 30,08% 35,20% 23,06% 100%
Centro 16% 28,09% 32,08% 23,83% 100%
Mezzogiorno 21,91% 29,11% 29,51% 19,46% 100%
Calabria 20,43% 28,09% 32,34% 19,15% 100%
    Cosenza 30,34% 28,09% 29,21% 12,36% 100%
    Catanzaro 12,50% 25,00% 25,00% 37,50% 100%
    Reggio di Calabria 12,96% 28,70% 38,89% 19,44% 100%
    Crotone 20% 20% 0% 60% 100%
    Vibo Valentia 33,33% 33,33% 22,22% 11,11% 100%
ITALIA 17,33% 29,10% 31,92% 21,65% 100%
 

Tabella 27.Cooperative sociali per numero di iniziative volte al miglioramento della qualità e provincia – Anno 2005. Fonte: Elaborazione dati Istat (2008)
 

Ciò premesso colpisce come a livello nazionale siano, mediamente, solo il 17% le cooperative sociali che non attivano alcuna iniziativa per migliorare la qualità del servizio, con una variazione percentuale tra aree geografiche piuttosto significativa: il 22% circa nel Mezzogiorno e l’11% circa nel Nord-est, mentre Centro e Nord-ovest vedono circa il 16% delle cooperative sociali inattive rispetto alla questione del miglioramento qualitativo. A Crotone la percentuale di cooperative che non intraprendono alcuna iniziativa è la medesima di quella registrata per il mezzogiorno. Tuttavia, sono circa il 60% le cooperative che hanno messo in atto 5 o più interventi  per la crescita della qualità. Soprattutto, le cooperative crotonesi si sono spese nell’avvio di nuovi servizi, nella raccolta dei feed-back da parte di stakeholders e, principalmente, nella pubblicizzazione della propria attività e nella programmazione degli obiettivi. Solo una delle cinque cooperative ha optato per il ricambio dei propri dirigenti. Vale la pena evidenziare che la programmazione degli obiettivi, un atto “doveroso” per un attore imprenditoriale, non è una attività così diffusa nella cooperazione italiana, almeno nel periodo di rilevazione dei dati cui ci riferiamo (il 2005), e che la differenza tra meridione e centro-nord è minima su questo versante. Similmente si può dire per la certificazione della qualità, leggermente più diffusa nella cooperazione del Centro (ma con solo una differenza di quattro punti percentuali in confronto al Mezzogiorno).

 

  Ricambio dei dirigenti Avviamento nuovi servizi Individuazione nuove tipologie
di utenti
Redazione guide ai
servizi
Raccolta suggerimenti o
reclami
Certificazione qualità Pubblicizzazione
della propria
attività
Svolgimento attività di programmazione obiettivi
Nord-ovest 31,43% 49,62% 34,36% 25,52% 37,54% 22,79% 47,60% 64,68%
Nord-est 31,24% 49,18% 34,24% 23,60% 40,31% 22,24% 57,37% 72,51%
Centro 31,17% 50,10% 41,09% 21,17% 35,99% 28,02% 50,59% 62,47%
Mezzogiorno 27,10% 38,88% 35,50% 22,92% 35,26% 24,93% 40,69% 60,31%
Calabria 29,79% 43,40% 40,00% 19,57% 34,04% 19,57% 44,26% 60,43%
    Cosenza 41,57% 41,57% 35,96% 13,48% 25,84% 10,11% 35,96% 43,82%
    Catanzaro 16,67% 50,00% 58,33% 16,67% 50,00% 50,00% 50,00% 62,50%
    Reggio di Calabria 25,93% 43,52% 39,81% 27,78% 37,96% 23,15% 50,93% 72,22%
    Crotone 20,00% 60,00% 40,00% 0,00% 60,00% 0,00% 80,00% 80,00%
    Vibo Valentia 0,00% 33,33% 33,33% 0,00% 11,11% 0,00% 11,11% 66,67%
ITALIA 29,88% 46,00% 36,03% 23,41% 37,02% 24,42% 47,79% 64,34%

Tabella 28.Cooperative sociali per iniziative volte al miglioramento della qualità - Anno 2005. (a). Fonte: Elaborazione dati Istat (2008)
 

3.      Alcune note conclusive

La diffusione del mondo del terzo settore in Calabria, come nel resto del Mezzogiorno, è avvenuta rispetto al resto del territorio nazionale in ritardo, con una accelerazione marcata soprattutto a partire dagli anni ’90. Mentre solo in parte tale crescita è attribuibile ad una diffusione della cultura di cittadinanza attiva, nei termini usati da Ranci (1999a), l’idea che i dati forniscono è quella di uno sviluppo indotto dal combinarsi di tassi elevati di disoccupazione, dall’apertura di opportunità di mercato generate dal riconoscimento giuridico del volontariato e della cooperazione sociale (avvenuto con le leggi n.266 e n.381 del 1991) e dalla conseguente integrazione in un sistema di produzione di servizi (quello del cosiddetto welfare-mix) di fatto “protetto”. La combinazione di tali elementi ha permesso la “lievitazione” del terzo settore, resa maggiormente possibile dalla presenza di forme di regolazione sociale di tipo clientelare. Non a caso, in uno studio sul fenomeno dell’imprenditoria sociale nel Mezzogiorno, Battistella (2001) evidenzia, soprattutto nella cooperazione sociale di tipo A, l’infiltrazione di uno spirito mutualistico dalla forma più tradizionale di cooperazione con processi di crescita generati sull’intenzione del self-employment e incentivati dai vantaggi connessi alla specifica forma giuridica della cooperazione sociale. La questione ha una sua ambivalenza. Considerando le particolari influenze ambientali, e quindi le difficoltà nel fare impresa (legate a carenza di infrastrutture, alle pressioni di stampo malavitoso, ai costi di una amministrazione lenta e ferraginosa, ecc.), la crescita di esperienze di intrapresa è di per sé un dato positivo. Dall’altro canto, tuttavia, non si può rilevare in questa sede che una cooperazione sociale più votata al mutualismo porta con se dei limiti in quanto non facilita il superamento di una presentazione corporativa delle istanze verso forme più universali, capaci di cogliere la dimensione di “cittadinanza”. Il perché la cooperazione sociale sembrerebbe essersi sviluppata nella direzione indicata da Battistella non è chiaro. Una ipotesi, volendo sposare una prospettiva alla Putnam, è che in Calabria, come nel resto del Mezzogiorno,  ci si trova  in una situazione di “deficit di spirito civico” (Lattarulo, 2010) che rende le comunità meno permeabili al diffondersi della cultura espressa dal “nuovo volontariato” e di cui la cooperazione sociale si è fatta erede dandosi forma più strutturata. Un’altra ipotesi, non necessariamente alternativa, è che la debolezza del tessuto economico rende il sistema sociale meridionale meno dotato di risorse economiche ed umane da investire nella “solidarietà elettiva” nonché più propenso a “sfruttare” ogni occasione che si presenta per garantirsi margini di sopravvivenza. Quest’ultima interpretazione in particolare sembra plausibile in quanto capace di leggere anche alcune situazioni “anomale”, e non troppo rare, riguardanti il settore del volontariato. Non è una novità la presenza di organizzazioni che, seppur istituite ai sensi della L. 266/1991, svolgono servizi complessi impiegando una quota importante di personale retribuito. Così come non sono infrequenti OdV nate per “interesse” della classe politica locale a seguito di promesse di sostegno economico con risorse pubbliche (Marcello e Costabile, 2003; Nicoletta e Tagarelli, 2010), il tutto alimentato dall’utilizzo (distorto) del rimborso spese forfettario come forma di retribuzione in nero. Per quanto riguarda le attività quelle che vedono il TS maggiormente impegnato, guardando all’entità delle risorse umane che vi lavorano, sono quelle dei servizi sanitari e sociali mentre di minore rilevanza sono in genere le attività di natura “espressiva”, come l’advocacy. Questo tratto, già presente in nuce nelle forme archetipiche del TS italiano (le Opere Pie e a seguire le IPAB) (Barbetta, 1996, 2000), si è rafforzato a partire dalla fine degli anni ’70 ad oggi con la progressiva inclusione del TS nel sistema di welfare pubblico. Il volontariato e la cooperazione sociale crotonesi si distinguono particolarmente su questo versante rispetto alle tendenze medie registrate a livello regionale e circoscrizionale. Il settore dell’assistenza sociale è maggiormente sguarnito di operatori del volontariato mentre è maggiormente concentrata la presenza di cooperative sociali di tipo A, impegnate quest’ultime anche sul settore sanitario laddove le altre aree di intervento vedono una totale assenza. Di contro, le organizzazioni di volontariato sono estremamente attive nel settore della protezione civile aspetto, questo, che evidenzia un allontanamento dal settore del welfare, “culla” tradizionale del volontariato italiano. C’è forse una ragione di tipo più “remunerativo”,  che rende le attività di protezione civile preferibili perché rendono più agevole la sopravvivenza dell’organizzazione attraverso la sussidiazione del settore pubblico? I dati in possesso non consentono di sostenere o confutare questa interpretazione. Sarebbe interessante indagare a tal proposito sulle origini e sulle matrici valoriali di queste organizzazioni.

I dati Istat evidenziano nel crotonese la presenza di un volontariato giovane e apparentemente poco diffuso. Tuttavia, considerando alcune fonti più recenti si osserva sul territorio crotonese una densità particolarmente elevata. Inoltre, più in generale, è possibile rilevare che gran parte del volontariato calabrese è “sommerso”, almeno in termini di visibilità istituzionale, in quanto non iscritto ai registri. C’è, dunque, tutta un universo associativo non osservabile dalle rilevazioni che prendono come unico riferimento i registri regionali, ma che ugualmente opera sul territorio contribuendo, goccia su goccia, a generare coesione sociale.

Da evidenziare anche la più intensa presenza di giovani volontari nel crotonese, la cui causa può essere un maggiore radicamento sul territorio, e quindi la capacità di sensibilizzare i più giovani al tema della solidarietà, insieme ad un «accresciuto impegno promozionale negli ultimi anni da parte delle OdV e, soprattutto, dei Centri di Servizio per il Volontariato all’interno delle scuole, nonché dell’attenzione privilegiata delle OdV del Mezzogiorno per le giovani generazioni che costituiscono una delle categorie di cittadini di cui esse si occupano con particolare attenzione» (Frisanco, 2006: 19) o, piuttosto, il fatto che al tempo dell’ultima rilevazione è stato registrato un universo organizzativo esso stesso sostanzialmente giovane e pertanto non ancora segnato dall’invecchiamento della base associativa, conseguente dalla difficoltà a reperire nuovi volontari (Nicoletta e Tagarelli, 2010: 234). Un ulteriore ipotesi potrebbe essere la percezione del volontariato come opportunità di inclusione sociale e lavorativa.

Per quanto concerne il quadro della cooperazione sociale nel crotonese, invece, ci si trova davanti un universo composto da poche unità ma “solide”. La gran parte ha infatti 20 o più dipendenti e valori di produzione di fascia medio-alta (4 su 5 hanno entrate annue superiori ai 250 mila euro). Questa particolare composizione suggerisce che le cooperative in questione operino in una sorta di nicchia di mercato, al riparo dalla concorrenza. La debolezza economica del territorio, e i ridotti margini del “mercato” del welfare locale, rende più difficile la nascita di altre imprese second-comers capaci di entrare in competizione e, quindi, di sottrarre quote di mercato. Questa lettura richiederebbe per la sua conferma, tuttavia, approfondimenti di tipo qualitativo anche alla luce del progressivo ridursi dei finanziamenti statali per le politiche sociali (Cittalia, 2012).

 Si diceva, in premessa, che uno degli obiettivi di questo rapporto è quello di stravolgere una visione stereotipata del Sud, immobile, impantanato in circoli viziosi, ostacolato da clientelismi e campanilismi. Voler adottare una prospettiva di tal tipo non significa negare le criticità pur esistenti, ma partire dalle stesse per osservare l’altra faccia della medaglia, il bicchiere mezzo pieno, che spesso è tralasciato o ritenuto di scarso valore nell’equazione complessiva tra aspetti negativi e aspetti positivi.

Si consideri ad esempio il dato strettamente numerico e di sviluppo del TS in Calabria. Il volontariato, se consideriamo ad esempio il punto di vista numerico, solo apparentemente si presenta meno sviluppato sul territorio. La vera differenza sembrerebbe risiedere nella elevata percentuale di organizzazioni ancora non iscritta al registro regionale. C’è, dunque, una certa vivacità sul territorio. E anche se c’è il dubbio che la crescita del TS sia stata favorita da una sorta di istituzionalizzazione del fenomeno (e dunque reificazione a discapito della perdita di quella effervescenza culturale che aveva caratterizzato lo stato nascente del “nuovo volontariato”) occorre puntualizzare che fenomeni di questo tipo non riguardano solo il contesto calabrese e che, anche ammettendo l’istituzionalizzazione del volontariato, esiste comunque un universo associativo capace di creare valore sociale le cui potenzialità, semmai, chiedono di essere dispiegate. Anche l’impegno su più settori e in più attività del volontariato calabrese non necessariamente deve essere letto in chiave negativa. Se da un lato può essere sintomatico di carenza di radicamento e di consapevolezza politica, dall’altro rende le organizzazioni più aperte e flessibili.

L’importante funzione di ammortizzatore sociale giocata da volontariato, crotonese in particolare, si vede nella forte propensione ad intervenire a favore di categorie di persone particolarmente vulnerabili: anziani, minori e individui con difficoltà economiche. Allo stesso tempo maggiore , la presenza di religiosi se può essere letta come mancata “modernizzazione” (leggi laicizzazione) del movimento volontariato (ma se vogliamo del contesto sociale calabrese tout court), dall’altro tale presenza garantisce importanti punti di contatto tra l’associazionismo e il territorio, stante il ruolo aggregativo e fiduciario naturalmente svolto dalle parrocchie.

 Volgendo lo sguardo alla cooperazione, emerge un quadro di piccole imprese, per lo più dipendente dai finanziamenti pubblici e da una cooperazione di integrazione sociale quasi del tutto attiva nel settore del commercio e dei servizi. Il dato non può sorprendere e, di certo, non deve scandalizzare. In un territorio dal tessuto economico particolarmente debole, dove la produzione di ricchezza è dipesa soprattutto dalla capacità di impiego nel settore pubblico e dallo sviluppo del terziario (bypassando la fase di industrializzazione) la cooperazione sociale non può che collimare alle sollecitazioni date da tali caratteristiche ambientali.

In effetti, alcuni dei limiti imputati al TS meridionale non sono altro che riflesso dei difetti intrinseci del contesto entro cui lo stesso opera. Il fatto che il TS calabrese appaia, come puntualizzato in più parti nel corso del rapporto, un po’ spurio (rispetto ad una pretesa incontaminazione da valori e prassi proprie di altre sfere sociali, come il mercato e lo Stato) è un fatto che “sta nelle cose”. In un certo qual senso, per fare una affermazione provocatoria, la presenza di un volontariato e di una cooperazione sociale in cui prevale l’intenzione a creare lavoro e reddito per i suoi operatori e un’azione di servizio più che espressiva è preferibile ad una situazione di diffuso assistenzialismo passivo.

In definitiva, dunque, non si può pensare il TS estraneo a ciò che lo circonda anche se questo non significa rassegnarsi ad uno sviluppo adattivo dello stesso. D’altronde, la Calabria è terra anche di importanti esperienze del tutto in sintonia con l’immagine solidaristica e politicamente attiva per il conseguimento di un bene che sia davvero comune. Al di là di tali esperienze, come si è provato a sostenere, c’è tutto un universo che anche se magari zoppicante e incerto ha delle potenzialità che chiedono di essere sviluppate e dispiegate. Per raggiungere tale obiettivo si ritiene che assuma importanza strategica lo studio approfondito dei processi che investono oggi il terzo settore, influenzandone i connotati, così come delle risorse che esso è capace di mettere in campo ammettendo, magari in un processo di ricerca-azione, la possibilità di un cambiamento virtuoso che lo renda non più adattivo ma capace esso stesso di cambiare il proprio territorio.

 Bibliografia
 

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[1]Quella che Ambrosini (2005) definisce “solidarietà primaria”.
[2]Come nel caso, ad esempio, delle associazioni dei portatori di handicap o più in generale dell’associazionismo di mutuo-aiuto.
[3]Occorre a tal proposito evidenziare che l’ultima indagine Fivol contraddice quanto appena affermato. I dati rilevati infatti descrivono il volontariato crotonese come quello “più longevo” (Frisanco, Matricardi et al., 2006: 7). Una tale evidente discordanza può essere determinata dall’utilizzo di diverse fonti per la individuazione della popolazione. Mentre la rilevazione ISTAT viene fatta sulle OdV iscritte ai registri regionali, le rilevazioni FIVOL utilizzano come fonti il loro archivio storico, gli indirizzari dei CSV, gli elenchi di volontariato nazionali, siti web dedicati. Sono incluse nella ricerca FIVOL le OdV non iscritte al registro mentre sono «scartate a priori le organizzazioni dei “parroci” e dei “sindaci”, attenendoci agli articoli 3 della L. 266. Già questa opzione taglia fuori migliaia di organizzazioni disseminate sul territorio nazionale che pure svolgono un servizio prezioso alla comunità» (Frisanco, 2006: 2). I dati dell’Istat considerati, come si avrà modo di sostenere più avanti, potrebbero sottostimare l’universo del volontariato più in generale su tutto il territorio italiano ma in particolare nel Mezzogiorno dove esiste un volontariato meno solido ed organizzato (e perciò meno attrezzato e/o interessato alla iscrizione al registro regionale del volontariato) e i CSV, la cui funzione istituzionale di promozione del volontariato  si è declinata anche come supporto tecnico anche per l’iscrizione ai registri, sono stati istituiti e avviati con un certo ritardo (Consulta Nazionale dei Comitati di Gestione, 2011).
[4]La densità nazionale è riferita all’anno 2010, mentre la densità del volontariato calabrese ai dati del 2012. Non è possibile dunque confrontare direttamente i due dati. Certo è che la densità del volontariato calabrese ha subito un certo incremento avvicinandosi sensibilmente alla media nazionale.
[5]Anche con riferimento a tali dati l’ultima rilevazione Fivol (Frisanco et al., 2006) fornisce una descrizione contrastante, presentando il volontariato calabrese come particolarmente dedito a uno, massimo due, settori di intervento.
[6]Dati Osservatorio CCIAA di Crotone anni 2003-2003 e 2011(CCIAA KR, 2003; Ufficio Studi CCIAA KR, 2011).
[7]Lo studio della Fivol (Frisanco et al., 2006), in questo caso, conferma quanto rilevabile dai dati Istat.
[8]  DatiOsservatorio CCIAA di Crotone anno 2004 (CCIAA KR, 2004).
[9]Tali valori trovano un riscontro nella tabella successiva che segnala un numero cospicuo di OdV con entrate pari o maggiori ai 250 mila euro annui.
[10]Vale la pena ricordare che la L. 381/1991 si è limitata a dare riconoscimento giuridico a esperienze imprenditoriali, di tipo cooperativo ed impegnate nel sociale, già esistenti.
[11]  Un trend che invero caratterizza lo sviluppo di tutto il non profit (ISTAT, 2001, 2006c).
[12]Solo in data più recente è stato istituito un consorzio nella provincia di Crotone.
[13]È plausibile pensare che a incrementare la percentuale di cooperative la cui fonte prevalente di entrata è di natura privata nell’area del nord e del centro contribuisca una più intensa presenza di cooperative di tipo B. Ciononostante va puntualizzato che se in un ambiente con un tessuto economico più forte la cooperazione di integrazione al lavoro può trovare maggiori opportunità di operare nel mercato privato, assecondando così la propria vocazione, in contesti economicamente più deboli è facile che l’integrazione al lavoro venga giocata all’interno di mercato più “protetti”. Frequente nel Mezzogiorno è, infatti, l’impiego della cooperazione sociale di tipo B per la manutenzione del verde comunale o la presa in gestione di alcuni servizi pubblici (come gli asili o più semplicemente il trasporto scolastico), non senza tentare di alimentare, almeno da parte degli amministratori pubblici, forme di consenso clientelare e, in taluni casi, di relazioni collusive con la criminalità organizzata. D’altronde, le indagini sulle cosiddette “cooperative del comune” a Cosenza (http://www.corrieredellacalabria.it/stories/cronaca/9778_il_pasticciaccio_delle_coop_cosentine/) e a Reggio Calabria sembra fornire ulteriore evidenza in tal senso. Nella relazione del Ministro degli Interni Cancellieri a seguito dello scioglimento del comune di Reggio Calabria e della conseguente nomina dei Commissari, contenuta nella Gazzetta Ufficiale serie generale n. 246 del 20-10-2012 è scritto, testualmente: «Alcune recenti operazioni di polizia hanno, peraltro, evidenziato il particolare interesse manifestato dalle organizzazioni criminali al mondo delle associazione costituite senza scopo di lucro. Tale interesse trova conferma nella presenza di soggetti vicini ad ambienti criminali in alcune associazioni no profit  che hanno ottenuto l’affidamento di servizi nel settore delle politiche sociali» (Allegato 1, pagina 9).
[14]La pensione dei nonni/genitori costituisce, in una regione economicamente depressa e segnata profondamente dalla disoccupazione, una risorsa economica non indifferente che giustifica di frequente l’accoglienza dell’anziano in casa o, per lo meno, la sua cura “a distanza”.
[15]Ciò porta a sostenere quanto ipotizzato prima. Cfr. nota 11.
 
 
 

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