Il volontariato a Crotone: un lavoro di ricerca

Autore: 

Guido Memo, Massimo Tagarelli

Nel corso dell’ultimo decennio il sistema di welfare italiano è stato segnato da eventi di notevole rilevanza. Il nuovo secolo, che si è aperto con la pubblicazione della legge quadro N° 328 (che norma la creazione di un sistema integrato dei servizi socio-assistenziali) e la riforma del Titolo V della Costituzione (che rafforza il ruolo politico delle regioni parallelamente al loro profilo di responsabilità istituzionale) è stato segnato da una fase di profonda crisi economica (i cui prodromi possono già rintracciarsi nell’ultimo decennio del secolo scorso) nonché dall’avvio della riforma verso il federalismo fiscale. Il modello di welfare italiano, già in crisi dagli anni '70 non solo per la sua insostenibilità economica ma soprattutto per la sua incapacità di rispondere alle nuove forme di disagio sociale, viene, a seguito degli eventi appena accennati, ulteriormente indebolito.

La crisi economica, infatti, ha fornito la giustificazione politica ai governi nazionali che si sono succeduti per ridurre le risorse destinate a finanziare le attività di welfare mentre le riforme federaliste hanno fornito lo strumento per scaricare i costi politici sulle regioni. Questo quadro, evidentemente più complesso di quanto in sintesi si è cercato di descrivere, è per le regioni del Mezzogiorno vissuto in modo ancora più drammatico in quanto il federalismo fiscale rischia di accentuare le differenze già esistenti con le altre regioni italiane. Nonostante la previsione di fondi mirati a fornire una perequazione della dotazione economica tra le regioni per garantire l’erogazione dei servizi di welfare di base, nonché di un fondo per la perequazione infrastrutturale, il dibattito scientifico continua a nutrire non pochi dubbi e perplessità sulle modalità reali con cui il legislatore nazionale cercherà di impedire la creazione (o forse sarebbe meglio dire perpetuazione) di una diversa cittadinanza sociale sul proprio territorio.

In regioni, come la Calabria, non ancora dotate di una Pianificazione regionale per l’assistenza sociale realmente funzionante (si pensi che in Basilicata esiste già una pianificazione integrata tra welfare sanitario e welfare socio-assistenziale) lo scenario futuro è non solo preoccupante ma addirittura tragico. Ciò che impensierisce maggiormente, infatti, è la incapacità più totale della classe dirigente regionale a svolgere il proprio dovere istituzionale, in altre parole e primo fra tutti, fornire gli opportuni strumenti per garantire alla popolazione il pieno esercizio della propria cittadinanza. In assenza di un opportuno quadro normativo e programmatico, nonchè della opportuna allocazione delle risorse, gli enti locali sono del tutto impossibilitati a svolgere la propria funzione sia di programmazione locale sia di erogatori (diretti o indiretti attraverso altri soggetti) dei servizi di welfare. In parte, è chiaro, dipende anche dall’intelligenza politica degli amministratori locali che possono individuare, o meno, nella ottimale organizzazione dei servizi di welfare una opportunità per far incidere positivamente sul benessere del proprio territorio, anche in sinergia con altri attori del territorio.

La questione è infatti più complessa, come si diceva, e tra le varie tessere del puzzle che compone il quadro interviene anche il ruolo della famiglia e del mondo delle solidarietà (un capitolo a parte meriterebbe, infine, il sistema sanitario regionale). La famiglia, come mostrato dalle più recenti indagini ISTAT e come suggerito chiaramente dall’esperienza quotidiana, sta perdendo anche nel Mezzogiorno la propria funzione di attore di welfare. Cambia la struttura della famiglia, sempre più piccola, e della rete parentale (i cui nodi tendono ad essere sempre più radi e lontani). Cambia per motivi culturali ma anche per esigenze pratiche, di inconciliabilità dei tempi di vita e di lavoro, che obbliga le madri a scegliere tra carriera lavorativa (quando si ha la possibilità) e maternità, senza contare poi che la crescente povertà delle famiglie meridionali rende la scelta riproduttiva sempre più economicamente incompatibile. Il mondo delle solidarietà nonostante esperienze virtuose è segnato da personalismi e autoreferenzialità che ne sminuiscono la portata virtuosa, senza contare poi una nutrita componente di organizzazioni per cui il valore della solidarietà costituisce solo un paravento per mascherare interessi privati.

Data questa sintetica premessa risulta chiara la condizione di emergenza in cui versano i territori calabresi e i loro cittadini più vulnerabili, sempre meno assistiti dalla reti primari, sempre più dimenticati dallo Stato. Un progetto di ricerca -- nato dalla collaborazione tra il CSV di Crotone, il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università della Calabria, e l'Associazione ReSpolis -- che indaghi sui bisogni sociali in tutto il territorio provinciale, con attenzione alla realtà dei differenti distretti socio-sanitari, e alla partecipazione del mondo del volontariato e del TS alla formulazione di azioni ed attività finalizzate al benessere della comunità di riferimento può rappresentare, se non un’azione risolutiva, per lo meno un contributo e un segno importante per il territorio, soprattutto nella misura in cui i risultati ottenuti siano condivisi e posti quale punto di partenza dal quale costruire non solo un programma d'intervento per il territorio ma prassi e culture di collaborazione tra gli attori del welfare operanti sul territorio.

La ricerca si articolerà in due fasi:
 
Fase 1: Indagine del mondo delle Odv e del TS, costituita a sua volta da tre momenti:
 

  1. Analisi secondaria sul mondo delle Odv e del TS calabresi per analizzare i trend di mutamento nel tempo e per tentare comparazioni tra diverse realtà territoriali. Tra le possibili fonti per questa parte di studio le indagini Fivol, regionali e nazionali, e le indagini Istat; (per una sintesi, cliccare qui)
  2. Analisi sul mondo delle Odv e del TS della provincia di Crotone. Attraverso una indagine quantitativa, adottando lo strumento di un questionario, ci si propone in primo luogo di aggiornare e ampliare la ricerca già condotta qualche anno fa dal Dipartimento di Sociologia e Scienza politica dell’Unical. La una nuova ricerca, infatti, è una occasione per cercare di comprendere cosa sia cambiato rispetto alla prima indagine, se le OdV e il volontariato è cresciuto o mostra segni di crisi, come e se variano le loro compagini sociali, quale sia la capacità di stare in rete del volontariato e come si connotano i rapporti con le istituzioni. Delle nuove OdV censite, inoltre, sarà interessante capire caratteristiche e storia; (ancora in fase di conclusione, per il rapporto preliminare presentato a Espanet 2013, cliccare qui)
  3. Analisi su altre organizzazioni di TS non OdV, tra quelle più rappresentative (soprattutto cooperative sociali e le Aps più rilevanti), al fine di poter successivamente sviluppare iniziative che coinvolgano l’insieme del TS (avvio di esperienze comuni, distretti e sistemi dell’economia solidale, ecc.). In questo caso a partire dal questionario elaborato per le Odv si tratta di ricavare un questionario differenziato che permetta di raccogliere informazioni essenziali.

  Fase 2: Ricerca/azione sui bisogni del territorio, anche questa costituita da momenti diversi
 

  1. Una serie di focus group da tenere sul territorio (un tot per distretto),  saranno orientati alla raccolta di riscontri, approfondimenti, evidenziazioni sulle questioni più urgenti e magari, suggerimenti sulle soluzioni da adottare. L’utilizzo dei focus group può essere pensato, inoltre, non solo come momento ricognitivo ma come strumento per avviare una riflessione partecipata e generare consapevolezza sui nodi problematici. In questo, il primo elemento volto al cambiamento che la ricerca vuole perseguire. Quest’ultima fase del progetto si delinea come una ricerca/mobilitazione, perché sui filoni di lavoro scelti l’incontro con le Odv e le OTS del territorio può permettere di delineare programmi di intervento reali. Si potrebbe in questa fase anche verificare quanto si possa riprendere un cammino, iniziato tempo addietro e arenatosi, finalizzato a dare al mondo delle Odv e del TS una rete di rappresentanza.

È possibile delineare dei possibili filoni di lavoro per Odv e TS, scegliendo tra le priorità dettate sia da un’agenda politica (la crisi, con quale taglio e da quali tematiche conviene partire, da quali settori del TS, ecc.) sia dalle capacità/possibilità di intervento del mondo delle Odv e del TS. È, in altre parole, da tenere presente che possiamo giocare sia sul filone della sussidiarietà come cittadinanza attiva e il rapporto con le istituzioni locali, sia sulla sussidiarietà come economia solidale, come iniziative che autonomamente il TS potrebbe attivare.

 
 
 

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