istituzioni

Volontariato e istituzioni. Uno schema per il futuro

1. Da trent’anni

La vicenda storica del volontariato contemporaneo nel nostro paese si svolge dalla metà degli anni Settanta dello scorso secolo. Organizzazioni caritative, naturalmente, esistevano già prima: alcune risalenti addirittura all’Ottocento, ma è nel 1975 che si riuniscono a Napoli alcune centinaia di dirigenti di gruppi di volontariato con l’intento di costruire un “movimento” adeguato alla crisi della politica manifesta in quel decennio. Anima quel progetto un’idea politica nuova: è possibile fare direttamente nel sociale attività per indirizzare e addirittura “vincolare” i governi del territorio. L’impatto sui governi istituzionali è dato dalla capacità di intervenire in autonomia e con risorse proprie nelle politiche sociali, sempre meno garantite dall’azione pubblica.
 
In pochi anni centinaia di gruppi di volontariato si raccolgono e si danno strumenti di organizzazione, di formazione e ricerca comune, di coordinamento (MOVI, FIVol, Convol). Padre spirituale riconosciuto è don Giovanni Nervo, allora direttore della Caritas. Infaticabile costruttore di quegli strumenti collettivi è il laico Luciano Tavazza. Sociologi come Ardigò, poi Donati e Colozzi, elaborano teoriche di riferimento. Giuristi e parlamentari come Lipari e Maria E. Martini accompagnano la crescita e propongono strumenti legislativi di sostegno. Le attività del volontariato impegnano più di un milione di individui attivi (non solo cattolici ma anche della sinistra) e forse sono qualche decina di milioni le persone raggiunte e sostenute da tale tipo di intervento non-profit. I “volontariati”  conquistano una legge nazionale di sostegno (266/1991) da cui discendono poi molte leggi regionali dello stesso segno. Parallelamente le cooperative sociali conquistano una analoga legge promozionale di settore, infine l’insieme di attività che appaiono “socialmente utili” (ONLUS) sono destinatarie di un’altra legge che assicura vantaggi fiscali.  Il volontariato dunque assume ruolo di “apripista” e forza trainante verso l’universo di associazioni che poi confluiranno in una organizzazione comune di “Terzo Settore” (1994: nascita del Forum TS). Tutte queste esperienze infine saranno protagoniste nella seconda metà di quel decennio Novanta del dibattito culturale relativo alla “sussidiarietà orizzontale” come motore di un diverso sviluppo nel territorio, che poi sarà recepito dalla revisione costituzionale relativa al Titolo V nel 2001, in particolare scritto nell’art.118, comma quarto.

L’indicazione costituzionale introduce una correzione e una tensione con il sistema che s’era costruito negli anni immediatamente precedenti, con le leggi di settore: ma sono dieci anni che questa tensione non riesce a fissare un indirizzo largamente condiviso. E questo è problema cruciale, per intendere in che senso il rapporto volontariato/istituzioni debba essere configurato oggi e negli anni a venire (mi permetto di rinviare al volume curato da me e G. Arena, Il valore aggiunto, Carocci 2010).
 

Intervista a Marco Granelli

D: Alla fine dello scorso anno sono stati eletti i nuovi organi sociali di Csvnet e il nuovo Presidente, Stefano Tabò. Per la prima volta dalla sua fondazione, quest’organismo non vede la tua presenza. E’ un’avventura, quella tua nel mondo dei Csv, iniziata con l’elezione a Presidente del Csv di Milano nel 1997 (che insieme agli altri Csv lombardi era sorto grazie all’azione coordinata tra Forum regionale del TS ed Odv regionali nel corso del 1996/97), proseguita con la nomina a portavoce del Collegamento nazionale dei Csv nel 1999 e infine a Presidente di Csvnet[1]. Se dovessi tirare le fila di quell’esperienza, anche in relazione all’impegno per la tua comunità, per il tuo comune che oggi assolvi, sinteticamente cosa pensi abbia significato per te, cosa ti ha dato.

 

 
 
 

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