Il volontariato a Crotone: quale risorsa per il territorio

Autore: 

Massimo Tagarelli
Introduzione
 

In regioni segnate profondamente dalla crisi, come la Calabria, lo scenario futuro appare quanto mai inquietante. Anche quando (si spera) la crisi si attenuerà, il tessuto sociale ed economico di questi territori rischia di risultare irrimediabilmente lacerato. Preoccupa, nel caso specifico della Calabria, l’assenza de facto, per disinteresse o per strategia politica, del sistema di interventi socio-assistenziali ex L. 328/2000, nonostante il recepimento con legge regionale della stessa da ormai 10 anni. Preoccupa la scarsità dei mezzi con cui gli enti locali sono costretti a confrontarsi per tentare, nel limbo normativo attuale, di colmare i gap di una rete di assistenza pubblica centrata sui sussidi e  (quando esistenti) su servizi assistenziale e istituzionalizzanti. Nel quadro degli attori di produzione del benessere, oltre a Stato e Mercato, anche la famiglia mostra segni di cedimento. La rete familiare si assottiglia e si allunga, e riesce a mantenere il peso della cura con sempre maggiore difficoltà, anche in ragione dell’assenza del supporto pubblico in riconoscimento dell’importante funzione svolta.

Il mondo delle solidarietà, in questo panorama, sta diventando un vero presidio a garanzia della tenuta della coesione sociale. Vero è che, nonostante esperienze virtuose, anche questo mondo è segnato da personalismi e da autoreferenzialità che ne limitano spesso la capacità di creare rete e di incidere sulla realtà locale, in particolare sul funzionamento delle istituzioni e dell’amministrazione pubblica. Non di meno il terzo settore, e in particolare il mondo del volontariato, può essere ed è una risorsa decisiva per lo sviluppo del Mezzogiorno, dove la debolezza (spesso totale assenza) delle istituzioni rende necessaria e urgente una qualche forma di intervento a sostegno delle condizioni di maggiore disagio sociale nonché di recupero dei molti beni comuni che arricchiscono il potenziale di crescita del territorio.

Tra l’altro, proprio nelle regioni del Mezzogiorno il trend di crescita del terzo settore nelle sue diverse componenti risulta particolarmente accentuato con un tendenziale allineamento della densità organizzativa alle regioni del Centro e del Nord. In Calabria, esaminando i dati provenienti dal registro regionale, ci si accorge del salto quantitativo. Soprattutto, emerge nella sua particolarità il caso del crotonese. Mentre nelle rilevazioni Istat (dal 1995 al 2003) la densità del volontariato organizzato iscritto ai registri in questo territorio risultava essere estremamente ridotta, quasi inesistente, i dati di questi ultimi anni ricavati dal registro regionale per la provincia di Crotone danno conto di una densità altissima, quasi doppia a quella regionale e paragonabile a quella delle regioni italiane storicamente a più forte presenza associativa. Il dato, di per sé importante nel suo stagliarsi contro una situazione regionale attestata su livelli minori di densità associativa, appare ancora più interessante se si considera che proprio la provincia crotonese è quella maggiormente caratterizzata da indicatori economici negativi. Come alcuni studi mostrano, si pensi al lavoro di La Valle (2004)sulla partecipazione associativa in Italia, il terzo settore nasce e si sviluppa non tanto (o per lo meno non solo) in relazione alla dotazione di civicness ma anche al benessere complessivo di quel territorio. Per tale motivo il dato crotonese appare ancor di più eccezionale.

Il contributo si propone di avviare un percorso di analisi di tale “anomalia” a partire dai dati raccolti durante una rilevazione parte di un più ampio percorso di ricerca nato dalla collaborazione tra Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Unical, dall’associazione ResPolis e dal CSV Aurora di Crotone.

Note metodologiche

La ricerca da cui si trarranno i dati per analizzare l’“anomalia” crotonese  nasce dalla volontà del CSV di Crotone di creare uno strumento attraverso cui il terzo settore provinciale possa costruire, condividere e promuovere un programma d'intervento per il territorio. Obiettivo specifico della ricerca è quello di ricostruire le risorse del territorio messe in campo dalla società civile sotto forma di privato sociale, da un lato, e i bisogni del territorio, dall’altro. A tal scopo la ricerca si articola in due fasi. La prima fase (non solo volontariato, dunque, ma anche cooperazione sociale, associazionismo di promozione sociale e altri soggetti non riconducibili alla legislazione “speciale” dell’ultima decade dello ventesimo secolo) consiste nel censimento del TS crotonese con un articolato questionario, tarato in relazione alle specificità delle diverse forme giuridiche interessate, riguardante diverse aspetti: origine dell’organizzazione, attività, dimensione economica ed organizzativa, risorse umane, bisogni, rapporti con il contesto. Il censimento mira così a sviluppare una conoscenza quanto più dettagliata delle caratteristiche, delle debolezze, dei punti di forza, e delle vocazioni del privato sociale crotonese. La seconda fase, invece, prevede l’utilizzo di focus groupda tenere sul territorio (un tot per distretto) per sviscerare il tema dei bisogni dei territori e, dunque, cogliere specificità ed evidenziare i temi più urgenti, individuare risorse utilizzabili e possibili ostacoli ad un efficace intervento sugli stessi.

Allo stato attuale la ricerca è ancora nella sua prima fase. Il questionario, in continuità con quello usato già in precedenti ricerche (Licursi e Marcello, 2009)ma integrato e modificato in alcune sue parti, è stato somministrato dallo staff del CSV di Crotone. La scelta di affidare la somministrazione al CSV, legata eminentemente ai vincoli economici dovuti alla esiguità dei finanziamenti disponibili, è stata però confortata dalla constatazione del livello di legittimità di cui gode il CSV sul territorio, e in particolare tra la gran parte dei soggetti di terzo settore. Tuttavia, questa scelta si è scontrata con la difficoltà a coordinare gli impegni ordinari del CSV con l’attività, decisamente time consuming, della somministrazione. Anche per questo motivo, nel momento in cui si scrive, la somministrazione del questionario per il censimento risulta in ritardo rispetto al crono programma immaginato all’inizio del percorso. I dati che si presenteranno, infatti, sono riferiti a 65 unità intervistate, una quota pari a poco meno della metà delle 144 OdV iscritte all’albo provinciale del volontariato[1]e circa un quarto del totale dell’universo del volontariato crotonese (che conta più o meno 250 organizzazioni). Per tale motivo l’analisi del caso crotonese non può che essere, in questo documento, in una fase embrionale e mirata alla elaborazione di qualche ipotesi interpretativa.

Uno sguardo al volontariato crotonese in una prospettiva nazionale e regionale.

Il confronto con il passato è sempre uno strumento utile per guardare ai fenomeni. Questo tipo di approccio, consentendo di tracciare il mutare delle caratteristiche dell’oggetto osservato nel tempo, permette l’individuazione di processi altrimenti non osservabili con la semplice “istantanea”, utile invece per evidenziare differente tra territori. Per aiutare la lettura dei dati ad oggi raccolti, dunque, un utile punto di partenza è quello di vedere in che modo il volontariato calabrese e, nello specifico, crotonese si presentava nel più generale panorama nazionale. L’anno di riferimento sarà il 2003, data dell’ultima rilevazione svolta dall’Istat. Solo in parte saranno richiamati altre rilevazioni (a cura della Fivol o del Coordinamento nazionale dei Co.Ge.) e principalmente per avere un termine di confronto.

Anche se con differenze significative sul territorio, i dati resi disponibili dall’Istat dimostrano che il volontariato è essenzialmente un fenomeno “recente”. Solo una ridotta porzione del volontariato italiano nasce prima degli anni ’70 dello scorso secolo mentre a partire da tale data l’incremento di tale universo è costante con un trend di crescita che si accentua tra il 1991 e il 2000, vale a dire nel decennio che ha visto, insieme alla approvazione della L. 266/1991 sulle organizzazioni di volontariato, anche un progressivo spostamento della concezione di welfare da una forma accentrata statalista ad una municipale “mista” (welfare mix). Partendo da una constatazione generale quale quella appena formulata è possibile approfondire l’analisi dei dati (tabella 1) evidenziando sostanziali differenze tra aree geografiche attraverso l’ultima rilevazione sul volontariato pubblicata dall’Istat (2006). In particolare spicca il ritardo del Mezzogiorno nella diffusione delle organizzazioni di volontariato a cui segue, tuttavia, una crescita accelerata a partire proprio dal 1991 con tassi superiori a quelli registrati nel Nord e nel Centro Italia, aree a più radicata tradizione associativa. La Calabria mostra una maggiore accentuazione di questo fenomeno con percentuali particolarmente elevate nella distribuzione delle OdV per anno di costituzione nella fascia temporale che va dal 1996 al 2000 (41% contro il 34% del Mezzogiorno, il 27% del Centro, e il 24-26% per le aree del Nord-ovest e Nord-est). Disaggregando i dati della Calabria a livello provinciale si registrano marcate differenze. Concentrando l’attenzione sulla provincia crotonese, si evidenzia l’assenza di organizzazioni di volontariato fino al 1980, a cui segue una timida crescita intorno nella decade successiva per poi esplodere a partire dal 1996. Il volontariato crotonese, dunque, appare essere in Calabria quello più giovane. Mentre la provincia di Vibo segue trend simili, le province storiche calabresi vedono l’esistenza di un volontariato storicamente più anziano.

Occorre a tal proposito evidenziare che l’ultima indagine Fivol disponibile appare contraddire il quadro emerso dalla rilevazione Istat. I report diffusi dalla Fivol infatti descrivono il volontariato crotonese come quello “più longevo” (Frisanco, Matricardiet al., 2006: 7). Una tale evidente discordanza può tuttavia essere determinata dall’utilizzo di diverse fonti (il loro archivio storico, gli indirizzari dei CSV, gli elenchi di volontariato nazionali, siti web dedicati) per la individuazione della popolazione che porta la rilevazione FIVOL ad includere anche le organizzazioni non registrate e, al contempo, a prevedere alcuni criteri selettivi riferiti ad altre dimensioni che hanno consentito di scartare «a priori le organizzazioni dei “parroci” e dei “sindaci”»(Frisanco, 2006: 2). I dati dell’Istat considerati, come si avrà modo di sostenere più avanti, potrebbero dunque sottostimare l’universo del volontariato più in generale su tutto il territorio italiano ma in particolare nel Mezzogiorno dove esiste un volontariato meno solido ed organizzato (e perciò meno attrezzato e/o interessato alla iscrizione al registro regionale del volontariato) e dove i CSV, la cui funzione istituzionale di promozione del volontariato  si è declinata anche come supporto tecnico anche per l’iscrizione ai registri, sono stati istituiti e avviati con un certo ritardo (Consulta Nazionale dei Comitati di Gestione, 2011).

Tabella 1.Organizzazioni di volontariato per periodo di costituzione e provincia - Anno 2003. Fonte: (ISTAT, 2006).

  Prima del 1971 Dal 1971
 al 1980
Dal 1981
 al 1990
Dal 1991
al 1995
Dal 1996
al 2000
Dal 2001
al 2003
Nord-ovest 14% 11% 20% 20% 24% 11%
Nord-est 18% 8% 17% 18% 26% 13%
Centro 9% 9% 17% 23% 27% 15%
Mezzogiorno 3% 4% 19% 25% 34% 15%
Calabria 3% 4% 17% 19% 41% 15%
-Cosenza 4% 2% 14% 17% 46% 16%
-Catanzaro 2% 5% 20% 20% 35% 20%
-Reggio Calabria 6% 8% 19% 23% 34% 10%
-Crotone 0% 0% 8% 12% 62% 19%
-Vibo Valentia 0% 0% 23% 23% 45% 9%
ITALIA 12% 8% 18% 21% 27% 13%
 

Dall’ultima rilevazione Istat disponibile (ISTAT, 2006)si evidenzia anche una differenziazione nella densità del fenomeno tra le cinque province calabresi. Con una densità media di 2,2 OdV ogni 10 mila abitanti, la Calabria si pone al di sotto della media italiana mentre, ciò nonostante, la variazione nella densità, tra il 1995 e il 2003, si attesta a valori appena superiori a quelli medi nazionali. Le province oscillano, nell’ultima annualità disponibile, tra l’1,3 OdV per 10 mila abitanti di Vibo e i 3,3 della provincia catanzarese. La provincia di Crotone, per il 2003, vede una densità di poco superiore al dato vibonese (1,5) con un tasso di variazione di molto inferiore a quelli registrati nelle altre province.  

Tabella 2.Organizzazioni di volontariato iscritte ai registri regionali al 31.12 e variazioni dal 1995 al 2003. Fonte: (ISTAT, 2006)

  1995 1999 2003 2003/1995  
  N. OdV per  10 mila ab. N. OdV per  10 mila ab. N. OdV per  10 mila ab. Variazione densità
 Calabria 188 0,9 292 1,4 448 2,2 244,44
-Cosenza 67 0,9 103 1,4 168 2,3 255,56
-Catanzaro 57 1,5 81 2,2 123 3,3 220,00
-Reggio Calabria 42 0,7 75 1,3 109 1,9 271,43
-Crotone 13 0,7 18 1,0 26 1,5 214,29
-Vibo Valentia 9 0,5 15 0,9 22 1,3 260,00
 ITALIA 8.343 1,5 15.071 2,6 21.021 3,6 240,00
                       

 

Alcuni dati più recenti, tuttavia, ci descrivono una situazione estremamente diversa. Nella tabella 3 sono raccolti i dati del volontariato calabrese, diviso per province e confrontato con il livello nazionale, riferiti al 2010 e al 2012. Da una lettura veloce dei valori in tabella, il primo dato che emerge è il progressivo avvicinamento del contesto calabrese rispetto alla situazione media nazionale con riferimento alla densità del volontariato iscritto nei registri (che si ricorda essere il criterio adottato nelle rilevazioni Istat). Nel 2010, il divario tra media regionale e media nazionale si è ridotto infatti, rispetto al 2003, del 35%. Tuttavia, se si considerano anche le OdV non registrate, la densità del volontariato calabrese supera di qualche decimale il dato medio nazionale (7,8 OdV per 10 mila abitanti, contro il 7,4 nazionale). Ancora, la tabella mostra una forte differenziazione tra i territori delle province calabresi. Già nel 2010, in particolare, il volontariato a Crotone si presenta con una densità superiore a quello delle altre province ma anche del dato medio nazionale. Quest’ultimo divario aumenta ulteriormente calcolando anche le OdV non iscritte al registro. In tal caso la provincia crotonese si presenta con una densità quasi il doppio di quella registrata a livello nazionale.

Tabella 3.Densità OdV (su 10 mila abitanti) nel 2010 e 2012. Fonte: Dati 2010, elaborazione su dati Consulta nazionale dei Comitati di Gestione (2012); Dati 2012, Elaborazione dagli estratti provinciali dei registri regionalo. * dati a novembre 2012. ** dati a febbraio 2012  ***dati a dicembre 2012.

  2010 2012
  OdV iscritte OdV iscritte + non iscritte OdV iscritte
  v.a. Densità v.a. Densità v.a. Densità
 Cosenza 221 3,0 363 4,9 155* 4,2
 Catanzaro 142 3,9 372 10,1 311* 4,2
 Crotone 119 6,8 236 13,6 144*** 8,3
 Reggio Calabria 217 3,8 408 7,2 263** 4,6
 Vibo Valentia 82 4,9 192 11,5 101* 6,1
 Totali Calabria 781 3,9 1.571 7,8 974 4,8
 ITALIA 28.880 4,8 44.362 7,4    

 

Il tasso di crescita elevato del volontariato crotonese, solo in parte può essere attribuito unicamente all’istituzione di organizzazioni ex novo. Altri dati qui non riportati, e rintracciabili nei report prodotti dalla Consulta Nazionale dei Co.Ge. (2010, 2011, 2012), suggeriscono che una porzione del “recupero” in termini di densità del volontariato crotonese sia determinato anche dalla progressiva iscrizione di OdV già esistenti sul territorio nel registro del volontariato. La stessa osservazione può essere riferita anche al contesto regionale calabrese. Nel 2010, le OdV calabresi non ancora iscritte, infatti, sono il 50% circa contro una media nazionale pari a circa il 35%. In soli due anni, dal 2008 al 2010, la variazione di OdV non iscritte (cioè esistenti ma non registrate) è stata del -16% contro il dato medio nazionale del -2,7%. Ciò sembra suggerirci essenzialmente due cose:

  • Coerentemente con le riflessioni nate dal confronto con i dati Fivol, i dati Istat hanno probabilmente sottodimensionato la reale diffusione del volontariato nella regione. In tal senso, il caso del crotonese appare particolarmente esemplificativo laddove mentre nelle rilevazioni Istat la densità del volontariato organizzato era estremamente ridotta, risultando quasi inesistente, ad oggi la provincia di Crotone ha una densità altissima, quasi doppia a quella regionale;
  • Il “volontariato sommerso” in Calabria, più che in gran parte delle altre regioni italiane, deve ancora venire completamente allo scoperto.

Certo, l’incremento del numero di organizzazioni non è necessariamente sintomatico dello sviluppo del volontariato come movimento culturale, e deve essere pertanto letto con un po’ di cautela. Tale crescita può infatti dipendere da fenomeni di istituzionalizzazione piuttosto che da una diffusione della cultura solidaristica sul territorio (Marcello e Licursi, 2008). Inoltre, come anche evidenziato da Frisanco il quale parla di molecolarizzazione del volontariato (Frisanco, 2006: 11)l’aumento di OdV operanti sul territorio non sempre si accompagna ad un proporzionale aumento dei volontari. La diffusione di esperienze organizzative solidaristiche potrebbe però anche segnalare il divenire sempre più complesso e articolato delle istanze provenienti dal territorio sia in relazione alla sfera dei bisogni sia in relazione ad un sentimento di rivalsa e di protagonismo sul territorio.

L’impegno di questo universo in espansione, quale che ne siano le ragioni, su quali temi si spende? Il volontariato italiano, per tradizione, è attivo soprattutto in quegli ambiti dove la dimensione di servizio, rispetto a quella espressiva e di advocacy, è più marcata. Soprattutto, esso è stato storicamente attivo in quei settori connessi alla produzione di welfare. Ecco che, dunque, ritroviamo oltre la metà del volontariato italiano impegnato in solo due settore: quello della sanità e quello dell’assistenza sociale. Le differenze tra macro aree sono ridotte, se si esclude una significativa minore presenza del volontariato del nord-est nel settore sanitario (e in parte in quello socio-assistenziale) a vantaggio del settore “ricreazione e cultura”, dello “sport” e dell’“istruzione e ricerca”. Il volontariato calabrese, rispetto ai dati medi del mezzogiorno, è decisamente meno presente nella sanità, e nel settore “ricreazione e cultura” e, al contrario, più presente nell’assistenza sociale, nella protezione civile e, in misura minore, nello sport e nella tutela dei diritti. Scendendo'ulteriormente nel dettaglio, tra le province calabresi, quella crotonese presenta un’eccezionale concentrazione sul settore della protezione civile. Poco meno di 1 OdV su 3 risulta impegnata, nell’ultima indagine Istat, in tale settore contro una media nazionale del 9,6% e una media regionale del 17,2%. Altra importante differenza rispetto al quadro generale è la minore attività nel settore dell’assistenza sociale: solo il 19,2% contro una media regionale del 36,2% e una media nazionale del 27,8%. Ulteriori specificità sono rilevabili, ma in modo meno marcato: non risultano OdV impegnate prevalentemente nel settore sport e istruzione e ricerca, mentre è più accentuata (ma non di molto), l’attività nel settore della tutela dei diritti e dell’ambiente (tabella 4).

Tabella 4.Organizzazioni di volontariato per settore prevalente di attività - Anno 2003. Fonte: Elaborazione su dati Istat (2006)

  Ricreazione e cultura Sport Istruzione e ricerca Sanità Assistenza sociale Protezione civile Ambiente Tutela
dei
diritti
Altri settori Totale
Nord-ovest 10,67% 1,09% 2,66% 33,50% 31,42% 6,89% 4,27% 1,99% 7,51% 100%
Nord-est 21,61% 3,70% 4,80% 19,62% 24,04% 10,41% 4,06% 3,17% 8,59% 100%
Centro 12,60% 1,16% 2,53% 31,79% 26,72% 10,33% 4,80% 2,81% 7,26% 100%
Mezzogiorno 11,39% 1,58% 2,30% 29,72% 29,47% 11,21% 4,50% 3,35% 6,48% 100%
Calabria 7,14% 3,35% 2,68% 18,53% 36,16% 17,19% 5,80% 5,36% 3,79% 100%
-Cosenza 10,71% 3,57% 3,57% 17,26% 33,93% 17,26% 7,74% 2,38% 3,57% 100%
-Catanzaro 7,32% 0,00% 4,88% 16,26% 42,28% 13,82% 1,63% 8,94% 4,88% 100%
-Reggio di Calabria 2,75% 8,26% 0,00% 24,77% 33,03% 18,35% 8,26% 4,59% 0,00% 100%
-Crotone 7,69% 0,00% 0,00% 19,23% 19,23% 30,77% 7,69% 7,69% 7,69% 100%
-Vibo Valentia 0,00% 0,00% 0,00% 9,09% 54,55% 13,64% 0,00% 9,09% 13,64% 100%
ITALIA 14,64% 2,03% 3,23% 28,01% 27,78% 9,56% 4,35% 2,80% 7,59% 100%
 

 Un aspetto interessante circa i settori di attività riguarda la quantità di settori in cui mediamente operano le OdV, dato che segnala in qualche misura il livello di specializzazione dell’attività volontaria. Il volontariato meridionale si caratterizza rispetto a quello delle altre macro-aree per una minore specificità degli interventi. Il quadro in Calabria da questo punto di vista è più marcato: circa 1 OdV su 4 opera su 5 o più settori (contro il 16,2% per il Mezzogiorno) mentre la percentuale di OdV le cui attività rientrano in un solo settore sono solo il 17,6% (contro il 25,7% per il Mezzogiorno). Il volontariato crotonese è, nella regione, quello che si caratterizza in assoluto per la minore specializzazione delle proprie attività, con il 42,3% di OdV impegnate su 5 o più settori[2]. Difficile interpretare questo dato senza l’ausilio di informazioni qualitative che aiutino a trovare una chiave di lettura plausibile. L’impegno su più fronti può essere determinata da un ridotto “radicamento situazionale”, tale per cui il volontariato non è riconducibile quasi mai a situazioni di condivisione di situazioni esistenziali e, quindi, ad un impegno selettivo verso certe forme di disagio o tematiche. Ancora, potrebbe influire più semplicemente l’assenza di un progetto specifico per il territorio o la ridotta conoscenza delle esigenze dello stesso. In tali casi il volontariato può (ma non necessariamente è destinato a) declinarsi in azioni superficiali ed estemporanee, prive di consapevolezza politica. Si tratterebbe, qualora questo fosse il caso, di deficienze importanti. Il radicamento è infatti un requisito fondamentale per generare capitale sociale, fiducia e quindi integrazione. La consapevolezza politica, invece, è ciò che da senso al servizio elevandolo a percorso di cittadinanza attiva. Il rischio maggiore, tuttavia, è che l’ampiezza delle attività svolte segnali l’interesse ad inseguire le “opportunità di mercato” e, quindi, una ibridazione verso forme di mercato. Una eventualità, questa, piuttosto probabile, considerato quanto evidenziato in alcuni studi (Licursi e Marcello, 2009; Nicoletta e Tagarelli, 2010). Occorre puntualizzare, tuttavia, che questa “pluralizzazione” delle aree di intervento potrebbe al contrario significare un adattamento alla crescente frammentazione dei bisogni sociali (Frisanco, 2008).

Tabella 5.Organizzazioni di volontariato per numero di settori di attività - Anno 2003. Fonte: Elaborazione su dati Istat (2006)

PROVINCE 1 settore 2 settore 3 settore 4 settore 5 o più settori Totale
Nord-ovest 41,09% 27,05% 17,33% 8,60% 5,92% 100%
Nord-est 43,25% 26,32% 15,44% 8,41% 6,58% 100%
Centro 33,59% 26,97% 19,22% 11,02% 9,20% 100%
Mezzogiorno 25,65% 25,22% 19,11% 13,83% 16,19% 100%
Calabria 17,63% 22,10% 17,63% 18,08% 24,55% 100%
-Cosenza 17,86% 23,81% 13,69% 18,45% 26,19% 100%
-Catanzaro 19,51% 21,95% 19,51% 19,51% 19,51% 100%
-Reggio di Calabria 19,27% 19,27% 18,35% 16,51% 26,61% 100%
-Crotone 7,69% 11,54% 26,92% 11,54% 42,31% 100%
-Vibo Valentia 9,09% 36,36% 22,73% 22,73% 9,09% 100%
ITALIA 37,12% 26,43% 17,47% 10,09% 8,89% 100%
 

Il quadro dell’utenza interessata dalla attività delle OdV è estremamente vario, tanto che non è possibile evidenziare delle particolari tendenze. La situazione calabrese, ad esempio, presenta fortissime differenziazioni tra le province e, al contempo, si distingue dal dato medio del Mezzogiorno. Soffermando lo sguardo sulla provincia di nostro interesse, Crotone, salta all’occhio, rispetto ai dati medi regionali e nazionali, un minore impegno verso utenti privi di particolari disagi e una maggiore attività nei confronti degli anziani, degli individui con difficoltà economiche e dei minori. Nel tentativo di interpretare tale distribuzione delle utenze per categorie, l’ipotesi che si può formulare è che il volontariato crotonese abbia risposto all’elevato tasso di povertà del territorio accentuatosi ulteriormente dopo la chiusura dei colossi della chimica Montedison ed Enichem che ha lasciato in eredità, insieme ai danni ambientali, anche il nodo irrisolto di un territorio in cerca di una nuova “vocazione economica”. Nel 2003, anno di riferimento dei dati che stiamo considerando, Crotone è l’ultima provincia italiana per PIL, una condizione che ad oggi non è mutata[3]e che trova un riflesso negli elevati tassi di disoccupazione. L’intervento a favore di individui con difficoltà economiche e il supporto ai minori (come attività di accompagnamento all’integrazione in un contesto sociale reso dalle peculiari condizioni economiche)[4]costituisce dunque un versante di azione preziosissimo per il territorio, data la sostanziale insufficienza degli interventi pubblici. Un ulteriore categoria di utenza destinataria di un importante quota dell’impegno volontario nel crotonese, soprattutto nel confronto con la media regionale e nazionale, è quello degli anziani autosufficienti, target di una OdV su cinque. Occorrerebbe avere qualche informazione più dettagliata per valutare il senso di tale valori, per comprendere cioè se l’attività svolta va in direzione del sostegno all’invecchiamento attivo, assumendo una veste più di animazione, o, piuttosto, a supporto dei canali tradizionali di cura per intervenire su anziani a rischio o in stato di vulnerabilità, assumendo in questo caso una connotazione più marcata di servizio.

Tabella 6.Utenti per tipologia - Anno 2003. Fonte: Elaborazione su dati Istat (2006).

  Utenti senza specifici disagi Alcolisti Anziani autosufficienti Anziani non autosufficienti Detenuti ed ex detenuti Familiari di persone con disagio Genitori affidatari o adottivi Immigrati
Nord-ovest 7,78% 0,56% 9,45% 2,22% 0,98% 2,01% 0,25% 4,23%
Nord-est 14,82% 1,01% 12,10% 2,74% 0,49% 3,90% 0,20% 3,64%
Centro 8,23% 0,25% 7,89% 1,94% 0,86% 1,18% 0,18% 4,47%
Mezzogiorno 10,91% 0,51% 7,86% 1,66% 1,07% 3,52% 0,25% 5,12%
Calabria 17,91% 0,92% 10,17% 4,73% 0,35% 5,74% 0,10% 5,62%
-Cosenza 14,75% 0,00% 3,64% 2,40% 0,81% 2,04% 0,02% 5,11%
-Catanzaro 13,02% 2,14% 16,02% 9,65% 0,30% 11,50% 0,09% 2,05%
-Reggio di Calabria 22,49% 0,35% 1,58% 0,50% 0,11% 2,76% 0,22% 11,86%
-Crotone 4,21% 0,00% 20,54% 3,13% 0,09% 1,52% 0,00% 1,26%
-Vibo Valentia 48,18% 0,00% 34,27% 2,86% 0,00% 0,19% 0,00% 4,95%
ITALIA 9,71% 0,57% 9,38% 2,18% 0,85% 2,44% 0,22% 4,30%
  Individui in difficoltà economica Malati e traumatizzati Malati terminali Malati psichici Minori (fino a 18 anni) Nomadi Portatori di handicap Profughi
Nord-ovest 2,45% 55,13% 0,96% 0,71% 6,34% 0,39% 3,17% 0,08%
Nord-est 2,37% 40,40% 0,68% 0,50% 10,39% 0,22% 3,32% 0,13%
Centro 1,82% 60,27% 1,14% 0,37% 6,55% 0,41% 1,49% 0,79%
Mezzogiorno 3,91% 45,18% 1,08% 0,37% 8,86% 0,91% 3,62% 0,48%
Calabria 8,13% 32,00% 0,89% 0,28% 6,19% 0,69% 3,31% 0,00%
-Cosenza 22,59% 27,69% 0,15% 0,16% 10,83% 0,80% 7,43% 0,00%
-Catanzaro 2,65% 34,34% 1,67% 0,57% 2,85% 1,26% 1,14% 0,00%
-Reggio di Calabria 0,64% 42,22% 0,79% 0,05% 5,03% 0,01% 2,94% 0,00%
-Crotone 35,50% 7,61% 0,00% 0,06% 23,94% 0,00% 2,08% 0,00%
-Vibo Valentia 1,65% 1,62% 0,00% 0,00% 4,76% 0,00% 1,52% 0,00%
ITALIA 2,49% 51,74% 0,96% 0,52% 7,66% 0,44% 2,83% 0,34%
  Prostitute Ragazze madri Senza tetto, senza dimora Sieropositivi Tossico-dipendenti Vittime di sisma o alluvioni Vittime di violenze Persone con altro tipo di disagio  
Nord-ovest 0,09% 0,19% 1,58% 0,19% 0,30% 0,04% 0,19% 0,70%  
Nord-est 0,13% 0,30% 0,43% 0,17% 0,27% 0,13% 0,26% 1,39%  
Centro 0,05% 0,08% 0,79% 0,15% 0,27% 0,07% 0,11% 0,61%  
Mezzogiorno 0,29% 0,19% 1,10% 0,27% 0,97% 0,14% 0,09% 1,68%  
Calabria 0,00% 0,13% 1,53% 0,00% 0,21% 0,00% 0,14% 0,94%  
-Cosenza 0,00% 0,06% 0,08% 0,01% 0,02% 0,00% 0,53% 0,89%  
-Catanzaro 0,00% 0,29% 0,03% 0,00% 0,39% 0,00% 0,01% 0,01%  
-Reggio di Calabria 0,00% 0,01% 5,60% 0,01% 0,22% 0,01% 0,00% 2,64%  
-Crotone 0,00% 0,00% 0,06% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00%  
-Vibo Valentia 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00%  
ITALIA 0,12% 0,18% 1,05% 0,19% 0,39% 0,08% 0,17% 0,97%  
                                               
 

Osserviamo, infine, la sfera delle risorse umane, particolarmente importante considerando la natura specifica dell’oggetto di nostro interesse. Gli ultimi dati Istat a disposizione non evidenziano una eccessiva differenziazione sul territorio, a tal proposito. Il numero di volontari per OdV è abbastanza omogeneo sul territorio. Il Mezzogiorno si distingue, però, per una relativa maggiore presenza di religiosi, a sottolineare un processo di laicizzazione del volontariato meno intenso, e di volontari del servizio civile. Inoltre,  le OdV meridionali hanno una minore densità di personale retribuito, soprattutto dipendente a tempo pieno. Riguardo a quest’ultimo aspetto, invece, il quadro del volontariato calabrese differisce notevolmente, con una quantità di dipendenti più vicina alle aree del nord, e di collaboratori addirittura superiore, legato ai valori eccezionali del volontariato reggino (in particolare per i collaboratori) e vibonese (per i dipendenti). Ci troviamo d’avanti, tuttavia, ad un volontariato con flussi di entrata particolarmente elevati. Ad esempio, un’alta percentuale di OdV vibonesi (13,6% vs. il 4% medio regionale e il 2,9% medio per il Mezzogiorno) ha entrate superiori ai 250 mila euro annui. Per quanto riguarda le OdV crotonesi, invece, queste si distinguono per una carenza totale di personale retribuito (sono presenti solo pochi collaboratori) e di operatori di servizio civile, ma anche per una densità di volontari e di religiosi ridotta rispetto al dato medio regionale e di macro-area. Questi valori sembrano coerenti con l’immagine di un volontariato di recente costituzione e dunque poco strutturato anche sul versante organizzativo.

Tabella 7.Volontari, dipendenti, religiosi e volontari del servizio civile (valori per 100 OdV) – Anno 2003. Fonte: Elaborazione su dati Istat (2006)

  Volontari Dipendenti a tempo pieno Dipendenti a tempo parziale Collaboratori Religiosi Volontari del servizio civile Totale
Nord-ovest 3.929 38 12 62 27 29 4.097
Nord-est 3.928 49 20 56 23 22 4.098
Centro 4.351 55 18 64 44 60 4.591
Mezzogiorno 3.537 18 13 70 57 87 3.783
Calabria 4.206 41 14 90 161 71 4.584
-Cosenza 3.350 6 5 40 45 71 3.517
-Catanzaro 3.644 63 12 89 59 11 3.879
-Reggio Calabria 6.771 67 19 186 500 154 7.697
-Crotone 3.238 - - 46 35 - 3.319
-Vibo Valentia 2.314 109 91 55 77 91 2.736
ITALIA 3.929 41 16 62 35 45 4.128
 

Le OdV  meridionali vedono tendenzialmente l’impegno di volontari più giovani. Questo dato si presenta in modo più accentuato in Calabria dove i volontari con età pari o inferiore ai 29 anni sono circa il 33%, contro il 27% del Mezzogiorno e il 22% nazionale. Anche i volontari in età adulta sono più diffusi mentre man mano che ci si muove verso le classi di età superiore (dai 55 anni in su) la presenza di volontari si assottiglia in modo più consistente (il 6,62% in Calabria, contro una media nazionale due volte maggiore). Crotone, insieme a Catanzaro, è la provincia dove la presenza di volontari fino a 29 anni risulta ulteriormente accentuata (circa il 40% per entrambe le province) con un conseguente ulteriore calo dell’impegno volontario dei più anziani. In generale sembra confermarsi il maggiore impegno del volontariato giovanile evidenziato in altri studi (Frisanco, 2006; Frisanco e Arabia, 2004; Frisancoet al., 2006). Come lo stesso afferma, «il dato oggi più positivo circa la presenza giovanile nel mondo del volontariato organizzato regionale si spiega presumibilmente in virtù di un accresciuto impegno promozionale negli ultimi anni da parte delle OdV e, soprattutto, dei Centri di Servizio per il Volontariato all’interno delle scuole e, in generale, della maggiore attenzione nei confronti delle giovani generazioniche costituiscono anche una delle categorie di cittadini di cui esse più si occupano. Tale attenzione è crescente andando dalle OdV di più remota origine a quelle più recenti, con un picco nel decennio 1991-2001. Va da sé che i giovani, i soggetti in formazione, siano anche i beneficiari diretti e privilegiati dell’azione educativa delle OdV - orientata alla diffusione della cultura della solidarietà e della cittadinanza attiva - perché in prospettiva costituiscono la risorsa più importante non solo per il futuro del volontariato, ma della società» (Frisancoet al., 2006: 22).

Nel soffermarsi sulla compagine volontaria delle OdV, infine, è interessante prendere in esame brevemente anche la distribuzione delle OdV per classi di volontari attivi. Come è stato già osservato parlando di molecolarizzazione del volontariato, il volontariato italiano è composto principalmente da organizzazioni con non più di una ventina di volontari (25% fino a 10 e 28% da 11 a 20 volontari). I valori per macro-area non differiscono tra di loro in modo significativo, e anche il quadro nel calabrese non si discosta dal trend più generale. L’area del crotonese, però, si discosta parzialmente: circa il 35% delle OdV ha infatti al suo interno dai 21 ai 30 volontari attivi, ci troviamo d’avanti dunque ad un volontariato organizzato di medie dimensioni. In effetti, considerando quanto fin’ora osservato, questo dato è coerente con l’immagine di un volontariato di recente costituzione, dove il ridotto numero di organizzazioni (al momento della rilevazione del 2003) concentra al proprio interno una quantità di volontari tutto sommato in linea con la media nazionale e con le aree del nord Italia. In effetti, a circa 3 anni di distanza dalla rilevazione Istat, all’aumento numerico delle organizzazioni si accompagna un aumento del peso relativo delle organizzazioni con una quantità ridotta di volontari al proprio interno (Frisancoet al., 2006).

Tabella 8.Volontari per classe di età - Anno 2003. Fonte: Elaborazione su dati Istat (2006).

  Fino a 29 anni Da 30 a 54 anni Da 55 a 64 anni Oltre i 64 anni Totale
Nord-ovest 17,12% 38,76% 28,15% 15,97% 100%
Nord-est 22,74% 41,21% 22,50% 13,55% 100%
Centro 22,87% 40,36% 22,60% 14,16% 100%
Mezzogiorno 27,71% 45,07% 18,36% 8,86% 100%
Calabria 33,46% 45,29% 14,62% 6,62% 100%
-Cosenza 30,44% 48,67% 14,71% 6,18% 100%
-Catanzaro 40,99% 35,72% 18,59% 4,71% 100%
-Reggio Calabria 30,92% 48,70% 12,34% 8,04% 100%
-Crotone 39,07% 46,44% 8,91% 5,58% 100%
-Vibo Valentia 28,29% 40,86% 21,22% 9,63% 100%
ITALIA 22,10% 41,05% 23,36% 13,49% 100%

 

Alcuni risultati preliminari della ricerca

Coerentemente con la rilevazione dell’Istat il volontariato crotonese appare particolarmente giovane. Solo una quantità ridotta delle OdV intervistate è stata costituita prima del 2000 e solo a partire da questa data si registra un aumento considerevole nel tasso di nascita di queste organizzazioni. Questo trend sembra confermare ulteriormente l’ipotesi di un volontariato giovane. Delle organizzazioni intervistate, circa il 10% risulta ad oggi inattiva. Sono organizzazioni tutte di recente costituzione e la cui inattività è data principalmente dall’assenza di risorse (economiche e umane) e, meno frequentemente, dalla difficoltà a gestire la dimensione organizzativa.

 Figura 1. Distribuzione delle OdV per anno di costituzione.

 

Un numero considerevole di intervistati riconosce nella necessità di impiegare il proprio tempo in modo utile e riconoscibile sul territorio uno dei principali motivi dietro la costituzione della propria organizzazione (65,5%). Seguono per importanza la condivisione con altre persone di un interesse o di una particolare sensibilità (37,9%) e il radicamento nell’ambito religioso (20,7%) e, dunque, la condivisione di un percorso di fede.

Tabella 9. Origine delle OdV

  %
Ambiente religioso 20,7%
Condivisione di sensibilità/interessi con altre persone 37,9%
Impiego del tempo in modo utile e riconoscibile sul territorio 65,5%
Familiari o categoria di cittadini 13,8%
Sindacato 5,2%
Organizzazione livello superiore 10,3%
Altro 3,4%
 

Passando dai fattori promotori nella costituzione delle organizzazioni ai valori di riferimento, scopriamo che integrazione e partecipazione costituiscono la prima scelta nel 19,4% e nel 18,3% dei casi. Figurano al secondo posto per importanza, la qualità della vita (22,8%) e, nuovamente, la partecipazione (19,3%), seguiti dall’altruismo e dall’uguaglianza con percentuali inferiori. Il quadro valoriale in cui il volontariato crotonese si riconosce richiama prospettive di senso più complesse ed elaborate di quelle più “aleatorie”, e perciò talvolta banalizzate, riferite ai concetti di uguaglianza e altruismo, quasi a sottolineare che non esiste uguaglianza sostanziale senza integrazione e altruismo senza partecipazione e che il tutto, in fondo, ha a che fare con la qualità concreta della vita.

Questa lettura sui valori sembra trovare conferma negli scopi prevalenti delle organizzazioni: promozione della cultura attiva della cittadinanza, farsi carico dei problemi delle persone, e favorire l’integrazione sono tra gli scopi prevalenti scelti più frequentemente dagli intervistati. Anche se poche sono le organizzazioni che si riconoscono nello scopo più ambizioso del “cambiamento sociale”, è possibile comunque individuare una certa attenzione alla dimensione culturale e politica del loro agire. Il fatto che anche l’erogazione di servizi a particolari categorie di soggetti figuri, nel 24,1%  dei casi, come uno degli scopi prevalenti non va in contrasto con l’idea di un volontario più consapevole in quanto il servizio è veicolo esso stesso, posto il suo fondarsi sulla relazionalità tra ego ed alter, di valori. D’altronde, occorre ricordare, il terzo settore italiano ha storicamente presentato una vocazione di servizio piuttosto che espressiva ed è attraverso l’azione di servizio che le esperienze del “nuovo volontariato” degli anni ’70 (Ranci, 1999) hanno manifestato la portata sociale del terzo settore.

Tabella 10. Valori di riferimento per ordine di rilevanza

  1a scelta 2a scelta
Partecipazione 17,2 19,3
Uguaglianza 6,9 12,3
Integrazione 19,0 7,0
Dialogo 3,4 3,5
Altruismo 10,3 15,8
Soddisfazione personale 0,0 5,3
Accoglienza 12,1 7,0
Efficienza 0,0 3,5
Qualità della vita 13,8 22,8
Preservazione dell'ambiente 8,6 3,5
Altro 8,6 0,0
Totale 100 100
 

 
Tabella 11. Scopi prevalenti *(somma superiore a 100% perché possibili più risposte).

  %*
Promuovere cultura di cittadinanza attiva 34,5%
Farsi carico problemi persone 25,9%
Promuovere tutela soggetti svantaggiati 19,0%
Favorire integrazione 24,1%
Favorire cambiamento del contesto 5,2%
Fornire servizi 24,1%
Migliorare organizzazione servizi 19,0%
Sensibilizzare e informare 13,8%
Advocacy 5,2%
Tutela ambiente 15,5%
Altro 3,4%
 

 
Contrariamente a quanto rilevato attraverso l’analisi secondaria, e dunque al quadro emerso nel 2003 con la rilevazione dell’Istat, il volontariato crotonese appare operare prevalentemente (ma, si ricorda, il censimento è ancora incompleto) nel settore socio-assistenziale mentre l’impegno sul settore della protezione civile appare irrisorio, certamente inferiore alle percentuali altissime emerse dalla rilevazione Istat nel decennio scorso. Oltre al settore socio-assistenziale, altri ambiti prevalenti di attività, ancorché con percentuali decisamente più ridotte, sono quelli della sanità e dell’ambiente.
 
Tabella 12. Settore prevalente di attività

  %
Sociale 51,7
Protezione civile 3,4
Ricreazione/sport 1,7
Ambiente 10,3
Cultura 8,6
Istruzione e ricerca 1,7
Sanitario 15,5
Tutela dei diritti 1,7
Altro 5,2
Totale 100,0

 

Le percentuali descritte rispetto agli scopi organizzativi e al settore di intervento individuano un volontariato impegnato prevalentemente su attività di servizio (piuttosto chedi tipo espressivo) (Kramer, 1981; Salamon e Sokolowski, 2001; Salamon, Sokolowskyet al., 2003)ma non da queste schiacciate in quanto risulta comunque attento alla dimensione culturale e politica del proprio agire. Questo equilibrio tra dimensione di servizio e dimensione espressiva trova conferma nella concreta descrizione delle attività da parte delle organizzazioni intervistate. Le percentuali più elevate in termini di diffusione si riferiscono non solo all’erogazione di prestazione verso soggetti terzi (ascolto e sostegno, intrattenimento, accompagnamento e inserimento sociale) ma anche ad attività mirate alla diffusione di valori nel tessuto sociale. Spicca, ad esempio, la diffusione di attività di sensibilizzazione dell’opinione pubblica (uno delle attività prevalenti nel 37,9% delle OdV), l’organizzazione di spettacoli e di manifestazioni culturali (22,4%) e di conferenze e dibattiti (17,2%).

 
Tabella 13. Servizi offerti*(somma superiore a 100% perché possibili più risposte).

  %*
Ascolto, sostegno e assistenza morale 33,5%
Intrattenimento 27,6%
Donazione sangue 10,3%
Sensibilizzare opinione pubblica 37,9%
Conferenze e dibattiti 17,2%
Accompagnamento e inserimento sociale 24,1%
Prevenzione ed educazione sanitaria 6,9%
Raccolta fondi 3,4%
Prestazioni di soccorso sanitario 6,9%
Assistenza domiciliare 8,6%
Interventi in situazioni di emergenza 8,6%
Spettacoli e manifestazioni culturali 22,4%
Tutela ambiente e patrimonio artistico 17,2%
Donazione organi 3,4%
Attività sportive 6,9%
Corsi tematici e visite guidate 13,8%
Studi, ricerche e documentazione 1,7%
Accoglienza in strutture residenziali 3,4%
Accoglienza in strutture semi residenziali 5,2%
Accoglienza familiare 3,4%
Animazione di comunità 10,3%
Advocacy 6,9%
Altro 10,3%
 

 In linea con i dati Istat del 2003, una percentuale alta di OdV nel crotonese ha tra i suoi utenti gli anziani (36,8%), i minori (31,6%), i giovani (26,3%) e le persone con difficoltà economiche (19,3%). Non di meno emergono altre categorie di utenza: i disabili (38,6%), le famiglie in difficoltà (26,3%), i malati (24,6%). Il tipo di utenza destinataria dell’azione organizzativa nel quadro emerso complessivamente appare, dunque, piuttosto vario denotando, da tale punto di vista, una ridotta specializzazione nel mondo del volontariato crotonese. In effetti, solo il 19,2% delle OdV concentra le proprie attività su un solo genere di utenza, mentre oltre la metà dei casi conta dalle 2 alle 3 diverse categorie di destinatari. Ciò che risulta in qualche misura sorprendente è, tuttavia, una percentuale tutto sommato importante (17,2%) di OdV che orienta la propria attività organizzativa su un ampio ventaglio di destinatari (dalle 5 alle 10 categorie di utenza).

Quasi la metà delle organizzazioni rispondenti presenta, inoltre, un orientamento dichiaratamente “generalista” individuando nella propria utenza la “popolazione” nella sua interezza. A fornire questa indicazione non sono solo le OdV impegnate prevalentemente nel settore cultura o ambiente, come ci si potrebbe aspettare, ma anche un numero considerevole di realtà impegnate nel settore socio-assistenziale e sanitario. Per queste organizzazioni sembra, dunque, che l’attività di intervento su alcune categorie di utenza si accompagni, come d’altronde osservato parlando delle attività svolte e degli scopi prefissati, un intervento di tipo espressivo-culturale volto alla sensibilizzazione della popolazione rispetto a temi specifici. Il fatto che la popolazione sia stata menzionata tra l’utenza rafforza l’immagine del volontariato crotonese come soggetto dotato di una consapevolezza sul senso del proprio agire. Diversamente, l’attenzione degli intervistati si sarebbe soffermata probabilmente sulla utenza destinataria dei servizi erogati.

 Tabella 14. Destinatari principali delle attività *(somma superiore a 100% perché possibili più risposte).

  %*
Anziani 36,8%
Disabili 38,6%
Donne 12,3%
Famiglie 26,3%
Minori 31,6%
Immigrati 14,0%
Giovani 26,3%
Poveri 19,3%
Malati 24,6%
Detenuti 3,5%
Malati psichici 7,0%
Senza casa 5,3%
Ex prostitute 1,8%
Popolazione in generale 42,1%

 
Tabella 15. OdV per numero di categorie di utenti serviti.

Categorie di utenza %
1 19,2
2 38,5
3 15,4
4 9,6
5 + 17,1
Media 3,0
 

 Le attività delle OdV sono rese possibili principalmente dall’autofinanziamento dei soci. Le quote associative, infatti, sono per 1 OdV su 3 la principale fonte di entrata, e per buona parte delle restanti OdV costituiscono la seconda o la terza risorsa economica. Altri canali di finanziamento rilevanti sono i contratti per la fornitura dei servizi e i contributi pubblici, principale fonte di entrata rispettivamente per il 17% e il 18,9% delle OdV intervistate. Anche il contributo dei privati non è tuttavia irrilevante. Anche se non indicate tra i canali di primaria importanza, la raccolta del cinque per mille e le erogazioni libere a titolo di donazione costituiscono comunque una componente importante delle entrate in bilancio per il 23,5% (riferito al 5xmille, indicata come seconda fonte prevalente di entrata) e per il 19% delle OdV (riferito alle donazioni dei privati, indicata come terza fonte prevalente di entrata). A conti fatti, dunque, sembra che il volontariato crotonese non sia  particolarmente dipendente dalle risorse pubbliche, in quanto comunque capace di attivare forme di sostentamento sia attraverso l’autofinanziamento sia attraverso l’interazione con la comunità di riferimento[5]. Considerando che in gran parte le OdV intervistate operano a livello comunale, la capacità di rendersi riconoscibili sul territorio è una condizione particolarmente necessaria per attivare sufficientemente la comunità e ottenere da questa risorse economiche per il mantenimento delle proprie attività. D’altronde, un certo atteggiamento proattivo in tal senso viene palesato considerando che il canale della raccolta fondi è indicato dal 22,3% tra le fonti più importanti di sostegno economico.

 
Tabella 16.Fonti di entrata prevalenti in ordine di importanza.

  1 2 3
Contratti fornitura servizi 17,0 8,8 9,5
Contributi pubblici 18,9 8,8 0,0
Contributi banche e imprese 1,9 2,9 4,8
Contributi ecclesiali 0,0 0 9,5
Rette utenti 1,9 2,9 4,8
Attività commerciali 0,0 2,9 14,3
Quote associative 32,1 26,5 23,8
Raccolte fondi 5,7 11,8 4,8
Privati 3,8 11,8 19,0
Cinque per mille 5,7 23,5 9,5
Altro spec 13,2 0,0 0,0
Totale 100,0 100,0 100,0

 

Guardando alle spese, anche queste indicate per ordine di rilevanza, figura come prevalente l’acquisizione di materiali da consumo in quanto compare come prima voce di spesa per il 31,5% delle OdV, la seconda per il 35,7% e la terza per il 30,8%. Altra voce di spesa frequentemente indicata come di principale entità è l’investimento in beni strumentali (13,0%), che figura con percentuali significative anche come seconda spesa più rilevante, e la spese di personale (11,1%). Rispetto a quest’ultima voce di uscita si ricorda che il volontariato crotonese nel 2003 spiccava per l’assenza di dipendenti e per il ridotto numero di collaboratori. Date le condizioni di contesto ma anche la composizione delle fonti di entrata, non sorprende che il personale rappresenti una spesa rilevante solo per un decimo delle organizzazioni. In effetti, tra le OdV intervistate solo 9 hanno in organico personale retribuito, in genere da 1 a 3 unità. Si tratta per lo più di organizzazioni attive nel settore del sociale e del sanitario e che hanno individuato nell’assunzione di personale la soluzione più adatta per garantire una certa continuità al servizio offerto e una maggiore qualità nel servizio[6]. Il personale retribuito, dunque, in queste organizzazioni appare direttamente coinvolto nell’erogazione dei servizi piuttosto che essere impegnato in attività di back office.

 
Tabella 17. Voci di spesa prevalenti in ordine di importanza.

  1 2 3
Personale 11,1 0 3,8
Rimborsi 5,6 11,9 23,1
Investimenti e manutenzioni 7,4 2,4 0
Investimenti beni strumentali 13,0 14,3 3,8
Acquisto servizi e consulenze 1,9 7,1 7,7
Acquisto materiali 31,5 35,7 30,8
Affitti e utenze 7,4 11,9 7,7
Formazione e aggiornamento 5,6 4,8 7,7
Altro spec 16,7 11,9 15,4
Totale 100,0 100,0 100,0

 

Il breve focus sulla presenza di personale retribuito porta l’attenzione sulla principale risorsa delle OdV: i volontari. Come si caratterizzano dunque le OdV intervistate da questo punto di vista? Il volontariato organizzato crotonese non ha al proprio interno un numero ampio di risorse umane. Mediamente, infatti, si contano circa 13 associati per OdV. Quasi il 20% delle OdV ha 5 soci o meno, e il 46,8% non ne ha più di 10. La partecipazione della base associativa è parziale. Mediamente “solo” il 57,7% partecipa attivamente nella gestione quotidiana dell’organizzazione, ma in un quarto dei casi la percentuale scende a circa il 33%.

Un’ultima annotazione, infine, sulle fasce di età dei volontari. Da questo punto di vista, prevale un volontariato giovane-adulto, compreso tra i 30 e i 41 anni. Una percentuale tutto sommato significativa (18,5%), per quanto inferiore rispetto ai valori rilevati dall’Istat tuttavia, è composta da giovanissimi di età inferiore ai 30 anni. Mentre la presenza di quest’ultima fascia di età è praticamente nulla nel 43% delle OdV intervistate, la quota percentuale del 18,5% calcolata sul totale dei volontari censiti si va a concentrare su un numero più ridotto di OdV: si ha così che in 2 organizzazioni su 5 i giovani compongono non meno del 25% delle risorse volontarie, e nel 16% dei casi la presenza degli under 30 è prevalente sulle altre fasce di età.

 
Figura 2. Distribuzione volontari per fasce di età.

 

Conclusioni

 

Lo sviluppo del volontariato crescita diffusione del mondo del terzo settore in Calabria, come nel resto del Mezzogiorno, è avvenuta rispetto al resto del territorio nazionale in ritardo, con una accelerazione marcata soprattutto a partire dagli anni ’90. Solo in parte tale crescita è attribuibile ad una diffusione della cultura di cittadinanza attiva, nei termini usati da Ranci (1999). Sotto la spinta di politiche pubbliche di esternalizzazione dei servizi pubblici di welfare, avvenuta dentro una cornice neoliberista (Cotturri, 2013), e in forza del riconoscimento giuridico conseguente alla legislazione speciale del ’91, il “nuovo volontariato” ha perso parte del proprio slancio vitale. La progressiva integrazione nel sistema pubblico di welfarese da una parte ha fornito al volontariato un canale di accesso a risorse utili per il conseguimento dei propri fini solidaristici, dall’altra ha rappresentato un fattore di catalisi di quei processi di burocratizza­zione e professionalizzazione che le organizzazioni di terzo settore, incluse le OdV, normalmente affrontano per rendere più stabili e continuative le proprie attività (Horch, 1994). Queste trasformazioni tendono ad erodere la “dimensione associativa” del volontariato, a ridurre il tempo per investire sulle relazioni e per costruire contenuti di senso, a rendere, pertanto, il volontariato un soggetto sempre meno radicato e dunque capace di creare coesione sociale con il proprio agire. Nel peggiore dei casi il volontariato diventa autoreferenziale, il mezzo (il servizio) viene confuso con lo scopo (svolgere una funzione politica ed istituente), e obiettivo principale diventa l’autoriproduzione (Ambrosini, 2005; Donati, 1996; Kramer, 2000; Marcello, 2008). Nelle aree con un debole tessuto economico, dove in genere il processo di modernizzazione è avvenuto attraverso una regolazione sociale fondata sulla manipolazione delle relazioni di appartenenza, l’istituzionalizzazione del terzo settore e del volontariato si è trasformata in occasione per creare occupazione. Qui il rischio non è solo quello della sclerotizzazione del volontariato, ma della crescita di un universo “pseudo-solidaristico” centrato sul lavoro a bassa retribuzione e a bassa qualificazione, vincolato alla classe politica da rapporti clientelari, ispirato da interessi particolari. Certo, gran parte del volontariato sta nel mezzo, in un’area grigia di “gratuità relativa” (Frisanco, 2009: 34). Ma questa consapevolezza ci porta a leggere la crescita quantitativa del volontariato organizzato con cautela, spingendo ad indagare sui processi che portano le persone, di volta in volta, ad organizzarsi e ad avviare un percorso associativo, a comprendere i tratti essenziali di questo mondo così come si presenta nei diversi territori.

Anche in relazione a queste considerazioni, lo sviluppo del volontariato crotonese diventa interessante. Crotone è un territorio in cerca di vocazione, sedotto e abbandonato da un sogno di industrializzazione che ha segnato profondamente il tessuto sociale, nonché ambientale ed economico. Un territorio povero, con alti tassi di disoccupazione, ma che nonostante ciò appare sostenere un vitale mondo associativo di cui solo una parte risulta iscritto nel registro e che potrebbe costituire un elemento di sviluppo e di innovazione per il territorio, la risposta a quella vocazione persa e ancora non ritrovata

Pur con la necessaria cautela, in ragione dell’incompletezza della rilevazione, il volontariato crotonese sembra avere tutte le potenzialità per svolgere una concreta azione di coesione sociale. Nei dati parziali a nostra disposizione si presenta, infatti, coinvolto prevalentemente in attività di servizio tradizionalmente connesse all’ambito di welfare, ma non rinuncia a svolgere un importante ruolo espressivo, come dimostrato non solo dal tipo di servizi offerti ma anche dai valori e dagli scopi prevalenti dichiarati. Questa impostazione si riflette anche sull’utenza a cui l’azione delle organizzazioni di volontariato si rivolge. Da un lato abbiamo categorie particolarmente vulnerabili (anziani, disabili, minori e giovani, famiglie in difficoltà e poveri), dall’altro lato è la popolazione in generale ad essere più frequentemente indicata come destinataria ultima. Anche da questo si nota come, pur se in gran parte di recente costituzione, le organizzazioni intervistate manifestano una certa consapevolezza sul proprio ruolo politico la cui efficacia dipende dalla abilità nel tutelare e promuovere i diritti, da un lato, e dalla capacità innovativa e di costruzione di percorsi di cittadinanza e di partecipazione, dall’altro (Pavolini, 2009). Questi elementi emergono distintamente leggendo complessivamente le risposte dati in merito ai valori, agli scopi e alle forme di intervento attivate sul territorio. Probabilmente anche perché di recente costituzione, le OdV crotonesi non appaiono particolarmente strutturate né eccessivamente incasellate nello spazio organizzativo del welfare pubblico: entrate e uscite prevalenti nel bilancio tracciano i contorni di un universo sostanzialmente fondato sui rapporti di comunità, da cui si traggono buona parte delle risorse economiche e umane, con una bassa monetarizzazione del lavoro[7]. Abbiamo di fronte, almeno per quanto si evince dai dati provvisori, un volontariato radicato e pertanto potenzialmente capace di innescare sinergie positive con il territorio di riferimento attraverso il proprio agire.

Il potenziale coesivo del volontariato crotonese potrebbe infine esprimersi anche in un’altra direzione, più esattamente verso i giovani volontari attivi al proprio interno. In realtà, la presenza di giovani volontari nelle OdV rilevata nella ricerca si attesta su valori inferiori a quelli descritti nei report dell’Istat e della Fivol riferiti al 2003 e al 2006 (Frisancoet al., 2006; ISTAT, 2006). Parliamo comunque di percentuali significative tanto più considerando la debolezza del tessuto economico e gli elevati tassi di disoccupazione giovanile. Se è vero che i giovani rappresentano una risorsa per le organizzazioni di volontariato, in quanto consentono continuità e ricambio generazionale, oltre a portare entusiasmo e spesso know-how, elementi importanti questi per stimolare il cambiamento organizzativo, dall’altro lato il volontariato può essere, a sua volta, una risorsa per i giovani in quanto strumento di inserimento (Ambrosini e Boccagni, 2012). In tal senso l’impegno volontario in realtà solidaristiche è un modo per costruire per proprio conto collegamenti con il mondo esterno, per intraprendere un percorso di ricerca del proprio ruolo sociale e dunque della propria identità. Questo è un aspetto importante, da non sottovalutare, perché in tale prospettiva il volontariato potrebbe essere l’unico sbocco di integrazione sociale possibile per una generazione di ragazzi e ragazze che sperimentano sulla propria pelle, qui più che altrove, condizioni di insicurezza e fragilità determinati dalla estrema precarietà dei canali tradizionali di ancoraggio sociale, primo di tutti il mercato del lavoro. Una delle ipotesi interpretative di partenza legata all’improvvisa crescita di OdV sul territorio, in effetti, era che il volontariato sia cresciuto così tanto anche perché stimolato dalla esigenza sentita principalmente dai giovani-adulti crotonesi di trovare una qualche forma di collocazione sociale. Ci saremmo aspettati, in tal senso, alte percentuali di questa fascia di popolazione nella composizione delle basi sociali delle associazioni, quali indicatori di massima del processo ipotizzato. I dati disponibili al momento sembrano, tuttavia, non sostenere l’ipotesi esplicitata. Non di meno altri elementi tra quelli descritti lasciano ancora aperto uno spiraglio di possibilità. L’importanza attribuita dalle OdV intervistate ai valori della partecipazione, dell’integrazione e della qualità della vita, ad esempio, potrebbe infatti derivare dallo spostamento dal piano personale a quello societario di un progetto di vita pienamente inclusivo. Ovviamente, anche ammettendo la plausibilità di questa interpretazione, è probabile che altri fattori abbiano favorito la crescita massiccia del volontariato nel crotonese, non ultima l’influenza giocata dall’attività del CSV. Il completamento del censimento e l’avvio della seconda fase con i focus group saranno l’occasione per sondare meglio queste e altre interpretazioni.

Paper for the Espanet Conference
“Italia, Europa: Integrazione sociale e integrazione politica”
Università della Calabria, Rende, 19 - 21 Settembre 2013

 

Bibliografia

 

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  • Ambrosini, M. e Boccagni, P. (2012), Contributo al IV rapporto biennale sul volontariato 2010-2012, Roma: Convol.
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[1] Dati al 17/12/2012. Albo consultabile al link: http://www.csvcrotone.it/dati/upload/19042013/ALBO%20PROVINCIALE.pdf
[2]Anche con riferimento a tali dati l’ultima rilevazione Fivol (Frisancoet al., 2006)fornisce una descrizione contrastante, presentando il volontariato calabrese come particolarmente dedito a uno, massimo due, settori di intervento.
[3]Dati Osservatorio CCIAA di Crotone anni 2003-2003 e 2011(CCIAA KR, 2003; Ufficio Studi CCIAA KR, 2011).
[4]Lo studio della Fivol (Frisancoet al., 2006), in questo caso, conferma quanto rilevabile dai dati Istat.
[5]Altra questione è se poi le OdV desidererebbero o meno ricevere finanziamenti pubblici tali da non doversi preoccupare della propria sopravvivenza.
[6]Agli intervistati è stato chiesto di valutare, attraverso l’uso di una scala di valori da 1 (=min) a 4 (=max), una lista di quattro ragioni per l’assunzione di  personale retribuito. Maggiore stabilità e migliore qualità dei servizi resi hanno ricevuto in media rispettivamente un valore di 3,3 e 3,4. La facilitazione della gestione amministrativa e il conferimento di maggiore stabilità all’organizzazione, invece, sono stati ritenuti meno rilevanti con un valore di 2 e 2,1.
[7]Vale la pena evidenziare non solo che le OdV prive di personale retribuito sono oltre l’84%, ma anche che il rimborso spese ai volontari è forfettario solo nel 5% dei casi mentre nel 58% delle OdV le spese non vengono rimborsate.
 
 
 

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