Chi siamo. Laboratorio Politico per il TS: Manifesto

Costituito il 19 febbraio 2016 (da Guido Memo, Luigi Russo, Grazia Moschetti, Piero D’Argento, Alvisi Marco, Meo Virginia, Daniele Ferrocino, Caterina Nardulli, Pecere Valeria, Cristina Di Modugno, Alessandro Lattarulo), LabTS "Laboratorio di cultura politica del Terzo Settore* è un'associazione di volontariato di carattere culturale, costituita tra volontari e operatori impegnati da anni nel Terzo Settore pugliese, che ha lo scopo di realizzare, promuovere, sostenere e sviluppare la democrazia politica, sociale, la sussidiarietà e la cittadinanza attiva. Il laboratorio è uno spazio di riflessione politico culturale libera da ruoli di servizio e/o di rappresentanza.
* Già "Laboratorio politico per il TS pugliese


Laboratorio di cultura politica per il TS. Manifesto


A partire dagli anni ’70 del ‘900 il mondo della cittadinanza attiva e dell’economia sociale e solidale in Italia ha registrato una continua crescita, solo tra gli ultimi due censimenti (2001/2011) i volontari sono aumentati nel settore non profit di 1.443.295, mentre gli occupati in più sono 192.288. Il TS è quindi oramai una presenza rilevante in Italia, quanto a volontari (4.758.622), indubbiamente minore quanto a occupati, il 3,4% dell'occupazione totale in Italia nel 2011, ma in quel 3,4% c’è il 36% di tutti gli occupati in più tra i censimenti.
L’incremento è stato consistente anche in Puglia, nel censimento 2011 si contavano 15.105 enti non profit e 178.262 volontari, mentre la crescita delle Odv iscritte al Registro regionale è stata dal 2001 ad oggi del 516%, passando da 422 a 2.179, un dato che coglie d’altra parte solo parzialmente la crescita del volontariato in regione, essendone larga parte fuori dalle Odv iscritte al Registro Regionale.
Anche gli addetti sono consistentemente aumentati nel TS pugliese tra i due censimenti, anche se la qualità dell’occupazione non ci può certo far gioire: mentre i lavoratori esterni e temporanei, quindi con tutti i contratti atipici, sono cresciuti del 175% arrivando a 12.354 a fine 2011, gli addetti interni sono praticamente stabili con un incremento del 2,3% e una cifra di 26.446.



Il riconoscimento giuridico del Terzo Settore, oltre lo Stato e il Mercato

Se l’ordinamento giuridico aveva sinora previsto sostanzialmente solo due tipi di enti, pubblici (primo settore, regolato dal diritto pubblico) o privati (secondo settore, che agisce nel mercato ed è regolato dal diritto privato), la legge 106/16 di riordino della normativa in materia ha recepito le novità sociali (ed conomiche) di questi anni: oltre a Stato e Mercato esiste un Terzo Settore e cioè gli enti privati senza scopo di lucro, con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, che, in attuazione del principio di sussidiarietà “promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi”. Un mondo che agisce al “fine di sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione degli articoli 2, 3, 18 e 118, quarto comma, della Costituzione” (dalla legge 106/16, art. 1 c. 1).


Terzo settore, democrazia partecipata ed economia solidale

Parallelamente alla continua crescita del TS, non solo in Italia, abbiamo assistito negli stessi anni  ad una lenta e progressiva crisi della democrazia rappresentativa e dei sui istituti (partiti e assemblee elettive) nei paesi economicamente avanzati, non solo nei regimi a partito unico dell’est Europa, ma quasi in tutto l’ ”Occidente” sviluppato: i partiti democratici di massa protagonisti della storia di questi Paesi tra ‘800 e ‘900 sono entrati in una crisi strutturale, diversa da Paese a Paese, ma simile. Ovunque il rapporto tra cittadini e istituzioni si è fatto più difficile, ovunque è cresciuto l’astensionismo elettorale, movimenti di protesta e “populismi” occupano la scena, i divari economici tra ricchi e poveri e tra Regioni e Stati si sono accentuati, le guerre e il disordine internazionale sono tornati insieme al ritorno della concorrenza sulla cooperazione tra gli Stati. Le Istituzioni pubbliche nazionali e internazionali non solo non riescono a governare le emergenze effetto di squilibri e conflitti, come i movimenti migratori di chi fugge dalla guerra e dalla miseria, ma ancor prima non riescono a sostenere e determinare uno sviluppo economico e civile che promuovendo il benessere e uno sviluppo umano sostenibile, apra a un futuro diverso.
Gli accordi di cooperazione internazionale che portarono alla formazione dell’Onu e in quel quadro agli accordi monetari internazionali di Bretton Woods, che sia pure nel mondo diviso in blocchi hanno permesso di governare i processi economici per un trentennio, hanno lasciato da tempo campo ad un’economia e una finanza profit del tutto insensibile e umanamente spietata  nella sua rispettabilità e normalità. Non solo le politiche economiche “socialiste”, ma anche quelle keynesiane di regolazione dell’economia profit, di Stato sociale e del benessere sono state da tempo abbandonate. Alla crisi proveniente dall’alto della democrazia rappresentativa e delle politiche di regolazione dell’economia profit, c’è però stata in questi anni una risposta dal basso fatta dall’allargamento dell’impegno civico di molti, della cittadinanza attiva, come dal moltiplicarsi di iniziative di economia sociale e solidale. Un fenomeno che non è riuscito per ora a cambiare le regole della politica e dell’economia dominanti, ma che non solo interviene in maniera oramai decisiva a governare le conseguenze di terremoti e alluvioni, le emergenze umanitarie e sociali, ma che indica anche una strada diversa per il rilancio di un ruolo regolatore e di benessere delle istituzioni.
La vita democratica potrà riprendere vigore quando riusciremo a trovare una sintesi tra democrazia rappresentativa e partecipativa, così come lo sviluppo economico potrà ripartire effettivamente se sarà finalizzato al benessere umano e ad uno sviluppo sostenibile attento ai beni comuni.



Gli attuali limiti del rapporto TS/Istituzioni pubbliche

C’è chi nel TS rivendica per la propria organizzazione antiche origini, così diverse confraternite di medioevale memoria tuttora esistenti e operanti, ma se gli enti non profit sono praticamente da sempre esistiti è solo dagli anni ’70 del ‘900 che cominciano a diffondersi in una misura prima sconosciuta, ampliando grandemente le attività e i campi di intervento. Dopo varie proposte e un lungo di- battito tra società civile e Parlamento che parte appunto dagli anni ’70, all’inizio degli anni ’90 finalmente vengono approvate le prime leggi in materia che registrano il nuovo fenomeno sociale che si è fatto strada: così è per la legge quadro per il volontariato la 266/91 e per quella sulla cooperazione sociale, la 381/91. Seguirà dieci anni dopo la legge sulle organizzazioni di promozione sociale, la 383/00. Tutte leggi speciali che non hanno modificano quelle di base, il Codice Civile, per il quale il non profit rimaneva una realtà marginale, questione che è stata risolta dalla recente legge delega 106/16 e dal codice del TS del 2 agosto scorso.
Quel che la l. 106/16 non ha invece trattato è la cittadinanza attiva di cui il TS è portatore, che ne fa il principale soggetto della democrazia partecipativa, un vuoto che va colmato se vogliamo rinnovare le nostre istituzioni pubbliche e tornare a dar loro credibilità popolare. Una prospettiva a cui potrebbe lavorare la Regione Puglia che, sensibile al tema, ha recentemente approvato la L.R. del 13 luglio 2017, n. 28, la “Legge sulla partecipazione”, riordinando e rinnovando le norme regionali riguardanti il TS, al fine di adeguarle alla legge delega 106/16 e ai relativi decreti applicativi. Questa può essere l’occasione per avviare un nuovo rapporto tra TS e Istituzioni, tra cittadini e Istituzioni.



La legge delega 106/16 e i decreti applicativi di riforma delle norme riguardanti il TS

La legge contiene degli indubbi pregi: il riconoscimento del ruolo del TS come una nuova realtà che si è affermata, che va oltre il Mercato e lo Stato così come li abbiamo conosciuti sinora, oltre a riordinare in maniera organica la normativa in materia. Contiene però, in particolare nei decreti legislativi applicativi, indubbiamente dei limiti, perché riconosce ma non valorizza l’apporto del TS sul fonte della cittadinanza attiva e del rinnovamento delle pubbliche Istituzioni. Infatti i decreti applicativi sono segnati da un eccessivo accentramento nazionale nel governo dei processi, che rischia di marginalizzare le istituzioni locali e gli stessi enti di Volontariato e di TS, soggetti che operano innanzitutto a livello locale. Di conseguenza, al di là di alcune affermazioni generali, non è concretamente affrontato il ruolo democratico e partecipativo del volontariato e del TS.


La crescita del Terzo Settore

La legge 106/16 prevede un anno (dal 2 agosto 2017) di “sperimentazione” dei decreti legislativi che il Governo in questo periodo può modificare. Sarebbe quindi più che opportuno varare a livello regionale norme che colmino i vuoti e i limiti lasciati dalla legislazione nazionale e che puntino a migliorarla.
In particolare la Regione Puglia, che ha appena emanato la sua legge sulla partecipazione dei cittadini e delle loro organizzazioni (che prevede l’emanazione entro sei mesi di un regolamento attuativo), potrebbe avviare una prima sperimentazione (in attuazione del comma 3 dell’art. 3 della stessa legge sulla partecipazione) di attuazione della legge, utile alla definizione del regolamento applicativo, realizzando un percorso partecipato per la formulazione e approvazione delle nuove norme regionali riguardanti il TS. Considerando che il mondo della cittadinanza attiva e del Volontariato è inevitabilmente chiamato a dare un apporto decisivo alla concreta attuazione della legge sulla partecipazione regionale.
Sarebbe cioè bene prevedere un percorso partecipato per rinnovare la legislazione riguardante il Volontariato e il TS. Si potrebbe insediare un gruppo di lavoro regionale aperto a rappresentanti della Regione e degli Enti locali, del Volontariato e del TS, studiosi dell’argomento, un gruppo che contribuisca a definire sia le nuove norme riguardanti il TS, come il regolamento attuativo della legge regionale sulla partecipazione, anche attraverso un confronto con le realtà territoriali. Il laboratorio pugliese diverrebbe così un momento importante sia del rinnovamento della legislazione in materia di TS, ma darebbe anche un concreto contributo al rinnovamento della vita istituzionale del nostro Paese.



Connettere le istituzioni con le istanze ed i bisogni delle comunità

La Puglia è un territorio particolarmente ricco di fermenti ed iniziative, tanto sul versante socio culturale come su quello politico istituzionale e dell’economia sociale e solidale. Si contano decine e decine di movimenti, comitati, gruppi formali ed informali, oltre a organizzazioni ben strutturate e consolidate. Una miriade di iniziative che si propongono la difesa del territorio, il benessere e la salvaguardia delle comunità locali, la valorizzazione delle ricchezze e delle peculiarità dell’ambiente e delle tradizioni, l'inclusione e la coesione sociale. Non solo i movimenti no TAP, no Triv, gli ambientalisti nelle vertenze Ilva, Cerano, Xilella, ecc., ma anche le tante Odv, APS e Coop. sociali attive nel campo dell'assistenza, del welfare, della sanità, dell'educazione, della formazione, dell'inclusione attiva, dell’economia sociale e solidale. Senza trascurare le iniziative di valorizzazione delle tradizioni locali come la Fondazione della Notte della Taranta o i comitati per la Focara di Novoli o il Palio di Oria ecc.
A fronte di tanto attivismo socio-culturale ed economico, le istituzioni pugliesi, la Regione, ha cercato di giocare al meglio le proprie funzioni facendosi promotrice di politiche attente ai bisogni ed alle potenzialità dei territori e delle comunità. In questa prospettiva sono state emanate normative di rilievo quali quella sul Reddito di Dignità, la legge sulla partecipazione, la legge contro gli sprechi alimentari, per non dire delle riforme che si è cercato di introdurre nei sistemi dei servizi sociali, dell'assistenza sanitaria e della formazione professionale.
Tuttavia le due dinamiche suddette, quella socio-culturale-economica (animata dalla cittadinanza attiva e dalle comunità locali) e quella politico-istituzionali (ancorata al sistema della democrazia rappresentativa), quasi mai si muovono in armonia o, quanto meno, verso obiettivi condivisi. Spesso le organizzazioni di base del TS cadono nell'autoreferenzialità, concentrate sulle loro tematiche specifiche e incapaci di dialogare con chi non è interessato direttamente a quel settore. D'altro canto le Istituzioni rappresentative, a seguito della crisi del lavoro quotidiano dei partiti democratici di massa che hanno costruito la Repubblica, hanno visto spesso ridursi i loro legami sociali alle tornate elettorali. La conseguenza è lo scadere nella propaganda senza prospettiva, nel populismo. Così, anche iniziative lodevoli intraprese dalle Istituzioni, finiscono per impantanarsi senza un impatto rea- le sulle dinamiche socio-economiche, non avendo gambe nella società.
Da qui l'esigenza di connettere due mondi che si rincorrono l'un l'altro, si studiano e si misurano reciprocamente, senza per ora  riuscire a stabilire legami e relazioni capaci realmente di valorizzare le potenzialità reciproche. I movimenti e le organizzazioni del TS potrebbero essere molto più incisivi se interrogati e coinvolti dalle Istituzioni e dal loro potere politico, legislativo, amministrativo.

Mentre le normative e le politiche istituzionali potrebbero produrre ben altri effetti con le organizzazioni della società civile impegnate a renderle operative implementandole concretamente nelle comunità locali. Per andare oltre l’attuale situazione di stallo occorre una crescita culturale e politica del TS e dei suoi dirigenti, ma anche una capacità di ascolto e di varare politiche partecipative da parte delle Istituzioni.
Questo passo in avanti può realizzarsi lavorando lungo tre direttrici:

  1. migliorando le capacità reciproca di lettura dei fenomeni socio-economici del territorio, lavorando con le nostre università e centri di studio: questo può permettere al TS di superare visioni limitate e farsi effettivamente carico degli interessi generali e alle Istituzioni di meglio comprendere le dinamiche sociali, elaborando assieme strategie di lungo periodo e a vasto raggio;

  2. attraverso il sostegno alla costruzione di reti tra enti di TS, ma anche con Istituzioni locali ed altri enti, superando campanilismi e settorializzazioni, per ampliare la portata e l'impatto del proprio agire con interventi coordinati con il coinvolgimento e la valorizzazione di soggettività diverse e, a volte, oggi anche confliggenti fra loro;

  3. attraverso interventi pensati e realizzati assieme alle Istituzioni, nella reciproca autonomia realizzativa degli obiettivi sociali e delle politiche concordate, assumendosi ciascuno le proprie responsabilità.


Un patto con le università e centri studio pugliesi

I processi di innovazione istituzionale qui prospettati, che coniugano democrazia rappresentativa e
partecipativa, non possono realizzarsi senza un costante monitoraggio e lavoro di ricerca che avanzi soluzioni ai problemi che incontreremo lungo il cammino. Occorre una seria collaborazione tra TS, atenei e centri studio pugliesi, Istituzioni locali. Non si parte da zero, sono anni che docenti, dipartimenti e corsi di laurea hanno attivato collaborazioni strutturate con organizzazioni di TS. Anche molte organizzazioni del TS, nello sviluppo delle proprie progettualità ed iniziative si sono avvalse in maniera determinante dei contributi forniti da docenti o ambiti accademici particolarmente sensibili, così come le politiche sociali regionali più innovative, ad es. nei riguardi dei giovani, si sono avvalse in regione dell’apporto di centri studio e università. Anche in questo caso, quello che ancora manca è una strategia complessiva, capace di connettere secondo una visione d’insieme tante piccole azioni isolate, avviando così una riflessione condivisa e di largo respiro che sola può permettere di individuare mano mano soluzioni innovative. Occorrono in questo senso:

  1. un lavoro di ricerca su cosa sia realmente il TS nel territorio regionale, su quale impatto produce e su quali condizioni potrebbero incrementarne le capacità di azione;
  2. percorsi formativi veramente in grado di permettere alla classe dirigente del TS e delle Istituzioni di essere protagonisti dei processi di innovazione istituzionalmente e socialmente necessari;
  3. troppo spesso invece di attivare laboratori e processi di innovazione, ci si affida al caso sperando che  procedendo  per  tentativi  ed  errori  si  arrivi  progressivamente a  realizzare  buone  politiche, occorrono invece analisi puntuali sulle caratteristiche e le potenzialità dei territori e delle comunità locali, su cui fondare politiche di intervento prima che si manifestino i danni per le occasioni sprecate nel corso degli anni;
  4. non si dispone di dati certi e valutazioni oggettive per poter comparare le dinamiche registrate sul territorio pugliese con quelle di altri territori.

Da qui la proposta di attivazione di un laboratorio che coinvolga tanto gli ambienti accademici e centri studio, quanto le organizzazioni di TS e le Istituzioni, per condividere percorsi e strategie a partire dalle esperienze concrete che si andranno realizzando.


La programmazione ed attuazione del Por in Puglia

Il Por 2014/2020 della regione Puglia, che potrà avere attuazione sino al 2023, rispetto a quelli di
molte altre regioni, del Mezzogiorno ma non solo, prevede azioni innovative in particolare nel campo sociale, ma anche in quello ambientale e in altri. Quelle azioni attuate possono concretamente dare gambe alle politiche innovative previste dalla legge regionale sulla partecipazione e sostenere il percorso partecipato per rinnovare le norme riguardanti il TS, oltre ad avviare una nuova fase di funzionamento delle istituzioni più vicina ai cittadini.


Le nostre proposte, apriamo un confronto

Con  questo  documento  vogliamo  aprire  un  confronto  nell’ambito  del  TS,  con  chi  agisce nell’economia sociale e solidale, dei movimenti che animano la vita democratica della nostra regione, con le Istituzioni. Queste nostre sono delle proposte, ci aspettiamo osservazioni, critiche, ma anche condivisione e sostegno e alla fine ci piacerebbe avanzare proposte di lavoro quanto più possibile condivise.
Noi muoviamo dall’idea che da un lato sia sempre più diffusa la convinzione che per rilanciare il ruolo delle Istituzioni occorra coniugare il loro lavoro con la partecipazione dei cittadini, ma che dall’altro lato si fatica ad attuare concretamente quella convinzione. Ci sono limiti da una parte e dall’altra, delle organizzazioni della cittadinanza attiva, ma anche della democrazia rappresentativa, da questa situazione se ne esce assieme o non se ne esce, con un progetto comune, che coinvolga le Istituzioni, le rappresentanze del TS, il sistema dei Csv che la legge 106/16 ha aperto ai volontari di tutto il TS, le esperienze di economia sociale e solidale, i movimenti su singole tematiche. A questo scopo con questo documento proponiamo quindi di:

  • Lavorare al rinnovo della legislazione regionale sul TS in ottica partecipativa, coinvolgendo il territorio, le rappresentanze e le strutture di servizio del TS, oltre alle necessarie competenze, puntando anche a coprire i vuoti normativi e le criticità dei decreti legislativi nazionali. Questo ci può anche permettere di avviare un laboratorio sociale e politico nel quale dare una prima concreta attuazione alla legge sulla partecipazione della regione Puglia. Legge che significativamente il Governo ha impugnato di fronte alla Corte costituzionale, in linea con i limiti partecipativi del decreto legislativo del Governo riguardante il Codice del TS: il TS va bene per assistere, molto meno per partecipare, anche se a parole si sostiene sussidiarietà, cittadinanza attiva, ecc. Ovviamente i cittadini possono se vogliono partecipare per “lo svolgimento di attività di interesse generale”, lo garantiscono diversi articoli della costituzione e in particolare l’u.c. del 118, però sulle grandi opere decide il governo senza alcuna partecipazione (senza alcuna democrazia né partecipativa, né deliberativa) e istituzioni locali, cittadini e territori non possono dire nulla, anche se l'opera passa sulla loro testa;

  • Dare attuazione alle azioni innovative previste dal Por Puglia 2014/2020, che già la programmazione nazionale aveva aperto ad una gestione più partecipata del passato e che la Regione ha virtuosamente elaborato insieme al partenariato sociale, al quale il TS ha dato il proprio contributo con un Gruppo di lavoro unitario tra le sue diverse istanze, e che contiene diverse azioni che si muovono nella direzione qui auspicata;

  • Coinvolgere le università e i centri studio pugliesi nel lavoro di ricerca e monitoraggio per analizzare le pratiche partecipative e innovative, valutarne la dimensione e l’impatto economico e sociale, soprattutto avviare processi formativi che portino ad una visione e azione comune di Istituzioni, movimenti, organizzazioni di TS, coinvolgendo innanzitutto i gruppi dirigenti, ma anche le organizza- zioni di base.

Contiamo su altri che vorranno far loro queste nostre proposte, arricchirle, modificarle, criticarle, però nella comune convinzione di fondo che occorra avviare una nuova stagione nel rapporto cittadini/Istituzioni, uscendo dalle sole dichiarazioni di principio, per costruire effettivamente pratiche democratiche ed economiche nuove.

Corsano 13 settembre 2017

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