Circolare 12 maggio 1998 Numero
124/E
Organo emanante : Ministero Finanze
Iva - imposte dirette - enti non commerciali - modifiche alla disciplina
PREMESSA
Il decreto legislativo 4 dicembre 1997, n.460 (pubblicato nel supplemento
ordinario n.1/L alla Gazzetta Ufficiale n.1 del 2 gennaio 1998) ha dato
attuazione alle deleghe recate nei commi 186-187 dell'art. 3 della legge
23 dicembre 1996, n. 662, relativi al riordino della disciplina tributaria
degli enti non commerciali, e nei commi 188-189 del medesimo articolo 3,
concernenti la disciplina delle organizzazioni non lucrative di utilita`
sociale (ONLUS). Il menzionato decreto legislativo e` strutturato in due
sezioni, la prima riservata al riordino delle norme tributarie relative
agli enti non commerciali, la seconda alla definizione e regolamentazione
delle ONLUS. Sul piano sistematico il decreto legislativo in argomento
non costituisce una legge speciale in materia di enti non commerciali e
organizzazioni non lucrative di utilita` sociale. Il riordino della disciplina
tributaria degli enti non commerciali e` operato prevalentemente attraverso
modifiche ed integrazioni del Testo Unico delle imposte sui redditi, approvato
con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nonche`
dell'art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972,
n.633, istitutivo dell'imposta sul valore aggiunto. Per le ONLUS il regime
agevolativo discende in gran parte da interventi su singole leggi di imposta.
Le disposizioni recate dal decreto legislativo n. 460 del 1997 sono entrate
in vigore il 1 gennaio 1998 e, relativamente alle imposte sui redditi,
trovano applicazione a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello
in corso alla data del 31 dicembre 1997. Con la presente circolare si forniscono
i chiarimenti necessari al fine di assicurare uniformita` di interpretazione
da parte degli uffici interessati relativamente alle norme concernenti
il riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali, contenute
nella Sezione I (artt. 1-9) del decreto legislativo in oggetto. Con successiva
circolare verranno fornite istruzioni per l'applicazione delle disposizioni
riguardanti le organizzazioni non lucrative di utilita` sociale, contenute
nella Sezione II del medesimo decreto legislativo n. 460 del 1997.
1. QUALIFICAZIONE DEGLI ENTI NON COMMERCIALI
1.1 Nozione di ente non commerciale
Il decreto legislativo n. 460 del 1997, nel riordinare la disciplina
degli enti non commerciali, non ha apportato modifiche alla disposizione
recata dall'art. 87, comma 1, lettera c), del T.U.I.R. che fornisce la
nozione generale di "ente non commerciale", individuando tale tipologia
soggettiva negli enti pubblici e privati diversi dalle societa`, che non
hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attivita` commerciali.
L'elemento distintivo degli enti non commerciali, anche a seguito del citato
decreto legislativo n.460 del 1997, e` costituito, quindi, dal fatto di
non avere tali enti quale oggetto esclusivo o principale lo svolgimento
di una attivita` di natura commerciale, intendendosi per tale l'attivita`
che determina reddito d'impresa ai sensi dell'art. 51 del T.U.I.R.. Nessun
rilievo assume, invece, ai fini della qualificazione dell'ente non commerciale
la natura (pubblica o privata) del soggetto, la rilevanza sociale delle
finalita` perseguite, l'assenza del fine di lucro o la destinazione dei
risultati.
1.2 Individuazione dell'oggetto esclusivo o principale dell'attivita`
L'art. 87, comma 4, del T.U.I.R. stabilisce i criteri per l'individuazione
dell'oggetto esclusivo o principale dell'ente. Tale disposizione e` stata
modificata dall'art. 1 del decreto legislativo n.460 del 1997 che ha, altresi`,
aggiunto allo stesso art. 87 un ulteriore comma 4-bis. Nella previgente
formulazione l'anzidetto comma 4 dell'art. 87 disponeva che "l'oggetto
esclusivo o principale dell'ente e` determinato in base all'atto costitutivo,
se esistente in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata
e, in mancanza, in base all'attivita` effettivamente esercitata". La disposizione
recata dal nuovo testo del comma 4 dell'art. 87 stabilisce che: "4. L'oggetto
esclusivo o principale dell'ente residente e` determinato in base alla
legge, all'atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto
pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale
si intende l'attivita` essenziale per realizzare direttamente gli scopi
primari indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto".
Il successivo comma 4-bis prevede che: "4-bis. In mancanza dell'atto
costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l'oggetto principale
dell'ente residente e` determinato in base all'attivita` effettivamente
esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in
ogni caso agli enti non residenti".
Le novita` introdotte dal nuovo testo del comma 4 dell'art. 87 nonche`
dal successivo comma 4-bis sono le seguenti.
1) Il nuovo testo del comma 4 dell'art. 87, oltre che operare un esplicito
riferimento alla "legge" e allo "statuto" - modifiche queste di natura
meramente formale - contiene il riferimento, assente nella previgente disposizione,
alla "scrittura privata registrata". E` sufficiente, cioe`, per l'individuazione
dell'oggetto esclusivo o principale dell'attivita` dell'ente non commerciale,
l'esistenza dell'atto costitutivo o dello statuto nella forma della scrittura
privata registrata, in alternativa all'atto pubblico o alla scrittura privata
autenticata.
2) Vengono, inoltre, differenziati i criteri per l'individuazione dell'oggetto
esclusivo o principale dell'attivita`, a seconda che l'ente sia o meno
residente nel territorio dello Stato.
a) Enti residenti
Per gli enti residenti l'oggetto esclusivo o principale dell'attivita`
e` determinato in base alla legge (di regola per gli enti pubblici), all'atto
costitutivo o allo statuto, se esistente in forma di atto pubblico o di
scrittura privata autenticata o registrata. In mancanza degli anzidetti
atti o delle predette forme (atto pubblico o scrittura privata autenticata
o registrata) l'oggetto principale dell'ente e` determinato in base all'attivita`
effettivamente esercitata.
b) Enti non residenti
Per gli enti non residenti il comma 4-bis dell'art. 87 prevede che
l'esame dell'oggetto principale dell'attivita` deve essere, in ogni caso,
svolto sulla base dell'attivita` effettivamente esercitata nel territorio
dello Stato.
3) La previsione piu` innovativa e di maggior rilievo rispetto alla
previgente disciplina e` costituita dalla definizione dell'oggetto principale
dell'attivita`, recata dal novellato comma 4 dell'art. 87. Secondo tale
disposizione, per oggetto principale si intende l'attivita` essenziale
per realizzare direttamente gli scopi primari dell'ente indicati dalla
legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto. Pertanto, ai fini della qualificazione
dell'ente come commerciale o non commerciale, occorre anzitutto avere riguardo
alle previsioni contenute nello statuto, nell'atto costitutivo o nella
legge. Nell'ipotesi in cui i menzionati atti prevedano lo svolgimento di
piu` attivita`, di cui alcune di natura commerciale ed altre di natura
non commerciale, per la qualificazione dell'ente occorre fare riferimento
all'attivita` che per lo stesso risulta essere essenziale, vale a dire
quella che gli consente il raggiungimento degli scopi primari e che tipicizza
l'ente medesimo. Se l'attivita` essenziale per realizzare direttamente
gli scopi primari e` non commerciale, l'ente deve annoverarsi fra quelli
non commerciali, sia ai fini delle imposte sui redditi che dell'imposta
sul valore aggiunto e, conseguentemente, deve essere rispettivamente assoggettato
alla disciplina recata dal Titolo II, Capo III, del T.U.I.R. e dall'art.
4 del D.P.R. n.633 del 1972 nonche` alla disciplina contabile prevista
per tale categoria di enti. Diversamente, l'ente, ancorche` dichiari finalita`
non lucrative, e` considerato ente commerciale quando l'attivita` essenziale
per la realizzazione degli scopi tipici e` di natura commerciale. La definizione
di ente non commerciale risultante dal riformulato comma 4 dell'art. 87
del T.U.I.R. deve, tuttavia, essere confrontata con la previsione dell'art.
6 del decreto legislativo n.460 del 1997 concernente "la perdita della
qualifica di ente non commerciale".
1.3 Perdita della qualifica di ente non commerciale
L'art. 6 del decreto legislativo n.460 del 1997 ha introdotto nel T.U.I.R.
l'art. 111-bis, che, ai commi 1 e 2, dispone:
"1. Indipendentemente dalle previsioni statutarie, l'ente perde la
qualifica di ente non commerciale qualora eserciti prevalentemente attivita`
commerciale per un intero periodo d'imposta.
2. Ai fini della qualificazione commerciale dell'ente si tiene conto
anche dei seguenti parametri:
a) prevalenza delle immobilizzazioni relative all'attivita` commerciale,
al netto degli ammortamenti, rispetto alle restanti attivita`. Il raffronto
va effettuato tra le immobilizzazioni relative all'attivita` commerciale
- tra le quali devono comprendersi tutte le tipologie indicate nell'articolo
2424 del codice civile e cioe` le immobilizzazioni materiali quali fabbricati,
impianti, macchinari, automezzi, mobili, ecc., le immobilizzazioni immateriali
quali brevetti, diritti d'autore, avviamento, spese di impianto e cosi`
via e le immobilizzazioni finanziarie - e gli investimenti relativi alle
attivita` istituzionali ivi compresi gli investimenti relativi alle attivita`
decommercializzate.
b) prevalenza dei ricavi derivanti da attivita` commerciali rispetto
al valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti le attivita` istituzionali;
c) prevalenza dei redditi derivanti da attivita` commerciali rispetto
alle entrate istituzionali, intendendo per queste ultime i contributi,
le sovvenzioni, le liberalita` e le quote associative.
Il raffronto va effettuato fra i componenti positivi del reddito d'impresa
e le entrate derivanti dall'attivita` istituzionale. Al riguardo si precisa
che, per ragioni di ordine logico e sistematico, in coerenza con quanto
stabilito nella successiva lettera d), la locuzione "redditi derivanti
da attivita` commerciali", contenuta nella disposizione in esame, deve
essere correttamente intesa come riferita ai componenti positivi del reddito
d'impresa. Si precisa, inoltre, che da entrambi i termini del raffronto
vanno esclusi i contributi percepiti per lo svolgimento di attivita` aventi
finalita` sociale in regime di convenzione o accreditamento; detti contributi,
infatti, non concorrono alla formazione del reddito degli enti non commerciali
ai sensi dell'art. 108, comma 2-bis, del T.U.I.R.).
d) prevalenza delle componenti negative inerenti all'attivita` commerciale
rispetto alle restanti spese".
L'art. 6 in esame ha dato attuazione al criterio dettato dall'art.
3, comma 187, lett. a), della legge delega n.662 del 1996, secondo cui
il legislatore avrebbe dovuto procedere alla "definizione della nozione
di ente non commerciale, conferendo rilevanza ad elementi di natura obiettiva
connessi all'attivita` effettivamente esercitata", provvedendo ad individuare
elementi di carattere oggettivo, la cui presenza consente di verificare
in termini di effettivita` l'attivita` prevalente. La norma fondamentale,
per verificare in termini di effettivita` la natura dell'ente dichiarata
nell'atto
costitutivo o nello statuto, e` quella recata dal primo comma dell'art.
111-bis del T.U.I.R. che contiene una presunzione legale di perdita della
qualifica di ente non commerciale, qualora, indipendentemente dalle previsioni
statutarie, l'ente eserciti quale attivita` principale un'attivita` commerciale
(in base all'art. 51 del T.U.I.R.). La qualifica di ente non commerciale,
impressa dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto, che consente
all'ente di fruire della disciplina degli enti non commerciali su base
dichiarativa, va verificata, pertanto, prendendo in esame l'attivita` effettivamente
svolta.
Il secondo comma dell'art. 111-bis indica, inoltre, alcuni parametri
che costituiscono "fatti indice di commercialita`", i quali non comportano
automaticamente la perdita di qualifica di ente non commerciale, ma sono
particolarmente significativi e inducono ad un giudizio complessivo sull'attivita`
effettivamente esercitata. Questa norma, in sostanza, non contiene presunzioni
assolute di commercialita`, ma traccia un percorso logico, anche se non
vincolante quanto alle conclusioni, per la qualificazione dell'ente non
commerciale, individuando parametri dei quali deve tenersi anche conto
(e non solo quindi) unitamente ad altri elementi di giudizio. Non e`, pertanto,
sufficiente il verificarsi di una o piu` delle condizioni stabilite dal
secondo comma dell'art. 111-bis per poter ritenere avvenuto il mutamento
di qualifica, ma sara` necessario, in ogni caso, un giudizio complesso,
che tenga conto anche di ulteriori elementi, finalizzato a verificare che
l'ente abbia effettivamente svolto per l'intero periodo d'imposta prevalentemente
attivita` commerciale. Come risulta espressamente dalla relazione illustrativa
del decreto legislativo in esame, i parametri indicati nel comma 2 dell'art.
111-bis del T.U.I.R. costituiscono indizi valutabili in concorso con altri
elementi significativi, ivi comprese le caratteristiche complessive dell'ente.
Il verificarsi di una o piu` delle circostanze indicate nel citato comma
2 dell'art. 111-bis in capo ad enti la cui attivita` essenziale sia di
natura obiettivamente non commerciale (es., partiti politici, associazioni
sindacali e di categoria rappresentate nel CNEL) non puo` di per se` far
venir meno la qualifica non commerciale dell'ente, risultante dall'atto
costitutivo o dallo statuto, purche` l'attivita` effettivamente esercitata
corrisponda in modo obiettivo a quella espressamente indicata nelle previsioni
statutarie. Resta fermo che per l'attivita` commerciale svolta dai predetti
enti si applicano le disposizioni in materia di reddito di impresa.
Per quanto riguarda il significato dell'espressione "intero periodo
d'imposta", contenuta nel comma 1 dell'art. 111-bis, occorre chiarire che
tale lasso di tempo costituisce soltanto una proiezione temporale di osservazione
dell'attivita` dell'ente, essendo poi sufficiente, per valutare la prevalenza
dell'attivita` commerciale, che tale prevalenza sussista per la maggior
parte del periodo d'imposta. Quindi, in presenza di attivita` commerciale
prevalente per la maggior parte del periodo d'imposta l'ente perde la qualifica
di ente non commerciale a decorrere dall'inizio del medesimo periodo. Si
precisa, inoltre, che le attivita` "decommercializzate" di cui agli artt.
108 e 111 del T.U.I.R. non devono essere computate ai fini dell'applicazione
dei parametri di cui al comma 2 citato, in quanto, per espressa previsione
normativa, non danno luogo a reddito d'impresa. Si evidenzia, inoltre,
che il comma 2 dell'art. 6 del decreto legislativo n.460 del 1997 stabilisce
espressamente che la perdita della qualifica di ente non commerciale ai
fini delle imposte sui redditi vale anche ai fini dell'I.V.A. Le norme
sulla perdita della qualifica di ente non commerciale, per esplicita previsione
contenuta nel comma 4 dell'art. 111-bis del T.U.I.R., non si applicano
agli enti ecclesiastici riconosciuti come persone giuridiche agli effetti
civili. Per gli anzidetti enti valgono, comunque, i criteri dettati dall'art.
87 del T.U.I.R.. In ogni caso, per l'attivita` commerciale eventualmente
svolta da tali enti si applicano le disposizioni in materia di reddito
di impresa.
1.4 Decorrenza della perdita della qualifica di ente non commerciale.
Il comma 3 dell'art. 111-bis prevede che:
"3. Il mutamento di qualifica opera a partire dal periodo d'imposta
in cui vengono meno le condizioni che legittimano le agevolazioni e comporta
l'obbligo di comprendere tutti i beni facenti parte del patrimonio dell'ente
nell'inventario di cui all'articolo 15 del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n.600. L'iscrizione nell'inventario deve
essere effettuata entro sessanta giorni dall'inizio del periodo di imposta
in cui ha effetto il mutamento di qualifica secondo i criteri di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1974, n. 689".
Il tenore letterale della norma comporta che, a differenza di quanto
previsto da altre disposizioni tributarie, il mutamento di qualifica spiega
effetti fin dall'inizio del periodo di imposta in cui lo stesso si verifica.
In tal modo viene assicurata una perfetta corrispondenza tra le modalita`
di tassazione e l'effettiva attivita` svolta dall'ente nel periodo di imposta
stesso, evitando nel contempo possibili manovre elusive. Si rende, pertanto,
necessario, per l'ente interessato, operare fin dall'inizio del periodo
di imposta una valutazione prospettica della propria attivita` ai fini
della corretta qualificazione tributaria. Da quanto sopra discende per
l'ente l'opportunita` di porre in essere gli adempimenti contabili previsti
dalla normativa vigente per gli enti commerciali fin dall'inizio del periodo
di imposta nel quale l'ente stesso ritenga di assumere la qualifica di
ente commerciale, onde evitare la ricostruzione del reddito sulla base
di elementi presuntivi nonche` l'applicazione delle sanzioni per la violazione
delle norme relative alla tenuta della contabilita`.
E` appena il caso di precisare che, ai fini dell'istituzione della
predetta contabilita`, occorre attivare un prospetto delle attivita` e
delle passivita` redatto con i criteri di cui al D.P.R. n.689 del 1974
nonche` le scritture contabili di cui agli artt. 14 e seguenti del D.P.R.
n.600 del 1973.
2. REDDITO COMPLESSIVO DEGLI ENTI NON COMMERCIALI. OCCASIONALI RACCOLTE PUBBLICHE DI FONDI E CONTRIBUTI PER LO SVOLGIMENTO CONVENZIONATO DI ATTIVITA`
2.1 Reddito complessivo degli enti non commerciali. Art. 108,
commi 1 e 2, del T.U.I.R.
Il decreto legislativo n.460 del 1997 non ha apportato modifiche ai
commi 1 e 2 dell'art. 108 del T.U.I.R., che stabiliscono i principi fondamentali
per la determinazione del reddito complessivo degli enti non commerciali.
Il testo dei commi 1 e 2 dell'art. 108 e` il seguente.
"1. Il reddito complessivo degli enti non commerciali di cui alla lettera
c) del comma 1 dell'articolo 87 e` formato dai redditi fondiari, di capitale,
di impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione,
ad esclusione di quelli esenti dall'imposta e di quelli soggetti a ritenuta
alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva. Per i medesimi
enti non si considerano attivita` commerciali le prestazioni di servizi
non rientranti nell'articolo 2195 del codice civile rese in conformita`
alle finalita` istituzionali dell'ente senza specifica organizzazione e
verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione.
2. Il reddito complessivo e` determinato secondo le disposizioni dell'articolo
8".
ricorda, in proposito, che per gli enti non commerciali, a differenza
di quanto avviene per le societa` e per gli enti commerciali, il reddito
complessivo imponibile non e` formato da un'unica categoria reddituale
(reddito di impresa) nella quale confluiscono i proventi di qualsiasi fonte;
infatti, per tali enti, il reddito complessivo si determina sulla base
della somma dei redditi appartenenti alle varie categorie reddituali (
redditi fondiari, di capitale, redditi d'impresa e redditi diversi). La
norma non attribuisce rilevanza ne` al luogo di produzione dei redditi
ne` alla destinazione degli stessi. Si segnala che e` rimasta invariata
la previsione di non commercialita` delle prestazioni di servizi non rientranti
nell'art. 2195 del codice civile rese in conformita` alle finalita` istituzionali
dell'ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi
che non eccedono i costi di diretta imputazione. Continua, altresi`, ad
applicarsi la disposizione recata dall'articolo 8 del T.U.I.R. concernente,
tra l'altro, il riporto delle perdite derivanti dall'esercizio delle imprese
commerciali in contabilita` ordinaria.
2.2 Occasionali raccolte pubbliche di fondi e contributi per lo svolgimento
convenzionato di attivita`. Art. 108, comma 2-bis, del T.U.I.R.
In attuazione del disposto del comma 187, lettere b) e d), dell'art.3,
della legge n.662 del 1996, che indicavano quali criteri direttivi per
il legislatore delegato l'"esclusione dall'imposizione dei contributi corrisposti
da amministrazioni pubbliche ad enti non commerciali, aventi fine sociale,
per lo svolgimento convenzionato di attivita` esercitate in conformita`
ai propri fini istituzionali" e l'"esclusione da ogni imposta delle raccolte
pubbliche di fondi effettuate occasionalmente, anche mediante offerta di
beni ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne
di sensibilizzazione", l'art. 2, comma 1, del decreto legislativo n.460
del 1997 ha aggiunto all'articolo 108 del T.U.I.R. il comma 2-bis.
Tale comma prevede che:
"2-bis. Non concorrono in ogni caso alla formazione del reddito degli
enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 87:
a) i fondi pervenuti ai predetti enti a seguito di raccolte pubbliche
effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore
o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze
o campagne di sensibilizzazione;
b) i contributi corrisposti da amministrazioni pubbliche ai predetti
enti per lo svolgimento convenzionato o in regime di accreditamento di
cui all'art. 8, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.502,
come sostituito dall'articolo 9, comma 1, lettera g), del decreto legislativo
7 dicembre 1993, n.517, di attivita` aventi finalita` sociali esercitate
in conformita` ai fini istituzionali degli enti stessi.".
Il comma 2 dello stesso articolo 2 del decreto legislativo n.460 del
1997 prevede, inoltre, che:
"2. Le attivita` indicate nell'art. 108, comma 2-bis, lettera a), del
Testo Unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n.917, come modificato dal comma 1,
fermo restando il regime di esclusione dall'imposta sul valore aggiunto,
sono esenti da ogni altro tributo.".
Le disposizioni sopra riportate vengono di seguito esaminate.
a) Occasionali raccolte pubbliche di fondi
La lettera a) del comma 2-bis dell'art. 108 del T.U.I.R. sottrae dall'imposizione,
ai fini delle imposte sui redditi, i fondi pervenuti a seguito di raccolte
pubbliche occasionali anche con scambio/offerta di beni di modico valore
(es. cessioni di piante o frutti) o di servizi a coloro che fanno le offerte.
La norma trova un precedente analogo nella disposizione dell'art. 1, lett.
a), del D.M. 25 maggio 1995, concernente le attivita` marginali delle organizzazioni
di volontariato. Per espressa previsione del comma 2 dell'art. 2 del decreto
legislativo n.460 del 1997 le anzidette attivita` fruiscono, oltre che
dell'esclusione dal campo di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto,
dell'esenzione da ogni altro tributo, sia erariale che locale.
L'esclusione delle iniziative in argomento dall'imposizione tributaria,
che tende ad incentivare una delle forme piu` cospicue di finanziamento
per molti enti non commerciali, e` subordinata alle seguenti condizioni:
1) deve trattarsi di iniziative occasionali;
2) la raccolta dei fondi deve avvenire in concomitanza di celebrazioni,
ricorrenze o campagne di sensibilizzazione;
3) i beni ceduti per la raccolta dei fondi devono essere di modico
valore.
Si segnala che a tutela della fede pubblica e` prevista dall'art. 8
del decreto legislativo n. 460 del 1997 una rigorosa rendicontazione delle
attivita` di raccolta dei fondi, di cui si trattera` nel paragrafo relativo
alle scritture contabili degli enti non commerciali.
b) Contributi per lo svolgimento convenzionato di attivita`
La lett. b) del nuovo comma 2-bis dell'articolo 108 prevede che non
concorrono a formare il reddito degli enti non commerciali i contributi
loro corrisposti da enti pubblici per lo svolgimento di attivita` in regime
di convenzione o di accreditamento (tale ultimo regime e` tipico dell'area
sanitaria).
L'agevolazione e` subordinata alle seguenti condizioni:
1) deve trattarsi di attivita` aventi finalita` sociali;
2) le attivita` devono essere svolte in conformita` alle finalita`
istituzionali dell'ente.
Le finalita` sociali devono ricomprendersi fra le finalita` tipiche
dell'ente. Circa la natura dei contributi agevolati si fa presente che
la norma, facendo riferimento in generale ai contributi corrisposti da
amministrazioni pubbliche per lo svolgimento convenzionato o in regime
di accreditamento di attivita` aventi finalita` sociali esercitate in conformita`
ai fini istituzionali dell'ente, non opera alcuna distinzione tra contributi
a fondo perduto e contributi che hanno natura di corrispettivi. Si deve
ritenere, pertanto, che rientrano nella sfera applicativa dell'agevolazione
anche i contributi che assumono natura di corrispettivi.
3. DETERMINAZIONE DEI REDDITI DEGLI ENTI NON COMMERCIALI E CONTABILITA` SEPARATA
L'art. 3 del decreto legislativo n.460 del 1997 modifica l'art. 109
del T.U.I.R. concernente la determinazione dei redditi degli enti non commerciali.
Le modifiche apportate non riguardano il comma 1 dell'art. 109 in esame,
di cui rimane, pertanto, invariata l'attuale formulazione:
"1. I redditi e le perdite che concorrono a formare il reddito complessivo
degli enti non commerciali sono determinati distintamente per ciascuna
categoria in base al risultato complessivo di tutti i cespiti che vi rientrano.
Si applicano, se nel presente capo non e` diversamente stabilito, le disposizioni
del titolo I relative ai redditi delle varie categorie".
Vengono, invece, sostituiti i commi 2 e 3 dello stesso articolo, viene
aggiunto un ulteriore comma 3-bis e viene modificato il comma 4-bis.
Si riportano i commi 2, 3 e 3-bis del citato articolo 109:
"2. Per l'attivita` commerciale esercitata gli enti non commerciali
hanno l'obbligo di tenere la contabilita` separata.
3. Per l'individuazione dei beni relativi all'impresa si applicano
le disposizioni di cui all'articolo 77, commi 1 e 3-bis.
3-bis. Le spese e gli altri componenti negativi relativi a beni e servizi
adibiti promiscuamente all'esercizio di attivita` commerciali e di altre
attivita`, sono deducibili per la parte del loro importo che corrisponde
al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono
a formare il reddito d'impresa e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi
e proventi; per gli immobili utilizzati promiscuamente e` deducibile la
rendita catastale o il canone di locazione anche finanziaria per la parte
del loro ammontare che corrisponde al predetto rapporto".
Dal punto di vista sostanziale la sostituzione del comma 2 risulta
di particolare rilevanza, perche` tale comma introduce una disposizione
del tutto innovativa. La disposizione recata dal previgente comma 2 dell'art.
109 del T.U.I.R consentiva agli enti non commerciali di tenere una contabilita`
unica e comprensiva sia dei fatti commerciali che di quelli istituzionali.
La norma del nuovo comma 2 del citato art. 109 , nell'intento di rendere
piu` trasparente la contabilita` commerciale degli enti non commerciali
e di evitare ogni commistione con l'attivita` istituzionale, anche al fine
di individuare piu` agevolmente l'oggetto principale dell'ente e la sua
reale qualificazione, impone, in via generale, agli enti non commerciali
per l'attivita` commerciale eventualmente esercitata l'obbligo della contabilita`
separata a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corso
alla data del 31 dicembre 1997. Riguardo alle spese e agli altri componenti
negativi relativi ai beni e servizi adibiti promiscuamente per l'esercizio
di attivita` commerciali e per altre attivita`, il criterio per la loro
deducibilita` e` indicato nell'attuale comma 3-bis, che riproduce sostanzialmente
il secondo periodo del previgente comma 2.
Il limite di deducibilita` delle spese e dei componenti negativi anzidetti
e` determinato sulla base del rapporto tra l'ammontare dei ricavi e degli
altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa e l'ammontare
complessivo di tutti i ricavi e proventi. Per gli immobili utilizzati promiscuamente
si deduce la rendita catastale o il canone di locazione anche finanziaria
per la parte corrispondente a detto rapporto.
Il comma 3 dell'art. 109, nel testo introdotto dal decreto legislativo
n.460 del 1997, chiarisce, poi, che per l'individuazione dei beni relativi
all'impresa si applicano le disposizioni recate dall'art. 77, commi 1 e
3- bis del T.U.I.R. relative all'impresa individuale in rapporto ai beni
personali della persona fisica; con cio` presupponendo la previa inclusione
degli stessi nell'inventario anche in caso di provenienza dal patrimonio
relativo all'attivita` istituzionale.
L'art. 7 del decreto legislativo n.460 del 1997, nel modificare l'art.
114 del T.U.I.R., estende agli enti non residenti l'obbligo, previsto dal
comma 2 del citato art. 109, relativo alla tenuta della contabilita` separata
per l'attivita` commerciale svolta nel territorio dello Stato nonche` l'applicabilita`
delle disposizioni recate dai commi 3 e 3-bis dello stesso art. 109 del
T.U.I.R..
Ai sensi del comma 4-bis dell'art. 109, l'obbligo di tenere la contabilita`
separata non si applica agli enti soggetti alle disposizioni in materia
di contabilita` pubblica qualora siano osservate le modalita` previste
per la contabilita` pubblica obbligatoria tenuta a norma di legge dagli
stessi enti.
4. REGIMI FORFETARI DI DETERMINAZIONE DEL REDDITO DEGLI ENTI NON COMMERCIALI 4.1
4.1 Regime generale
L'art. 4 del decreto legislativo n.460 del 1997 da` attuazione al comma
187, lett. e), dell'art. 3 della legge n.662 del 1996, secondo il quale
il riordino della disciplina degli enti non commerciali doveva essere informato,
fra l'altro, alla "previsione omogenea di regimi di imposizione semplificata
ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto nei
confronti degli enti non commerciali che hanno conseguito proventi da attivita`
commerciali entro limiti predeterminati, anche mediante l'adozione di coefficienti
o di imposte sostitutive".
In particolare la norma in commento inserisce, dopo l'art. 109 del
T.U.I.R., l'art. 109-bis che introduce un regime forfetario per la determinazione
del reddito d'impresa, generalizzato a tutti gli enti non commerciali ammessi
alla tenuta della contabilita` semplificata ai sensi dell'art. 18 del D.P.R.
29 settembre 1973, n.600.
La norma non prevede parallelamente regimi di imposizione semplificata
in materia di imposta sul valore aggiunto, in ordine alla quale restano
applicabili i criteri generali previsti dalla normativa recata dal D.P.R.
n.633 del 1972 in relazione alle specifiche attivita` esercitate. Si precisa
che possono fruire del regime di determinazione forfetaria del reddito
di cui all'art. 109-bis in esame solo gli enti non commerciali nei confronti
dei quali ricorrano i presupposti dell'art. 18 del D.P.R. n.600 del 1973
citato. Il reddito d'impresa si determina forfetariamente applicando anzitutto
all'ammontare dei ricavi di cui all'art. 53 del T.U.I.R. conseguiti nell'esercizio
di attivita` commerciali un coefficiente di redditivita`, differenziato
per tipo di attivita` (attivita` di prestazioni di servizi e altre attivita`)
e per scaglioni di ricavi.
I coefficienti di redditivita` sono i seguenti.
a) Attivita` di prestazioni di servizi:
fino a lire 30.000.000 di ricavi
15%
da lire 30.000.001 fino a lire 360.000.000 di ricavi
25%
b) Altre attivita`:
Fino a lire 50.000.000 di ricavi
10%
da lire 50.000.001. fino a lire 1.000.000.000 di ricavi
15%
Si precisa che, qualora i predetti limiti di ricavi (lire 360 milioni
e lire 1 miliardo) risultino superati alla chiusura del periodo d'imposta,
non potra` trovare applicazione per il periodo medesimo il regime di determinazione
forfetaria del reddito. Nell'ipotesi di contemporaneo esercizio di attivita`
di prestazioni di servizi e di altre attivita` si applica il coefficiente
stabilito per l'ammontare dei ricavi relativi all'attivita` prevalente.
In mancanza della distinta annotazione dei ricavi si considerano prevalenti
le attivita` di prestazioni di servizi (comma 2 dell'art. 109-bis).
Al reddito determinato applicando i coefficienti di redditivita` si
aggiunge poi l'ammontare dei componenti positivi del reddito d'impresa
di cui agli articoli 54 (plusvalenze patrimoniali), 55 (sopravvenienze
attive), 56 (dividendi ed interessi) e 57 (proventi immobiliari) del T.U.I.R..
Il regime forfetario di determinazione del reddito in esame puo` trovare
applicazione fino a quando non vengono superati i limiti sopraindicati.
I commi 4 e 5 dell'art. 109-bis del T.U.I.R. stabiliscono le modalita`
per fruire del regime forfetario in argomento attraverso l'esercizio di
una specifica opzione. Si riporta di seguito il testo dei citati commi
4 e 5.
"4. L'opzione e` esercitata nella dichiarazione annuale dei redditi
ed ha effetto dall'inizio del periodo d'imposta nel corso del quale e`
esercitata fino a quando non e` revocata e comunque per un triennio. La
revoca dell'opzione e` effettuata nella dichiarazione annuale dei redditi
ed ha effetto dall'inizio del periodo d'imposta nel corso del quale la
dichiarazione stessa e` presentata.
5. Gli enti che intraprendono l'esercizio di impresa commerciale esercitano
l'opzione nella dichiarazione da presentare ai sensi dell'art. 35 del decreto
del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni".
Si deve tuttavia precisare che i predetti commi 4 e 5 dell'art. 109-bis
del T.U.I.R. sono da ritenersi superati in forza dei principi generali
che emergono dalle disposizioni contenute nel regolamento recante il "riordino
della disciplina delle opzioni in materia di imposta sul valore aggiunto
e di imposte dirette", approvato con D.P.R. 10 novembre 1997, n. 442 (pubblicato
nella G.U. n. 298 del 23 dicembre 1997).
Infatti, anche se il predetto regolamento fa esplicito riferimento
alle opzioni o revoche "di regimi di determinazione dell'imposta o di regimi
contabili" deve ritenersi che le previsioni in esso contenute in ordine
al riconoscimento dei "comportamenti concludenti del contribuente" trovino
applicazione anche ai fini della determinazione forfetaria del reddito.
A tale conclusione si perviene in considerazione del fatto che il predetto
regime di determinazione forfetaria del reddito, si correla ad un regime
di contabilita` semplificata (art. 18 e art. 20, comma 3, del DPR n.600
del 1973.)
Peraltro, poiche` il comportamento concludente correlato all'applicazione
del regime forfetario di determinazione del reddito si esplica e si esaurisce
in sede di dichiarazione dei redditi, nell'ottica di semplificazione degli
adempimenti del contribuente si ritiene non necessaria la comunicazione
dell'opzione prevista dall'art. 2 del DPR n. 442 del 1997. Detta comunicazione
di opzione non si rende necessaria neppure ai fini dell'adozione delle
particolari semplificazioni contabili previste dall'art. 3, comma 166,
della legge 23 dicembre 1996, n. 662, estese - in forza del nuovo comma
3 dell'art. 20 del DPR n. 600 del 1973 ( introdotto con l'art. 8 del decreto
legislativo n. 460 del 1997 ) - agli enti non commerciali che abbiano conseguito
nell'anno solare precedente ricavi non superiori a lire 30 milioni, relativamente
alle prestazioni di servizi, ovvero a lire 50 milioni negli altri casi
e che sono pertanto assoggettabili alla determinazione forfetaria del reddito.
Infatti, come chiarito con la circolare n. 10/ E del 17 gennaio 1997, i
contribuenti che si avvalgono delle predette semplificazioni contabili
non sono tenuti ad assolvere alcun particolare adempimento di carattere
formale, non dovendo comunicare alcuna opzione agli Uffici finanziari.
Al riguardo si precisa che, in presenza dei citati presupposti, la
contabilita` semplificata di cui al citato art. 3, comma 166, della legge
n. 662 del 1996, resta valida ancorche`, nel periodo d'imposta in cui detta
contabilita` semplificata e` adottata, vengano superati i limiti previsti
per l'applicazione del regime forfetario di determinazione del reddito
(lire 360 milioni o 1 miliardo di ricavi) e, pertanto, detto regime forfetario
non si renda di fatto piu` applicabile all'ente non commerciale che conseguentemente
determina il reddito secondo le regole generali.
Per gli specifici chiarimenti concernenti gli adempimenti connessi
all'adozione della predetta contabilita` semplificata, si fa rinvio al
paragrafo concernente le scritture contabili.
4.2 Regime forfetario per le associazioni sportive, associazioni
senza scopo di lucro e pro-loco.
Per espressa previsione del nuovo art. 109-bis, comma 1, del T.U.I.R.
e` fatto salvo il particolare regime forfetario di determinazione del reddito
gia` previsto per le associazioni sportive dilettantistiche, le associazioni
senza scopo di lucro e le pro-loco. Il regime forfetario in favore delle
associazioni sportive dilettantistiche e` stato introdotto dalla legge
16 dicembre 1991, n.398, ed e` stato esteso, in forza del decreto-legge
30 dicembre 1991, n.417, convertito dalla legge 6 febbraio 1992, n.66,
alle associazioni senza fine di lucro e alle associazioni pro-loco. Considerato
che l'anzidetto regime e` richiamato dall'art. 109-bis del T.U.I.R. concernente
"regime forfetario degli enti non commerciali", deve ritenersi confermato
l'orientamento assunto con circolare della soppressa Direzione Generale
delle Imposte Dirette n.1 datata 11 febbraio 1992, secondo il quale a tale
regime le anzidette associazioni possono accedere sempreche` si qualifichino
come enti non commerciali sulla base di quanto chiarito nei precedenti
paragrafi. Il reddito e` determinato applicando il coefficiente di redditivita`
del 6% ai proventi di natura commerciale e aggiungendo le plusvalenze patrimoniali.
Il regime forfetario si applica alle associazioni che nel periodo d'imposta
precedente abbiano conseguito dall'esercizio di attivita` commerciali proventi
per un importo complessivo limitato, aggiornato di anno in anno, e da ultimo
fissato, con D.M. 28 novembre 1997, in lire 128.411.000. Si precisa inoltre
che, per quanto concerne le modalita` di esercizio dell'opzione per il
regime di cui alla citata legge n. 398 del 1991, si deve tener conto delle
disposizioni del richiamato D.P.R. n. 442 del 1997.
4.3 Regime forfetario per l'attivita` di assistenza fiscale resa
dalle associazioni sindacali e di categoria operanti nel settore agricolo
Il regime forfetario previsto in via generale dall'art. 109-bis del
T.U.I.R. per gli enti non commerciali ammessi alla contabilita` semplificata
non ha abrogato il regime forfetario disciplinato dall'art. 78, comma 8,
della legge 30 dicembre 1991, n. 413, come successivamente integrato dall'art.
62, comma 1, lett. a), del decreto-legge 30 agosto 1993, n.331, convertito
dalla legge 29 ottobre 1993, n.427. Quest'ultimo regime, infatti, limitato
all'attivita` di assistenza fiscale resa nei confronti degli associati
dalle associazioni sindacali e di categoria operanti nel settore agricolo,
si configura come regime naturale, per le anzidette associazioni che possono,
invece, su opzione determinare il reddito e l'imposta sul valore aggiunto
nei modi ordinari. Per l'attivita` di assistenza fiscale resa agli associati
dalle associazioni sindacali e di categoria operanti nel settore agricolo,
pertanto, il reddito imponibile e l'IVA si determinano di regola forfetariamente,
secondo il citato art. 78, comma 8, della legge n.413 del 1991 , salvo
opzione per il regime di determinazione del reddito e dell'imposta sul
valore aggiunto nei modi ordinari.
particolare l'art. 78, comma 8, in esame al terzo periodo prevede che
per l'attivita` di assistenza fiscale resa agli associati da associazioni
sindacali e di categoria operanti nel settore agricolo, il reddito imponibile
e` determinato applicando all'ammontare dei ricavi il coefficiente di redditivita`
del 9% e l'imposta sul valore aggiunto e` determinata riducendo l'imposta
relativa alle operazioni imponibili in misura pari a un terzo del loro
ammontare, a titolo di detrazione forfetaria dell'imposta afferente gli
acquisti e le importazioni. Per le attivita` commerciali eventualmente
esercitate, diverse da quelle di assistenza fiscale di cui all'art. 78,
comma 8, della legge n. 413 del 1991, puo` applicarsi il regime forfetario
generale disciplinato dall'art. 109-bis del T.U.I.R. sempreche`, ovviamente,
sussistano i presupposti ivi previsti.
Al riguardo si precisa che i ricavi derivanti da tali altre attivita`
commerciali eventualmente esercitate devono essere autonomamente considerati
sia ai fini del limite dei ricavi che dei coefficienti di redditivita`
indicati nell'art. 109-bis citato.
5. ENTI DI TIPO ASSOCIATIVO
5.1 Premessa.
Gli enti non commerciali di tipo associativo sono destinatari di uno
speciale regime tributario di favore sia ai fini delle imposte sui redditi
che ai fini dell'imposta sul valore aggiunto. Tali enti costituiscono,
pertanto, una specie del piu` ampio genere degli enti non commerciali.
Cio` comporta, in sostanza, che gli enti di tipo associativo, che devono
qualificarsi come enti non commerciali in base ai criteri dettati dall'art.
87 del T.U.I.R. e dall'art. 4 del D.P.R. n.633 del 1972 nonche` alla luce
della disposizione dell'articolo 111-bis dello stesso T.U.I.R., sono assoggettati,
in via generale, sia in materia di imposte sui redditi che in materia d'imposta
sul valore aggiunto, alla disciplina propria degli enti non commerciali,
ma relativamente alle attivita` rese all'interno della vita associativa
fruiscono di un trattamento agevolato in presenza delle condizioni espressamente
indicate a tal fine dalla legge.
5.2 Imposte sui redditi.
In materia di imposte sui redditi si applicano in particolare agli
enti associativi le disposizioni dettate dall'art. 108 del T.U.I.R., ivi
comprese quelle del nuovo comma 2-bis, concernenti l'intassabilita` della
occasionale raccolta di fondi e dei contributi pubblici corrisposti per
attivita` svolte in regime di convenzione o di accreditamento. Trovano,
altresi`, applicazione nei confronti di tali enti le norme recate dagli
articoli 109, 109-bis e 110 del T.U.I.R. La disciplina di favore propria
degli enti non commerciali di tipo associativo e` recata dall'art. 111
del T.U.I.R. Tale articolo e` stato modificato dall'art. 5 del decreto
legislativo n.460 del 1997. In materia di obblighi contabili, agli enti
non commerciali di tipo associativo si applicano le disposizioni dell'art.
20 del D.P.R. 29 settembre 1973, n.600, come modificato dall'art. 8 del
decreto legislativo in esame (v. paragrafo relativo alle scritture contabili).
5.2.1 Disciplina generale degli Enti associativi.
ART. 111, COMMI 1 E 2, DEL T.U.I.R.
Riguardo al regime agevolativo proprio degli enti associativi recato
dall'art. 111 del T.U.I.R. si precisa che le modifiche apportate dall'art.
5 del decreto legislativo in argomento non interessano i commi 1 e 2 dell'articolo
in esame. Pertanto, restano invariate le disposizioni recate da tali commi
il cui testo e` il seguente:
"1. Non e` considerata commerciale l'attivita` svolta nei confronti
degli associati o partecipanti, in conformita` alle finalita` istituzionali,
dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di
tipo associativo. Le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo
di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo.
2. Si considerano tuttavia effettuate nell'esercizio di attivita` commerciali,
salvo il disposto del secondo periodo del comma 1 dell'articolo 108, le
cessioni di beni e le prestazioni di servizi agli associati o partecipanti
verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le
quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni
alle quali danno diritto. Detti corrispettivi concorrono alla formazione
del reddito complessivo come componenti del reddito di impresa o come redditi
diversi secondo che le relative operazioni abbiano carattere di abitualita`
o di occasionalita`".
Il comma 1 dell'art. 111 sancisce l'esclusione dall'ambito della commercialita`
dell'attivita` svolta da associazioni, consorzi ed altri enti associativi
nei confronti degli associati o partecipanti, sempre che la stessa sia
esercitata in conformita` alle finalita` istituzionali e in assenza di
una specifica corrispettivita`, e la conseguente intassabilita` delle somme
versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi.
Il comma 2 dello stesso art. 111 conferma la natura commerciale delle
cessioni di beni e delle prestazioni di servizi rese, ancorche` in conformita`
alle finalita` istituzionali, agli associati o partecipanti verso pagamento
di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari
determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali
danno diritto. Le quote differenziate costituiscono in sostanza il corrispettivo
dovuto in base ad un rapporto sinallagmatico instaurato tra soci ed ente.
I corrispettivi specifici resi per cessioni di beni e prestazioni di servizi
ad associati o partecipanti si considerano componenti del reddito d'impresa
o redditi diversi, secondo che le relative operazioni abbiano carattere
di abitualita` o occasionalita`.
E` appena il caso di precisare che l'attivita` "esterna" degli enti
associativi, quella cioe` resa da tali enti nei confronti dei terzi, continua
a restare, di regola, fuori dalla sfera di applicazione dell'art. 111 del
T.U.I.R.
5.2.2 Regime agevolativo per particolari tipologie di enti associativi
Le novita` introdotte nell'art. 111 del T.U.I.R. dal decreto legislativo
n.460 del 1997 riguardano la disciplina agevolativa dettata per singole
tipologie di associazioni, "privilegiate" in relazione al carattere specifico
dell'attivita` esercitata. Tale disciplina era contenuta nel previgente
testo dell'art. 111, comma 3, secondo il quale:
"3. Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose,
assistenziali, culturali e sportive, non si considerano effettuate
nell'esercizio di attivita` commerciali, in deroga al comma 2, le cessioni
di beni e le prestazioni di servizi verso pagamento di corrispettivi specifici
effettuate, in conformita` alle finalita` istituzionali, nei confronti
degli associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima
attivita` e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un'unica
organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti
e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonche` le cessioni
anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati.
Per le cessioni di beni e le prestazioni di servizio effettuate da associazioni
culturali o sportive costituite ai sensi dell'articolo 36 del codice civile,
la disposizione si applica nei confronti degli associati o partecipanti
minori d'eta` e, per i maggiorenni, a condizione che questi abbiano il
diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei
regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione ed
abbiano diritto a ricevere, nei casi di scioglimento della medesima, una
quota del patrimonio sociale, se questo non e` destinato a finalita` di
utilita` generale."
L'art. 5 del decreto legislativo in esame ha modificato il comma 3
dell'art. 111 del T.U.I.R. e ha aggiunto allo stesso articolo, in funzione
di completamento della disciplina agevolativa e di delimitazione dei presupposti
del regime agevolativo recato dallo stesso comma 3 dell'art. 111, gli ulteriori
commi da 4-bis a 4-sexies . Le modifiche al comma 3 dell'art. 111 nonche`
l'introduzione dei commi da 4-bis a 4-sexies sono disposte in attuazione
della delega recata dall'art. 3, comma 187, lett. c), della legge n.662
del 1996 che fra i criteri e principi direttivi in materia di riordino
della disciplina degli enti non commerciali ha previsto l'esclusione dall'ambito
dell'imposizione, per gli enti di tipo associativo, da individuare con
riferimento ad elementi di natura obiettiva connessi all'attivita` effettivamente
esercitata, nonche` sulla base di criteri statutari diretti a prevenire
fattispecie elusive, di talune cessioni di beni e prestazioni di servizi
rese agli associati nell'ambito dell'attivita` propria della vita associativa.
ART. 111, COMMA 3, DEL T.U.I.R..
1) Attivita` rese agli associati in diretta attuazione degli scopi
istituzionali
Il novellato comma 3, dell'art. 111 del T.U.I.R. prevede:
"3. Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose,
assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale
e di formazione extra-scolastica della persona non si considerano commerciali
le attivita` svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate
verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti,
associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima
attivita` e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno
parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati
o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali,
nonche` le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente
agli associati".
Nella nuova formulazione il comma 3 dell'art. 111 del T.U.I.R., che
riproduce sostanzialmente sotto l'aspetto contenutistico la disposizione
agevolativa recata dal primo periodo del previgente comma 3, opera una
parziale deroga alla regola generale espressa nel comma 2 dello stesso
art. 111, secondo la quale sono considerate commerciali le cessioni di
beni e le prestazioni di servizi rese agli associati e partecipanti verso
corrispettivi specifici, ancorche` si tratti di attivita` conformi alle
finalita` istituzionali. Il regime agevolativo recato dal comma 3, nel
testo modificato dal decreto legislativo in esame, consiste, infatti, nella
esclusione del carattere commerciale delle attivita` rese da talune tipologie
associative, in diretta attuazione degli scopi istituzionali, nei confronti
degli iscritti, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi
specifici. Detto regime agevolativo si rende pertanto applicabile qualora
sussistano congiuntamente i seguenti presupposti:
a) le attivita` agevolate devono essere effettuate da particolari tipologie
di associazioni;
b) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi devono essere rese
agli associati;
c) le stesse attivita` devono essere effettuate "in diretta attuazione
degli scopi istituzionali".
a) Tipologie di associazioni agevolate
In ordine al primo dei requisiti sopra indicati si segnala che la nuova
disposizione del comma 3 dell'art. 111 del T.U.I.R. ha ampliato l'ambito
soggettivo di applicazione del regime agevolativo in argomento. Continuano
ad essere destinatarie dell'anzidetta disciplina, senza alcuna modifica,
le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali
e culturali. Riguardo alle associazioni sportive, si evidenzia che la nuova
disposizione delimita l'ambito applicativo del trattamento di favore alle
"associazioni sportive dilettantistiche". Pertanto, a decorrere dal 1 gennaio
1998, non tutte le associazioni sportive, ma solo le associazioni sportive
dilettantistiche, sono destinatarie del riformulato comma 3 dell'art. 111.
La limitazione, che ha finalita` antielusiva, e` intesa ad identificare
gli enti destinatari della previsione di non commercialita` delle attivita`
rese ai propri iscritti, associati o partecipanti, dietro pagamento di
corrispettivi specifici, in diretta attuazione degli scopi istituzionali,
con gli enti associativi individuati dalla legge 16 dicembre 1991, n.398.
Risulta, pertanto, circoscritta l'applicabilita` del comma 3 dell'art.
111 alle associazioni sportive, come delimitate dalla legge n.398 del 1991,
definite anche alla luce della circolare n.1 dell'11 febbraio 1992 della
soppressa Direzione Generale delle Imposte Dirette e del decreto del Ministro
delle finanze del 18 maggio 1995, come associazioni sportive e relative
sezioni non aventi scopo di lucro, affiliate alle federazioni sportive
nazionali o agli enti di promozione sportiva, riconosciuti ai sensi delle
leggi vigenti, che svolgono attivita` sportive dilettantistiche , intendendosi
per tali le attivita` sportive esclusivamente dilettantistiche come definite
nell'ambito della normativa regolamentare dei predetti organismi cui l'associazione
e` affiliata.
In base alla nuova formulazione del comma 3 dell'art. 111 risultano,
inoltre, destinatarie del regime di favore recato dallo stesso comma, le
seguenti due tipologie di associazioni non contemplate dal testo previgente:
- associazioni di promozione sociale;
- associazioni di formazione extra - scolastica della persona.
Si possono ritenere associazioni di promozione sociale quelle associazioni
che promuovono la solidarieta` e il volontariato nonche` l'aggregazione
sociale attraverso lo svolgimento di attivita` culturali o sportive al
fine di innalzare la qualita` della vita, come ad esempio le ACLI e l'ARCI.
Per quanto concerne le associazioni di formazione extra-scolastica della
persona si osserva, in primo luogo, che tali associazioni per poter essere
ricondotte nell'ambito applicativo dell'art. 111 del T.U.I.R. non devono
svolgere come attivita` principale l'organizzazione di corsi, atteso che
tale circostanza comporterebbe la loro qualificazione come enti commerciali.
Peraltro, l'espressione "formazione extra-scolastica della persona" non
individua, in via generale, l'intero settore dell'attivita` di formazione,
ma un piu` limitato ambito di tale attivita` che privilegia la crescita
intellettuale dell'individuo, mirata allo sviluppo della sua personalita`
complessiva e che esclude la formazione professionale, intesa all'apprendimento
di conoscenze specifiche finalizzate all'inserimento nel mondo del lavoro
e alla particolare specializzazione professionale. In sintesi, l'ambito
soggettivo di applicazione del nuovo comma 3 dell'art. 111 e` costituito
dalle seguenti tipologie di associazioni:
- associazioni politiche;
- associazioni sindacali;
- associazioni di categoria;
- associazioni religiose;
- associazioni assistenziali;
- associazioni culturali;
- associazioni sportive dilettantistiche;
- associazioni di promozione sociale;
- associazioni di formazione extra-scolastica della persona.
In relazione all'inquadramento di un ente nell'ambito di una delle
tipologie associative sopra individuate, emerge che lo stesso assumera`
rilievo solo dopo aver appurato l'esatta qualificazione dell'ente e cioe`
se lo stesso debba ricomprendersi tra gli enti non commerciali. Infatti,
l'associazione deve essere preventivamente qualificata come ente non commerciale
sulla base dell'oggetto principale dell'attivita`, intesa, come in precedenza
evidenziato, quale attivita` essenziale per realizzare direttamente gli
scopi primari dell'ente. Ai fini della successiva qualificazione dell'ente
quale associazione riconducibile in una specifica tipologia indicata nel
comma 3 dell'art. 111 del T.U.I.R. si richiama l'indirizzo espresso in
proposito dalla Corte Costituzionale, con sentenza 5-19 novembre 1992,
n.467, che afferma l'insufficienza dell'autoqualificazione dell'ente (come
associazione politica, sindacale, di categoria, religiosa, culturale, ecc.)
sulla base della sola definizione statutaria e, quindi, la necessita` di
una valutazione della reale natura dell'ente e dell'attivita` in concreto
esercitata, alla stregua di obiettivi criteri desumibili dall'insieme delle
norme dell'ordinamento. In sostanza, poiche` la riconducibilita` di un
ente in una delle tipologie associative indicate nel comma 3 dell'art.
111 comporta la possibilita` di fruire di un trattamento tributario di
favore, al fine di evitare che sia l'associazione "arbitra della propria
tassabilita`" va verificata la natura e la caratteristica della stessa,
in mancanza di specifici e manifesti riconoscimenti, sulla base di criteri
obiettivi che qualificano nell'ordinamento le finalita` politiche, sindacali,
di categoria, religiose ecc.. Ad esempio, le associazioni a carattere religioso
che non siano state civilmente riconosciute come tali (secondo le regole
poste sulla base di intese o secondo la disciplina della legge 24 giugno
1929, n.1159) devono comprovare la natura e la caratteristica dell'organizzazione
secondo i criteri che qualificano nell'ordinamento dello Stato i fini di
religione e di culto, desumibili dal Concordato fra Stato e Chiesa cattolica
e dalle Intese stipulate con altre confessioni religiose.
b) Destinatari delle attivita` agevolate
Circa i destinatari delle attivita` agevolate, si segnala che vengono
menzionati espressamente nel nuovo testo, accanto agli associati o partecipanti,
"gli iscritti" non richiamati dal previgente testo, riferendosi la norma
agevolativa anche alle associazioni politiche e sindacali. Le cessioni
di beni e le prestazioni di servizi devono, pertanto, essere rese nei confronti
"degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono
la medesima attivita` e che per legge, regolamento, atto costitutivo o
statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei
rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati delle rispettive organizzazioni
nazionali".
c) Attivita` agevolate
Le attivita` ammesse al regime di favore secondo la disposizione del
novellato comma 3 dell'art. 111 del T.U.I.R. devono essere svolte "in diretta
attuazione degli scopi istituzionali". L'individuazione dell'attivita`
che puo` ritenersi svolta in diretta attuazione degli scopi istituzionali
deve essere effettuata, secondo le indicazioni della sentenza della Corte
Costituzionale 5-19 novembre 1992, n.467 gia` in precedenza richiamata,
alla stregua di criteri obiettivamente riscontrabili e non sulle base di
un'autoqualificazione risultante dalla sole indicazioni statutarie. Si
vuole con cio` precisare che l'attivita` svolta "in diretta attuazione
degli scopi istituzionali" non e` quella genericamente rientrante fra le
finalita` istituzionali dell'ente, in quanto il legislatore subordina l'applicazione
del regime di favore alla circostanza che l'anzidetta attivita` costituisca
il naturale completamento degli scopi specifici e particolari che caratterizzano
ciascun ente associativo.
2) Cessioni anche a terzi di pubblicazioni cedute prevalentemente agli
associati
Un'ulteriore disposizione agevolativa, che conferma sostanzialmente
il previgente assetto normativo, e` recata dallo stesso comma 3 dell'art.
111 del T.U.I.R. Secondo tale norma non sono considerate commerciali le
cessioni di pubblicazioni effettuate anche a terzi alle seguenti condizioni:
a) devono essere effettuate da associazioni politiche, sindacali e
di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche
e di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona;
b) devono essere effettuate prevalentemente agli associati, anche se
a titolo gratuito.
ART. 111, COMMA 4, DEL T.U.I.R.
Presunzione di commercialita`.
Il decreto legislativo in esame non apporta alcuna modifica al comma
4 dell'art. 111 del T.U.I.R. Il menzionato comma 4 stabilisce che per tutti
gli enti associativi, compresi quelli indicati al precedente comma 3, alcune
prestazioni, ancorche` rese agli associati, sono in ogni caso commerciali.
La norma reca in sostanza una presunzione di commercialita` per le seguenti
prestazioni:
- cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita;
- somministrazione di pasti;
- erogazione di acqua, gas, energia elettrica e vapore;
- prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito;
- prestazioni di servizi portuali e aeroportuali
- gestione di spacci aziendali e di mense;
- organizzazione di viaggi e soggiorni turistici;
- gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale;
- pubblicita` commerciale;
- telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.
ART. 111, COMMI 4-BIS - 4-TER, DEL T.U.I.R.
Le disposizioni dei commi 4-bis e 4-ter, aggiunte all'art. 111 del
T.U.I.R. dall'art. 5 del decreto legislativo in esame, riguardano solo
alcune specifiche tipologie di associazioni e costituiscono una novita`
rispetto alla previgente normativa.
Il testo dei commi 4-bis e 4-ter e` il seguente:
"4-bis. Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli
enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto
1991, n.287, le cui finalita` assistenziali siano riconosciute dal Ministero
dell'Interno, non si considerano commerciali, anche se effettuate verso
pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e
bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l'attivita` istituzionale,
da bar ed esercizi similari e l'organizzazione di viaggi e soggiorni turistici,
sempreche` le predette attivita` siano strettamente complementari a quelle
svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e siano effettuate
nel confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3.
4-ter. L'organizzazione di viaggi e soggiorni turistici di cui al comma
4- bis non e` considerata commerciale anche se effettuata da associazioni
politiche, sindacali e di categoria, nonche` da associazioni riconosciute
dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi
o intese, sempreche` sia effettuata nei confronti degli stessi soggetti
indicati nel comma 3".
- Somministrazione di alimenti e bevande (Art. 111, comma 4-bis, del
T.U.I.R.). Associazioni di promozione sociale.
Per la somministrazione di alimenti e bevande e` sancita la non commercialita`
esclusivamente a favore delle associazioni di promozione sociale ricomprese
tra gli enti di cui all'art. 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto
1991, n.287 ( cioe` gli enti a carattere nazionale le cui finalita` assistenziali
sono riconosciute dal Ministero dell'Interno) e sempreche` ricorrano le
seguenti condizioni:
a) l'attivita` deve essere effettuata da bar ed esercizi similari presso
le sedi in cui viene svolta l'attivita` istituzionale;
b) l'attivita` deve essere svolta nei confronti degli iscritti, associati
o partecipanti anche di altre associazioni che svolgono la medesima attivita`
e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di
un unica organizzazione locale o nazionale e dei tesserati dalle rispettive
organizzazioni nazionali;
c) deve trattarsi di attivita` strettamente complementare a quelle
svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali.
Riguardo alla somministrazione di alimenti e bevande effettuata da
bar o servizi similari interni all'associazione si chiarisce che l'espressa
previsione di non commercialita`, a decorrere dal 1 gennaio 1998, nei confronti
esclusivamente delle associazioni di promozione sociale, conferma per tutti
gli altri enti di tipo associativo l'orientamento gia` espresso in sede
amministrativa (ris. n. 217/E del 17 luglio 1995), in base al quale e`
stato affermato il carattere commerciale dell'attivita` di somministrazione
di alimenti o bevande nei bar interni ai circoli ricreativi, anche se svolta
nei confronti dei propri associati.
- Organizzazione di viaggi e soggiorni turistici (Art. 111, comma 4-bis
e 4- ter, del T.U.I.R.). Associazioni di promozione sociale, associazioni
politiche, sindacali, di categoria e associazioni religiose.
E` considerata non commerciale l'attivita` di organizzazione di viaggi
e soggiorni turistici se svolta da associazioni di promozione sociale ricomprese
tra gli enti di cui all'art. 3, comma 6, lettera e), della legge n.287
del 1991, da associazioni politiche, sindacali, di categoria nonche` da
associazioni riconosciute dalle confessioni religiose con le quali lo Stato
ha stipulato patti, accordi o intese, alle seguenti condizioni:
a) destinatari siano gli iscritti, associati o partecipanti anche di
altre associazioni che svolgono la medesima attivita` e che per legge,
regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione
locale o nazionale e i tesserati delle rispettive organizzazioni nazionali;
b) si tratti di attivita` strettamente complementari a quella svolta
in diretta attuazione degli scopi istituzionali.
Quest'ultima condizione comporta la necessita` di verificare in concreto
che l'attivita` di organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, sia
funzionale alla completa realizzazione degli scopi istituzionali (es. viaggio
e soggiorno organizzati per gli iscritti o associati in occasione di un
congresso nazionale o meeting internazionale).
ART. 111, COMMA 4-QUATER, DEL T.U.I.R.
Il comma 4-quater dell'art. 111 del T.U.I.R., introdotto dall'art.
5 del decreto legislativo n.460 del 1997, e` il seguente:
"4-quater. Per le organizzazioni sindacali e di categoria non si considerano
effettuate nell'esercizio di attivita` commerciali le cessioni delle pubblicazioni,
anche in deroga al limite di cui al comma 3, riguardanti i contratti collettivi
di lavoro, nonche` l'assistenza prestata prevalentemente agli iscritti,
associati o partecipanti in materia di applicazione degli stessi contratti
e di legislazione sul lavoro, effettuate verso pagamento di corrispettivi
che in entrambi i casi non eccedano i costi di diretta imputazione".
- Cessioni di pubblicazioni di contratti collettivi nazionali. Associazioni
sindacali e di categoria.
Non sono considerate commerciali le cessioni delle pubblicazioni riguardanti
i contratti collettivi nazionali di lavoro se effettuate dalle associazioni
sindacali e di categoria, anche in deroga al limite imposto dal comma 3
dell'art. 111. La non commercialita` e` in tali ipotesi riconosciuta anche
se le pubblicazioni sono cedute prevalentemente a terzi, a condizione che
i corrispettivi percepiti non eccedano i costi di diretta imputazione.
Si precisa che la locuzione costi di diretta imputazione va intesa secondo
i criteri gia` adottati in precedenza con riferimento ai c.d. costi specifici
nella circolare della soppressa Direzione Generale delle Imposte Dirette
n.40 del 26 novembre 1981.
- Assistenza in materia di contratti collettivi di lavoro e di legislazione
sul lavoro. Associazioni sindacali e di categoria.
Nei confronti delle associazioni sindacali e di categoria, a decorrere
dal 1 gennaio 1998, non si considera effettuata nell'esercizio di attivita`
commerciale l'assistenza in materia di applicazione di contratti collettivi
di lavoro e di legislazione sul lavoro a condizione che:
. l'attivita` sia prestata prevalentemente agli iscritti, associati
o partecipanti;
. i corrispettivi percepiti non eccedano i costi di diretta imputazione.
- Attivita` di assistenza fiscale.
Per completezza di esposizione si fa presente che rimane in vigore
la norma recata dall'art. 78, comma 8, della legge 30 dicembre 1991, n.
413, secondo la quale le prestazioni corrispondenti a quelle dei Centri
di assistenza fiscale "si considerano rilevanti ai fini delle imposte sui
redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, ancorche` rese da associazioni
sindacali e di categoria e rientranti tra le finalita` istituzionali delle
stesse in quanto richieste dall'associato per ottemperare ad obblighi di
legge derivanti dall'esercizio dell'attivita`".
5.3 Vincoli statutari per associazioni politiche, sindacali e
di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche,
di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona.
Art. 111, commi 4-quinquies e 4-sexies, del T.U.I.R.
Novita` di notevole rilevanza sono contenute nella disposizione recata
dall'art. 4-quinquies del nuovo art. 111 del T.U.I.R.
Tale norma consente l'applicabilita` del trattamento di favore recato
dal comma 3 dell'art. 111, nonche` quello previsto dai commi 4-bis, 4-ter
e 4- quater, dello stesso art. 111, a condizione che le associazioni destinatarie
degli anzidetti regimi:
1. abbiano redatto l'atto costitutivo o lo statuto nella forma dell'atto
pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata;
2. l'atto costitutivo o lo statuto siano conformi alle clausole indicate
nello stesso comma 4-quinquies dell'art. 111, dirette a garantire la non
lucrativita` dell'associazione e ad evitare fenomeni elusivi. Le anzidette
clausole possono essere riportate nell'atto costitutivo o nello statuto
anche con formulazioni diverse da quelle previste espressamente dal menzionato
comma 4-quinques dell'art. 111 del T.U.I.R., purche` di portata univoca.
I principi enunciati dalle suddette clausole devono risultare dagli
atti costitutivi o dagli statuti ai fini dell'applicabilita` del regime
di favore nei confronti delle associazioni politiche, sindacali e di categoria,
religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione
sociale e di formazione extra-scolastica della persona che fruiscono delle
citate disposizioni agevolative. Tali principi tendono ad assicurare:
a) il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili o avanzi
di gestione, nonche` fondi, riserve o capitale durante la vita dell'associazione,
salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge;
b) l'obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento
per qualunque causa, ad altra associazione con
finalita` analoghe o ai fini di pubblica utilita` e salvo diversa destinazione
imposta dalla legge. A tal fine dovra` essere sentito l'istituendo organismo
di controllo di cui all'articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre
1996, n. 662. Tale ultima prescrizione procedimentale relativa all'organismo
di controllo deve essere di fatto osservata ancorche` non sia necessario
riprodurla, quale clausola espressa, nello statuto o atto costitutivo;
c) la disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalita`
associative volte a garantire l'effettivita` del rapporto medesimo, escludendo
espressamente la temporaneita` della partecipazione alla vita associativa
e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'eta` il diritto
di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti
e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione;
d) l'obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico
e finanziario secondo le disposizioni statutarie;
e) l'eleggibilita` libera degli organi amministrativi, principio del
voto singolo di cui all'articolo 2532, secondo comma, del codice civile,
sovranita` dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri
di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicita`
delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci
o rendiconti;
f) l'intrasmissibilita` della quota o contributo associativo ad eccezione
dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilita` della stessa.
Si precisa che i vincoli statutari sopra indicati non si applicano
per gli enti associativi che, pur beneficiando della disposizione del comma
1 dell'art. 111 del T.U.I.R., relativa alla non imponibilita` delle quote
associative, non si avvalgono del regime agevolativo recato dai commi 3,
4- bis, 4-ter e 4-quater dello stesso articolo. - Distribuzione, anche
in modo indiretto, di utili o di avanzi di gestione e devoluzione del patrimonio
in caso di scioglimento dell'ente (lettere a) e b), comma 4-quinquies dell'art.
111 del T.U.I.R.)
Riguardo ai vincoli statutari imposti dal comma 4-quinquies dell'art.
111 del T.U.I.R. si ritiene di dovere evidenziare la novita` e la rilevanza,
anche ai fini dei principi generali in materia di enti non commerciali,
delle clausole riportate alle lettere a) e b) di detto comma. In sostanza
l'obbligo di non distribuzione degli utili, anche in modo indiretto, nonche`
l'obbligo di devolvere il patrimonio, in caso di scioglimento dell'associazione,
ad altro ente associativo con analoghe finalita` o ai fini di pubblica
utilita`, comporta che le particolari tipologie di enti associativi destinatari
del regime agevolativo recato dai commi 3, 4-bis, 4- ter e 4-quater dell'art.
111 del T.U.I.R. si configurino quali enti non lucrativi. Assume, pertanto,
rilievo ai fini della decommercializzazione di determinate attivita` l'assenza,
in capo ad alcuni enti non commerciali di tipo associativo, del fine di
lucro che si realizza attraverso il divieto di distribuzione di utili.
La finalita` non lucrativa costituisce un'ulteriore condizione cui
e` subordinato il regime di favore illustrato nei paragrafi precedenti
recati dai commi 3, 4-bis, 4-ter e 4-quater dell'art. 111. Circa la clausola
concernente il divieto di distribuzione di utili si rileva che la norma
non fornisce alcuna indicazione in ordine alla nozione di "distribuzione
indiretta" di utili o di avanzi di gestione. Si chiarisce, tuttavia, che
ai fini della interpretazione di tale nozione possono soccorrere i criteri
stabiliti all'art. 10, comma 6, dello stesso decreto legislativo n. 460
del 1997. Tale norma, infatti, nell'individuare particolari fattispecie
che "costituiscono in ogni caso distribuzione indiretta di utili o di avanzi
di gestione", seppure inserita fra le disposizioni della Sezione II del
decreto legislativo n. 460 in esame relativa alla disciplina tributaria
delle organizzazioni non lucrative di utilita` sociale, puo` configurarsi
come norma di riferimento anche per gli enti di tipo associativo.
- Disciplina dei rapporti associativi e libera eleggibilita` degli
organi amministrativi (lettere c) ed e), comma 4-quinquies, dell'art. 111
del T.U.I.R.)
La disciplina del rapporto associativo e il principio di democraticita`
comprendente il diritto al voto degli associati o partecipanti maggiori
di eta` e il diritto di nomina degli organi amministrativi (gia` recata
dal secondo periodo del previgente testo del comma 3 dell'art. 111 del
T.U.I.R.) e` estesa a tutte le tipologie di associazioni ammesse al regime
tributario recato dal comma 3 e dai commi 4-bis, 4-ter e 4-quater piu`
volte richiamati, (lettere c) ed e) del comma 4-quinquies dell'art. 111
del T.U.I.R) ad eccezione delle associazioni religiose riconosciute dalle
confessioni con le quali lo Stato ha stipulato, patti, accordi o intese,
nonche` delle associazioni politiche, sindacali e di categoria. Infatti,
le clausole riportate sotto le lettere c) ed e) del comma 4-quinquies dell'art.
111 del T.U.I.R., relative alla disciplina del rapporto associativo e alla
libera eleggibilita` degli organi amministrativi, non si applicano alle
associazioni religiose riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato
ha stipulato patti, accordi o intese, nonche` alle associazioni politiche,
sindacali e di categoria (comma 4-sexies dell'art. 111 del T.U.I.R.).
Per quanto riguarda le modalita` di espressione del voto, si ricorda
che nella relazione illustrativa del decreto legislativo n.460 del 1997
e` stato esplicitamente chiarito quanto segue:
"Non si e` ritenuto di ammettere i soci ad esprimere per corrispondenza
il proprio voto, cosi` come proposto dalla Commissione parlamentare, sul
rilievo che la ratio della norma, diretta a prevenire fattispecie elusive
(articolo 3, comma 187, lettera c) della legge di delega), richiede la
partecipazione reale e fisica dei soci alla vita dell'associazione".
Si precisa, tuttavia, in proposito che per le organizzazioni complesse
a carattere nazionale si deve tener conto della pratica impossibilita`
di garantire la partecipazione reale e fisica dei soci alla vita dell'associazione
nonche` del principio di democrazia rappresentativa fondato sul mandato;
pertanto per tali organizzazioni e` consentita l'espressione del voto da
parte degli associati mediante delega da conferire ad altri associati.
- Obbligo di redigere il rendiconto (lettera d), comma 4-quinquies,
dell'art.111 del T.U.I.R.)
Viene imposto alle associazioni ammesse a fruire del regime agevolativo
in argomento l'obbligo di redigere ed approvare annualmente un rendiconto
economico e finanziario riferito sia all'attivita` istituzionale sia a
quella commerciale eventualmente esercitata, indipendentemente dal regime
contabile, ordinario o semplificato, adottato dall'ente non commerciale.
Si chiarisce che la redazione del bilancio soddisfa tale obbligo. Il rendiconto
annuale, redatto secondo le modalita` stabilite dallo stesso ente nello
statuto, deve riassumere le vicende economiche e finanziarie dell'ente
in modo da costituire uno strumento di trasparenza e di controllo dell'intera
gestione economica e finanziaria dell'associazione. Deve trattarsi di documento
che evidenzia anche l'attivita` decommercializzata. La documentazione di
supporto di tale documento, anche se non fiscale, deve essere conservata
con le modalita` previste dal D.P.R. n.600 del 1973, attesa la rilevanza
attribuita allo stesso rendiconto annuale imposto da una norma tributaria
quale specifico requisito per l'applicazione di un particolare trattamento
di favore.
La mancata redazione ed approvazione del rendiconto annuale, determina
la non applicabilita` delle disposizioni concernenti la non commercialita`
recate dai commi 3, 4-bis, 4-ter e 4-quater dell'art. 111 del T.U.I.R.
citato.
5.3.1 Termini per la predisposizione o l'adeguamento degli statuti
Fino al 31 dicembre 1997 le associazioni ammesse a fruire del trattamento
tributario previsto delle disposizioni contenute nel comma 3 dell'art.
111 del T.U.I.R. potevano fruire dell'anzidetto regime agevolativo anche
in mancanza dell'atto costitutivo o dello statuto. A decorrere dal 1 gennaio
1998 viene imposto alle menzionate associazioni un onere nuovo ed ulteriore,
consistente, appunto, nella predisposizione dell'atto costitutivo o dello
statuto nella specifica forma dell'atto pubblico o della scrittura privata
autenticata o registrata. A decorrere dalla stessa data del 1 gennaio 1998
le associazioni, che gia` abbiano l'atto costitutivo o lo statuto, devono
altresi` verificare la compatibilita` del contenuto dei predetti atti con
le clausole sopra richiamate a pena di inammissibilita` del regime recato
dal nuovo testo del comma 3 dell'art. 111, nonche` dai commi 4-bis, 4-ter
e 4- quater dello stesso articolo. I termini per predisporre o adeguare
gli atti costitutivi o statuti o regolarizzare gli atti medesimi nelle
predette forme sono i seguenti:
- 6 mesi dall'entrata in vigore del decreto legislativo n.460 del 1997
(pertanto entro il 30 giugno 1998), per le associazioni religiose, assistenziali,
culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione
extra-scolastica della persona;
- 12 mesi dall'entrata in vigore del decreto legislativo n.460 del
1997 (pertanto entro il 31 dicembre 1998), per le associazioni politiche,
sindacali e di categoria.
Si precisa che entro i termini sopraindicati e` sufficiente che lo
statuto o l'atto costitutivo, conformemente alle disposizioni dell'art.
111, comma 4- quinquies, sia approvato dall'organo assembleare, ancorche`
non sia intervenuta, ove richiesta, l'approvazione dell'autorita` di controllo
competente. Per le associazioni a piu` larga valenza nazionale, come le
associazioni politiche, sindacali e di categoria, nonche` per le associazioni
di promozione sociale a carattere nazionale e` sufficiente che, entro il
predetto termine del 31 dicembre 1998, le clausole statutarie siano approvate
dall'organo direttivo, in attesa del successivo recepimento da parte dell'assemblea
o del congresso generale. Resta fermo che la mancata osservanza nei fatti
nonche` la mancata definitiva approvazione delle clausole anzidette comportano
il venir meno, fin dall'inizio, del regime agevolativo recato dai commi
3, 4-bis, 4-ter e 4-quater dell'art. 111 del T.U.I.R.
5.4 Imposta sul valore aggiunto
L'art. 5, comma 2, del decreto legislativo n. 460 del 1997, apporta
modifiche all'art. 4 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Tali modifiche sono intese a coordinare le disposizioni in materia
di I.V.A. relative agli enti di tipo associativo con le novita` introdotte
ai fini delle imposte sui redditi, allo scopo di escludere dal campo di
applicazione dell'I.V.A. le stesse attivita` non soggette ad imposizione
ai fini delle imposte sui redditi.
- ART. 4, COMMA 4, DEL D.P.R. N.633 DEL 1972
modificato l'ambito soggettivo di applicazione della norma recata dal
comma 4 dell'art. 4 del D.P.R. n.633 del 1972, nella parte in cui prevede
la non commercialita` delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi
rese in conformita` alle finalita` istituzionali, ancorche` dietro pagamento
di corrispettivi specifici, ai soci, associati o partecipanti, ad associazioni
che svolgono la medesima attivita` e che per legge, regolamento o statuto
fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, nonche` nei
confronti dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati
delle rispettive organizzazioni nazionali. Continuano ad essere destinatarie
dell'anzidetta disciplina, senza alcuna modifica, le associazioni politiche,
sindacali e di categoria, religiose, assistenziali e culturali, mentre
per le associazioni sportive la nuova disposizione delimita, a decorrere
dal 1 gennaio 1998, l'ambito applicativo del trattamento di favore "alle
associazioni sportive dilettantistiche".
Il nuovo comma 4 dell'art. 4 del D.P.R. n.633 del 1972 ha, inoltre,
esteso il regime di favore dal medesimo recato alle associazioni di promozione
sociale ed alle associazioni di formazione extra-scolastica della persona.
Pertanto, a decorrere dal 1 gennaio 1998, le tipologie associative
destinatarie della disposizione in esame sono le seguenti:
- associazioni politiche;
- associazioni sindacali;
- associazioni di categoria;
- associazioni religiose;
- associazioni assistenziali;
- associazioni culturali;
- associazioni sportive dilettantistiche;
- associazioni di promozione sociale;
- associazioni di formazione extra-scolastica della persona.
Viene parimenti modificato l'ambito soggettivo di applicazione della
disposizione del comma 5, lett. a), dell'art. 4, relativamente alla previsione
di non commercialita` delle cessioni di pubblicazioni cedute prevalentemente
ai propri associati. Le associazioni beneficiarie di tale regime sono le
stesse sopra elencate.
- ART. 4, COMMI 6, 7, 8, DEL D.P.R. N.633 DEL 1972
All'art. 4 del D.P.R. n. 633 del 1972 vengono aggiunti, dopo il quinto
comma, ulteriori tre commi.
Il nuovo sesto comma dell'art. 4 del D.P.R. n.633 del 1972 riproduce
il comma 4-bis dell'art. 111 del T.U.I.R., relativo alle associazioni di
promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'art. 3, comma 6,
lettera e), della legge n.287 del 1991, limitatamente alla previsione di
non commercialita` della somministrazione di alimenti e bevande. Si sottolinea
che, diversamente da quanto previsto dal comma 4-bis dell'art. 111 del
T.U.I.R., ai fini dell'IVA non e` riconosciuto carattere "non commerciale"
all'attivita` di organizzazione di viaggi e soggiorni turistici effettuata
dalle stesse associazioni di promozione sociale, le quali, pertanto, restano
assoggettate al tributo in base alla presunzione assoluta di commercialita`
disposta dall'art. 4, quinto comma, lett. g), del D.P.R. n.633 del 1972.
Il nuovo settimo comma dell'art. 4 del D.P.R. n.633 del 1972 subordina
l'applicabilita` delle disposizioni agevolative recate dai commi quarto,
secondo periodo, e sesto dello stesso art. 4 alla redazione dell'atto costitutivo
e dello statuto nelle forme dell'atto pubblico o della scrittura privata
autenticata o registrata, nonche` alla condizione che le associazioni interessate
si conformino alle specifiche clausole indicate nella medesima disposizione.
Dette clausole coincidono con quelle indicate nell'art. 111, comma 4-quinquies,
del T.U.I.R. (vedi paragrafo 5.3 relativo ai vincoli statutari per gli
enti di tipo associativo).
Il nuovo comma ottavo dell'art. 4 del D.P.R. n.633 del 1972 riproduce
il comma 4-sexies del citato art. 111 del T.U.I.R. che esonera le associazioni
religiose riconosciute dalle confessioni religiose con le quali lo Stato
ha stipulato patti, accordi o intese nonche` le associazioni politiche,
sindacali e di categoria dal recepimento delle clausole recate dalle lettere
c) ed e) del precedente comma, relative alla disciplina del rapporto associativo
e della libera eleggibilita` degli organi amministrativi, e cio` al fine
di salvaguardare la peculiare struttura delle anzidette organizzazioni.
Si evidenzia che, diversamente da quanto previsto dal comma 4-ter dell'art.
111 del T.U.I.R., ai fini dell'imposta del valore aggiunto non e` stata
sancita la "decommercializzazione" delle attivita` di organizzazione di
viaggi e soggiorni turistici effettuate dalle associazioni politiche, sindacali,
di categoria e dalle associazioni riconosciute da confessioni religiose
con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nei confronti
dei soci, associati o partecipanti. Tali attivita`, pertanto, ancorche`
svolte dalle predette associazioni sono assoggettate all'I.V.A.
Sono ugualmente imponibili ai fini dell'IVA, in assenza di una norma
espressa di esclusione analoga a quella recata dal comma 4-quater dell'art.111
del T.U.I.R., le cessioni di pubblicazioni riguardanti i contratti collettivi
di lavoro, qualora le stesse non siano effettuate prevalentemente a favore
dei soci o degli associati, nonche` le prestazioni di assistenza in materia
di applicazione di contratti collettivi di lavoro, e di legislazione sul
lavoro effettuate nei confronti di terzi.
Per i chiarimenti relativi alle modifiche apportate al testo dell'art.
4 del D.P.R. n. 633 del 1972, si rinvia a quanto precisato nei paragrafi
precedenti in relazione alle corrispondenti norme contenute nei commi 4-bis,
relativamente alla somministrazione di alimenti e bevande, 4-quinquies
e 4- sexies dell'art. 111 del T.U.I.R.
6. SCRITTURE CONTABILI DEGLI ENTI NON COMMERCIALI
L'art. 20 del D.P.R. 29 settembre 1973, n.600, che reca disposizioni
in ordine agli obblighi contabili degli enti non commerciali, e` stato
integrato, con l'aggiunta di ulteriori due commi, dall'art. 8 del decreto
legislativo n.460 del 1997.
Nessuna modifica e` stata apportata al comma 1 dell'anzidetto art.
20 del D.P.R. n. 600 del 1973 il cui testo e` il seguente:
"Le disposizioni degli articoli 14, 15, 16, 17 e 18 si applicano, relativamente
alle attivita` commerciali eventualmente esercitate, anche agli enti soggetti
all'imposta sul reddito delle persone giuridiche che non hanno per oggetto
esclusivo o principale l'esercizio di attivita` commerciali".
I commi introdotti nel citato art. 20 del D.P.R. n.600 del 1973 dal
decreto legislativo n.460 del 1997, dispongono:
"Indipendentemente alla redazione del rendiconto annuale economico
e finanziario, gli enti non commerciali che effettuano raccolte pubbliche
di fondi devono redigere, entro quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio,
un apposito e separato rendiconto tenuto e conservato ai sensi dell'articolo
22, dal quale devono risultare, anche a mezzo di una relazione illustrativa,
in modo chiaro e trasparente, le entrate e le spese relative a ciascuna
delle celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione indicate
nell'articolo 108, comma 2-bis, lettera a), testo unico delle imposte sui
redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917. Gli enti soggetti alla determinazione forfetaria del reddito
ai sensi del comma 1 dell'articolo 109-bis del testo unico delle imposte
sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n.917, che abbiano conseguito nell'anno solare precedente ricavi
non superiori a lire 30 milioni, relativamente alle attivita` di prestazione
di servizi, ovvero a lire 50 milioni negli altri casi, assolvono gli obblighi
contabili di cui all'articolo 18, secondo le disposizioni di cui al comma
166 dell'articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662".
Con il nuovo secondo comma dell'articolo 20 del D.P.R. n.600 del 1973,
ferma restando la obbligatorieta` delle scritture contabili previste dal
primo comma del medesimo articolo, viene introdotto uno specifico obbligo
di rendicontazione in relazione all'agevolazione recata dal comma 2-bis
dell'art. 108 del T.U.I.R. (introdotto dall'art. 2 del decreto legislativo
n.460 del 1997) per le raccolte pubbliche di fondi effettuate occasionalmente
dagli enti non commerciali in concomitanza di ricorrenze, celebrazioni
e campagne di sensibilizzazione.
Dette attivita` devono essere oggetto - al fine, tra l'altro, di salvaguardare
in modo scrupoloso i principi di trasparenza e di rappresentare correttamente
i fatti della gestione nell'interesse di coloro che intendono partecipare
a tali attivita` - di una rigorosa rendicontazione, indipendentemente anche
dalla redazione del rendiconto annuale economico e finanziario di cui agli
artt. 111, comma 4-quinquies, del T.U.I.R. e 4, settimo comma, del D.P.R.
n.633 del 1972. Deve, pertanto, essere redatto, entro quattro mesi dalla
chiusura dell'esercizio sociale, un apposito e separato rendiconto, tenuto
e conservato ai sensi dell'art. 22 del D.P.R. n.600 del 1973. Ne consegue
che, al pari degli altri documenti contabili, il rendiconto va conservato,
agli effetti fiscali, fino a quando non sia divenuto definitivo l'accertamento
relativo al periodo d'imposta cui il rendiconto stesso si riferisce e,
quindi, in caso di controversia, anche oltre il termine decennale previsto
dall'art. 2220 del codice civile.
Nel rendiconto vanno riportate, in modo chiaro e trasparente, le entrate
e le spese afferenti ciascuna delle manifestazioni (celebrazioni, ricorrenze
o campagne di sensibilizzazione) previste dall'art. 108, comma 2-bis, lett.
a) del T.U.I.R., che hanno originato le entrate e le spese medesime. Il
rendiconto deve essere accompagnato, ove necessario, da una relazione illustrativa
concernente le entrate e le spese anzidette. E` appena il caso di precisare
che il predetto rendiconto deve essere redatto sia dagli enti non commerciali
che si avvalgono del regime di contabilita` ordinaria sia da quelli che
si avvalgono del regime di contabilita` semplificata previsto dall'art.
18 del D.P.R. n.600 del 1973.
Con il nuovo terzo comma dell'art. 20 del D.P.R. n.600 del 1973, introdotto
dall'art. 8 del decreto legislativo n.460 del 1997, viene stabilito che
gli enti non commerciali soggetti alla determinazione forfetaria del reddito,
ai sensi dell'art. 109-bis del T.U.I.R., e che abbiano conseguito nell'anno
solare precedente ricavi non superiori a lire 30 milioni, relativamente
alla attivita` di prestazione di servizi, ovvero a lire 50 milioni negli
altri casi, assolvono gli obblighi contabili di cui all'art. 18 del D.P.R.
n.600 del 1973 secondo le disposizioni di cui al comma 166 dell'art. 3
della legge 23 dicembre 1996, n.662.
In particolare, permanendo, se prescritti, gli obblighi di fatturazione
e certificazione dei corrispettivi, i soggetti stessi possono annotare
l'ammontare complessivo, distinto per aliquota, delle operazioni fatturate
in ciascun mese, con riferimento allo stesso mese, entro il giorno 15 del
mese successivo, nei registri previsti ai fini I.V.A. ovvero nell'apposito
prospetto riepilogativo, che tiene luogo dei registri stessi, conforme
al modello approvato con decreto del Ministro delle finanze 11 febbraio
1997, pubblicato nella G.U. n.37 del 14 febbraio 1997, ed alle relative
istruzioni. Inoltre, i soggetti medesimi devono annotare entro il termine
previsto per le liquidazioni trimestrali dell'I.V.A., l'importo complessivo
imponibile mensile o trimestrale degli acquisiti e delle importazioni indicando
l'imposta detraibile nel registro di cui all'art. 25 del D.P.R. n.633 del
1972 o nel prospetto sopra menzionato di cui al modello approvato con il
citato D.M. 11 febbraio 1997 (circolare ministeriale n.10/E del 17 gennaio
1997).
Si precisa, infine, che i soggetti in questione, che fruiscono delle
predette semplificazioni contabili, devono, comunque, osservare l'obbligo
di redigere l'apposito rendiconto previsto dal nuovo comma 2 dell'art.
20 del D.P.R. n.600 del 1973.
7. AGEVOLAZIONI TEMPORANEE PER IL TRASFERIMENTO DI BENI PATRIMONIALI
7.1 Trasferimento a titolo gratuito di aziende o beni
L'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n.460 del 1997 introduce
un regime agevolativo transitorio relativo ai trasferimenti a titolo gratuito
di aziende o beni a favore di enti non commerciali effettuati entro il
30 settembre 1998, al fine di favorire il potenziamento patrimoniale degli
stessi. Il trasferimento puo` essere effettuato indistintamente da persone
fisiche, da societa` semplici, da imprese commerciali esercitate in forma
sia individuale che societaria e da enti non commerciali. Il soggetto destinatario
del trasferimento di aziende o beni deve essere un ente non commerciale
o una organizzazione non lucrativa di utilita` sociale, escluse le societa`
cooperative.
7.1.1 Ambito oggettivo, condizioni e limiti
Il trasferimento a titolo gratuito deve riguardare aziende, complessi
aziendali o singoli rami di azienda nonche` singoli beni e deve essere
effettuato a titolo gratuito con atto sottoposto a registrazione entro
il 30 settembre 1998. L'ente non commerciale beneficiario deve dichiarare
nell'atto di trasferimento che intende utilizzare direttamente i beni per
lo svolgimento della propria attivita`, con la conseguenza che per gli
stessi non e` ammessa la possibilita` di utilizzo non strumentale all'attivita`
esercitata dall'ente, intendendosi per tale sia quella istituzionale che
quella commerciale eventualmente esercitata. Considerata la finalita` della
norma, che e` quella di realizzare un potenziamento patrimoniale dell'ente
non commerciale, si ritiene che la medesima e` parimenti rispettata qualora
l'ente non commerciale proceda alla cessione dei beni acquisiti gratuitamente
impiegando l'intero corrispettivo conseguito nell'acquisto di altri beni
strumentali da utilizzare nell'ambito dell'attivita` propria dell'ente
stesso.
7.1.2 Agevolazioni ai fini delle imposte sui redditi
Ai sensi del comma 1 dell'art. 9 in esame nei confronti del soggetto
cedente il trasferimento a titolo gratuito di aziende o beni non da luogo,
ai fini delle imposte sui redditi, a realizzo o a distribuzione di plusvalenze
o minusvalenze, comprese quelle relative alle rimanenze e compreso il valore
di avviamento mentre per l'ente non commerciale beneficiario la predetta
acquisizione di beni non costituisce presupposto per la tassazione di sopravvenienze
attive nei suoi confronti.
7.1.3 Agevolazioni ai fini delle imposte indirette
Il trasferimento a titolo gratuito di aziende o beni a favore di enti
non commerciali e` esente dalle imposte sulle successioni e donazioni,
ipotecarie e catastali, Invim e relativa imposta sostitutiva e non e` soggetto
all'imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'art. 2, terzo comma, lett.
b), del D.P.R. n. 633 del 1972.
7.1.4 Trasferimento dell'unica azienda dell'imprenditore cedente
Ai sensi dell'art. 9, comma 1, del decreto legislativo. n.460 del 1997
nel caso in cui il trasferimento abbia ad oggetto l'unica azienda dell'imprenditore
cedente, questi ha l'obbligo di affrancare le riserve o fondi in sospensione
di imposta eventualmente costituiti in precedenza previo pagamento di un'imposta
sostitutiva dell'IRPEF e dell'IRPEG pari al 25 per cento. Al riguardo,
si precisa che il codice tributo utilizzabile per il versamento dell'imposta
sostitutiva e` il 1674 denominato "Imposta sostitutiva Irpef, Irpeg, Ilor,
Iva, su riserve e fondi in sospensione di imposta e su saldi attivi di
rivalutazione". Il periodo di riferimento da indicare sui modelli di versamento
e` l'anno per il quale si effettuano i versamenti. Relativamente alle modalita`
di versamento si fa richiamo alla nota del 24 febbraio 1998, prot. n.1998/21572
della Direzione Centrale per la Riscossione con la quale e` stato precisato
quanto segue.
Nel caso in cui il versamento dell'imposta sostitutiva in argomento
e` dovuto da soggetti non titolari di partita IVA lo stesso va effettuato
ai concessionari del servizio della riscossione competenti in base al domicilio
fiscale del contribuente, utilizzando la distinta Mod. 8 ovvero il bollettino
di conto corrente postale Mod. 11. Le persone fisiche e le societa` di
persone possono effettuare il versamento anche mediante delega alla banca,
utilizzando il modello di delega unica di cui al decreto ministeriale 25
settembre 1995 (grafica colore azzurro). Nell'ipotesi in cui il medesimo
versamento e` dovuto da soggetti titolari di partita IVA lo stesso va effettuato
ai concessionari per il servizio della riscossione competenti in base al
domicilio fiscale del contribuente, utilizzando rispettivamente la distinta
Mod. 22 o la delega di pagamento Mod. D, ovvero, nel caso di pagamento
tramite gli uffici postali, il bollettino Mod. 31. I pagamenti effettuati
successivamente alla data di entrata in vigore del decreto di attuazione
delle disposizioni di cui all'art. 24 del decreto legislativo 9 luglio
1997, n.241, saranno eseguiti secondo le modalita` di cui al decreto stesso,
attualmente in corso di perfezionamento.
Per i saldi attivi di rivalutazione costituiti ai sensi della legge
29 dicembre 1990, n.408 e della legge 30 dicembre 1991, n.413 relative
alle disposizioni tributarie in materia di rivalutazione dei beni, smobilizzo
di riserve e di fondi e per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili
delle imprese, l'imposta sostitutiva delle imposte di cui sopra e` fissata
nella misura del 10 per cento e non spetta il credito di imposta previsto
dall'art. 4, comma 5 della citata legge n.408 del 1990 e dell'art. 26,
comma 5 della predetta legge n.413 del 1991.
Anche per detta imposta sostitutiva il codice tributo e` il 1674 e
per il versamento valgono le medesime modalita` sopra richiamate. L'ultima
parte del comma 1 dell'art. 9 in commento stabilisce che le riserve e i
fondi indicati nelle lettere b) e c) del comma 7 dell'art. 105 del T.U.I.R.
sono assoggettati ad imposta sostitutiva della maggiorazione di conguaglio
con aliquota rispettivamente del 5 per cento e del 10 per cento. In proposito,
si ritiene che la norma possa trovare applicazione nei confronti dei soggetti
il cui periodo d'imposta non coincide con l'anno solare per i quali non
spiega ancora effetto l'art. 1, comma 1 del decreto legislativo 18 dicembre
1997, n.467, concernente disposizioni in materia di imposta sostitutiva
della maggiorazione di conguaglio e di credito di imposta sugli utili societari;
resta inteso, invece, che per il periodo d'imposta in cui si applica la
disciplina dell'affrancamento obbligatorio delle riserve da assoggettare
a maggiorazione di conguaglio l'imposta sostitutiva sulle anzidette riserve
sara` quella determinata con le percentuali previste dal citato decreto
legislativo n.467 del 1997 e non quella determinata con le percentuali
previste dall'art. 9 del decreto legislativo n.460 del 1997.
Ai fini del versamento della predetta imposta, si fa presente che il
codice tributo, cosi` come precisato con la citata nota del 24 febbraio
1998, e` il 1675 denominato "Imposta sostitutiva sui fondi in sospensione
di imposta e soggetti a maggiorazione di conguaglio". Anche in questo caso
sono applicabili le medesime modalita` di versamento gia` richiamate.
7.2 Esclusione dal patrimonio dell'impresa dell'ente non commerciale
degli immobili strumentali per destinazione
L'art. 9, comma 2, del decreto legislativo. n.460 del 1997 stabilisce
che l'ente non commerciale che alla data del 1 gennaio 1998 utilizzi beni
immobili strumentali di cui al primo periodo del comma 2 dell'articolo
40 del T.U.I.R. (immobili strumentali per destinazione) puo`, entro il
30 settembre 1998, optare per l'esclusione dei beni stessi dal patrimonio
dell'impresa, con effetto dall'anno 1998, mediante il pagamento di una
somma a titolo di imposta sostitutiva dell'IRPEG e dell'IVA. L'imposta
sostitutiva e` dovuta nella misura del 5 per cento del valore dell'immobile
determinato con i criteri dell'articolo 52, comma 4, del testo unico delle
disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto Presidente
della Repubblica 26 aprile 1986, n.131, nel caso in cui gli stessi provengano
dal patrimonio personale e del 10 per cento nel caso di acquisto in regime
di impresa. Ai fini dell'applicazione delle predette disposizioni, l'ultimo
periodo del comma 2 dell'art. 9 in esame prevede che per bene proveniente
dal patrimonio deve ritenersi il bene, di proprieta` dell'ente stesso non
acquistato nell'esercizio dell'impresa, indipendentemente dall'anno di
acquisizione e dal periodo di tempo intercorso tra l'acquisto e l'utilizzazione
nell'impresa.
consegue che sono da ritenere immobili non provenienti dal patrimonio
dell'ente quelli acquistati per essere adibiti nell'attivita` di impresa
quando tale circostanza risulti dall'atto di acquisto ovvero quelli indicati
nelle scritture contabili cronologiche (libro giornale o registro degli
acquisti) relative al periodo d'imposta nel quale l'acquisizione si e`
verificata i quali hanno avuto una incidenza nella gestione dell'attivita`
commerciale stessa avendo, ad esempio, consentito la detrazione dell'IVA
pagata all'acquisto o la deduzione di quote di ammortamento.
Sulla base di quanto precede, deve ritenersi che gli immobili che sono
transitati dal patrimonio dell'ente a quello dell'impresa in periodi di
imposta successivi a quello di acquisizione non sono da considerarsi acquistati
in regime di impresa, a nulla rilevando che gli stessi siano indicati nell'inventario
o nel registro dei beni ammortizzabili e/o siano state portate in deduzione
le relative quote di ammortamento agli effetti della determinazione del
reddito di impresa.
7.2.1 Condizione per avvalersi della opzione
Possono avvalersi dell'opzione in esame gli enti che, con riferimento
alla data in cui l'opzione viene esercitata continuano a svolgere attivita`
commerciali, con la conseguenza che tale facolta` resta preclusa nelle
ipotesi in cui detta attivita` sia venuta a cessare. Si precisa che l'attivita`
di impresa e` da ritenersi cessata anche nell'ipotesi di affitto o di concessione
in usufrutto dell'unica azienda, atteso che per l'intera durata dell'affitto
o della concessione in usufrutto detta attivita` viene a mancare, come
si desume, agli effetti delle imposte sui redditi, dall'art. 81, comma
1, lett. h), del T.U.I.R.
7.2.2 Determinazione del valore cui applicare le aliquote
Ai fini della determinazione del valore cui applicare le aliquote del
5 o del 10 per cento, secondo i criteri previsti dal comma 4 dell'art.
52 del D.P.R. n.131 del 1986, richiamato dal comma 2 dell'art. 9 del decreto
legislativo n.460 del 1997, va assunta la rendita catastale attribuita
all'unita` immobiliare, determinata a seguito della revisione generale
disposta con il decreto del Ministro delle finanze del 20 gennaio 1990
(in G.U. del 7 febbraio 1990, n.31), moltiplicata per i coefficienti stabiliti
con decreto del Ministro delle finanze del 14 dicembre 1991. Per le unita`
immobiliari non ancora censite in catasto vanno assunte le rendite catastali
attribuite alle unita` immobiliari similari gia` censite. Al riguardo,
si fa presente che il codice tributo stabilito per il pagamento della predetta
imposta sostitutiva e` 1676 denominato "imposta sostitutiva Irpeg, Ilor,
Iva - art. 9, comma 2, D.Lgs n.460/97". Il periodo di riferimento da indicare
sui modelli di versamento e` l'anno per il quale si effettuano i versamenti.
Relativamente alle modalita` di versamento si richiamano le relative istruzioni
indicate nella nota della Direzione Centrale della riscossione del 24 febbraio
1998 piu` volte citata.
7.2.3 Effetti del mancato esercizio dell'opzione
Il mancato esercizio dell'opzione e/o l'omesso versamento dell'imposta
sostitutiva dovuta entro la data del 30 settembre 1998 comporta che gli
immobili strumentali in argomento continuano ad essere considerati relativi
all'attivita` di impresa dell'ente non commerciale. Restano salve, ai fini
dei controlli della regolarita` delle dichiarazioni di opzione e dei relativi
versamenti dell'imposta sostitutiva, le disposizioni contenute nel D.P.R.
29 settembre 1973, n.600 in materia di accertamento e quelle di cui al
D.P.R. 29 settembre 1973, n.602 in materia di riscossione.
7.2.4 Modalita` di presentazione della dichiarazione di opzione
Con istruzioni che verranno emanate con decreto del Ministro delle finanze, in corso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e` stato stabilito che la dichiarazione di opzione, conforme allo schema allegato al predetto decreto ministeriale, va predisposta in carta libera e spedita a mezzo raccomandata senza avviso di ricevimento, all'ufficio delle Imposte Dirette ovvero, ove esistente, all'Ufficio delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale alla data di presentazione della dichiarazione stessa. Si ricorda che nella dichiarazione di opzione vanno riportati gli estremi del versamento dell'imposta sostitutiva e alla dichiarazione stessa va allegata copia della distinta rilasciata dal concessionario o, se il versamento e` fatto mediante il servizio postale, l'attestazione rilasciata dal competente ufficio.
Uffici in indirizzo sono pregati di dare la massima diffusione al contenuto
della presente circolare.