"Disposizioni per la promozione
di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza"
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 207 del 5 settembre 1997
Art. 1.
(Fondo nazionale per l'infanzia
e l'adolescenza)
1. É istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri,
il Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza finalizzato alla realizzazione
di interventi a livello nazionale, regionale e locale per favorire la promozione
dei diritti, la qualità della vita, lo sviluppo, la realizzazione
individuale e la socializzazione dell'infanzia e dell'adolescenza, privilegiando
l'ambiente ad esse piú confacente ovvero la famiglia naturale, adottiva
o affidataria, in attuazione dei princípi della Convenzione sui
diritti del fanciullo resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991,
n. 176, e degli articoli 1 e 5 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
2. Il Fondo é ripartito tra le regioni e le province autonome
di Trento e di Bolzano. Una quota pari al 30 per cento delle risorse del
Fondo é riservata al finanziamento di interventi da realizzare nei
comuni di Venezia, Milano, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli,
Bari, Brindisi, Taranto, Reggio Calabria, Catania, Palermo e Cagliari.
La ripartizione del Fondo e della quota riservata avviene, per il 50 per
cento, sulla base dell'ultima rilevazione della popolazione minorile effettuata
dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e per il 50 per cento secondo
i seguenti criteri:
a) carenza di strutture per la prima infanzia secondo le indicazioni
del Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia della
Presidenza del Consiglio dei ministri;
b) numero di minori presenti in presídi residenziali
socio-assistenziali in base all'ultima rilevazione dell'ISTAT;
c) percentuale di dispersione scolastica nella scuola dell'obbligo
come accertata dal Ministero della pubblica istruzione;
d) percentuale di famiglie con figli minori che vivono al di
sotto della soglia di povertà cosí come stimata dall'ISTAT;
e) incidenza percentuale del coinvolgimento di minori in attività
criminose come accertata dalla Direzione generale dei servizi civili del
Ministero dell'interno, nonché dall'Ufficio centrale per la giustizia
minorile del Ministero di grazia e giustizia.
3. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, il Ministro per la solidarietà sociale, con proprio decreto
emanato di concerto con i Ministri dell'interno, del tesoro, di grazia
e giustizia e con il Ministro per le pari opportunità, sentite la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano nonché le Commissioni parlamentari
competenti, provvede alla ripartizione delle quote del Fondo tra le regioni
e le province autonome di Trento e di Bolzano e di quelle riservate ai
comuni, ai sensi del comma 2.
4. Per il finanziamento del Fondo é autorizzata la spesa di
lire 117 miliardi per l'anno 1997 e di lire 312 miliardi a decorrere dall'anno
1998.
Art. 2.
(Ambiti territoriali di intervento)
1. Le regioni, nell'ambito della programmazione regionale, definiscono,
sentiti gli enti locali, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge
8 giugno 1990, n. 142, ogni tre anni, gli ambiti territoriali di intervento,
tenuto conto della presenza dei comuni commissariati ai sensi dell'articolo
15- bis della legge 19 marzo 1990, n. 55, e successive modificazioni,
e procedono al riparto economico delle risorse al fine di assicurare l'efficienza
e l'efficacia degli interventi e la partecipazione di tutti i soggetti
coinvolti. Possono essere individuati, quali ambiti ter ritoriali di intervento,
comuni, comuni associati ai sensi degli articoli 24, 25 e 26 della legge
8 giugno 1990, n. 142, comunità montane e province.
2. Gli enti locali ricompresi negli ambiti territoriali di intervento
di cui al comma 1, mediante accordi di programma definiti ai sensi dell'articolo
27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, cui partecipano, in particolare,
i provveditorati agli studi, le aziende sanitarie locali e i centri per
la giustizia minorile, approvano piani territoriali di intervento della
durata massima di un triennio, articolati in progetti immediatamente esecutivi,
nonché il relativo piano economico e la prevista copertura finanziaria.
Gli enti locali assicurano la partecipazione delle organizzazioni non lucrative
di utilità sociale nella definizione dei piani di intervento. I
piani di intervento sono trasmessi alle regioni, che provvedono all'approvazione
ed alla emanazione della relativa delibera di finanziamento a valere sulle
quote del Fondo di cui all'articolo 1 ad esse attribuite ai sensi del medesimo
articolo 1, comma 3, nei limiti delle disponibilità assegnate ad
ogni ambito territoriale, entro i successivi sessanta giorni. Le regioni
possono impiegare una quota non superiore al 5 per cento delle risorse
loro attribuite per la realizzazione di programmi interregionali di scambio
e di formazione in materia di servizi per l'infanzia e per l'adolescenza.
3. Le regioni possono istituire fondi regionali per il finanziamento
dei piani di intervento ad integrazione delle quote di competenza regionale
del Fondo di cui all'articolo 1, nonché di interventi non finanziati
dallo stesso Fondo.
Art. 3.
(Finalità dei progetti)
1. Sono ammessi al finanziamento del Fondo di cui all'articolo 1 i progetti che perseguono le seguenti finalità:
a) realizzazione di servizi di preparazione e di sostegno alla
relazione genito re-figli, di contrasto della povertà e della violenza,
nonché di misure alternative al ricovero dei minori in istituti
educativo-assistenziali, tenuto conto altresí della condizione dei
minori stranieri;
b) innovazione e sperimentazione di servizi socio-educativi
per la prima infanzia;
c) realizzazione di servizi ricreativi ed educativi per il tempo
libero, anche nei periodi di sospensione delle attività didattiche;
d) realizzazione di azioni positive per la promozione dei diritti
dell'infanzia e dell'adolescenza, per l'esercizio dei diritti civili fondamentali,
per il miglioramento della fruizione dell'ambiente urbano e naturale da
parte dei minori, per lo sviluppo del benessere e della qualità
della vita dei minori, per la valorizzazione, nel rispetto di ogni diversità,
delle caratteristiche di genere, culturali ed etniche;
e) azioni per il sostegno economico ovvero di servizi alle famiglie
naturali o affidatarie che abbiano al loro interno uno o piú minori
con handicap al fine di migliorare la qualità del gruppo-famiglia
ed evitare qualunque forma di emarginazione e di istituzionalizzazione.
Art. 4.
(Servizi di sostegno alla relazione genitore-figli, di contrasto della povertà e della violenza, nonché misure alternative al ricovero dei minori in istituti educativo-assistenziali)
1. Le finalità dei progetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a) , possono essere perseguite, in particolare, attraverso:
a) l'erogazione di un minimo vitale a favore di minori in stato
di bisogno inseriti in famiglie o affidati ad uno solo dei genitori, anche
se separati;
b) l'attività di informazione e di sostegno alle scelte
di maternità e paternità, facilitando l'accesso ai servizi
di assistenza alla famiglia ed alla maternità di cui alla legge
29 luglio 1975, n. 405, e successive modificazioni;
c) le azioni di sostegno al minore ed ai componenti della famiglia
al fine di realizzare un'efficace azione di prevenzione delle situazioni
di crisi e di rischio psico-sociale anche mediante il potenziamento di
servizi di rete per interventi domiciliari, diurni, educativi territoriali,
di sostegno alla frequenza scolastica e per quelli di pronto intervento;
d) gli affidamenti familiari sia diurni che residenziali;
e) l'accoglienza temporanea di minori, anche sieropositivi,
e portatori di handicap fisico, psichico e sensoriale, in piccole
comunità educativo-riabilitative;
f) l'attivazione di residenze per donne agli arresti domiciliari
nei casi previsti dall'articolo 47- ter, comma 1, numero 1), della
legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, alle quali possono
altresí accedere i padri detenuti, qualora la madre sia deceduta
o sia assolutamente impossibilitata a prestare assistenza ai figli minori;
g) la realizzazione di case di accoglienza per donne in difficoltà
con figli minori, o in stato di gravidanza, nonché la promozione
da parte di famiglie di accoglienze per genitori unici esercenti la potestà
con figli minori al seguito;
h) gli interventi di prevenzione e di assistenza nei casi di
abuso o di sfruttamento sessuale, di abbandono, di maltrattamento e di
violenza sui minori;
i) i servizi di mediazione familiare e di consulenza per famiglie
e minori al fine del superamento delle difficoltà relazionali;
l) gli interventi diretti alla tutela dei diritti del bambino
malato ed ospedalizzato.
2. La realizzazione delle finalità di cui al presente articolo avviene mediante progetti personalizzati integrati con le azioni previste nei piani socio-sanitari regionali.
Art. 5.
(Innovazione e sperimentazione di servizi socio-educativi per la prima infanzia)
1. Le finalità dei progetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), possono essere perseguite, in particolare, attraverso:
a) servizi con caratteristiche educative, ludiche, culturali
e di aggregazione sociale per bambini da zero a tre anni, che prevedano
la presenza di genitori, familiari o adulti che quotidianamente si occupano
della loro cura, organizzati secondo criteri di flessibilità;
b) servizi con caratteristiche educative e ludiche per l'assistenza
a bambini da diciotto mesi a tre anni per un tempo giornaliero non superiore
alle cinque ore, privi di servizi di mensa e di riposo pomeridiano.
2. I servizi di cui al comma 1 non sono sostitutivi degli asili nido previsti dalla legge 6 dicembre 1971, n. 1044, e possono essere anche autorganizzati dalle famiglie, dalle associazioni e dai gruppi.
Art. 6.
(Servizi ricreativi ed educativi
per il tempo libero)
1. Le finalità dei progetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera
c), possono essere perseguite, in particolare, attraverso il sostegno
e lo sviluppo di servizi volti a promuovere e a valorizzare la partecipazione
dei minori a livello propositivo, decisionale e gestionale in esperienze
aggregative, nonché occasioni di riflessione su temi rilevanti per
la convivenza civile e lo sviluppo delle capacità di socializzazione
e di inserimento nella scuola, nella vita aggregativa e familiare.
2. I servizi di cui al comma 1 sono realizzati attraverso operatori
educativi con specifica competenza professionale e possono essere previsti
anche nell'ambito dell'at tuazione del regolamento recante la disciplina
delle iniziative complementari e delle attività integrative nelle
istituzioni scolastiche, emanato con decreto del Presidente della Repubblica
10 ottobre 1996, n. 567.
Art. 7.
(Azioni positive per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza)
1. Le finalità dei progetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), possono essere perseguite, in particolare, attraverso:
a) interventi che facilitano l'uso del tempo e degli spazi urbani
e naturali, rimuovono ostacoli nella mobilità, ampliano la fruizione
di beni e servizi ambientali, culturali, sociali e sportivi;
b) misure orientate alla promozione della conoscenza dei diritti
dell'infanzia e dell'adolescenza presso tutta la cittadinanza ed in particolare
nei confronti degli addetti a servizi di pubblica utilità;
c) misure volte a promuovere la partecipazione dei bambini e
degli adolescenti alla vita della comunità locale, anche amministrativa.
Art. 8.
(Servizio di informazione,
promozione, consulenza, monitoraggio
e supporto tecnico)
1. Il Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio
dei ministri attiva un servizio di informazione, di promozione, di consulenza,
di monitoraggio e di supporto tecnico per la realizzazione delle finalità
della presente legge. A tali fini il Dipartimento si avvale del Centro
nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia.
2. Il servizio svolge le seguenti funzioni:
a) provvede alla creazione di una banca dati dei progetti realizzati
a favore dell'infanzia e dell'adolescenza;
b) favorisce la diffusione delle conoscenze e la qualità
degli interventi;
c) assiste, su richiesta, gli enti locali e territoriali ed
i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, nella elaborazione dei progetti
previsti dai piani territoriali di intervento, con particolare attenzione,
altresí, per la realizzazione dei migliori progetti nelle aree di
cui all'obiettivo 1 del regolamento (CEE) n. 2052/88 del Consiglio del
24 giugno 1988, come definite dalla Commissione delle Comunità europee.
3. Il servizio, in caso di rilevata necessità, per le funzioni
di segreteria tecnica relative alle attività di promozione e di
monitoraggio e per le attività di consulenza e di assistenza tecnica,
puó avvalersi, sulla base di apposite convenzioni, di enti e strutture
da individuare nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria sugli
appalti pubblici di servizi.
4. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, il Ministro per la solidarietà sociale, sentite le Commissioni
parlamentari competenti, con proprio decreto, definisce le modalità
organizzative e di funzionamento per l'attuazione del servizio.
5. Per il funzionamento del servizio é autorizzata la spesa
annua di lire 3 miliardi a decorrere dal 1997.
Art. 9.
(Valutazione dell'efficacia della spesa)
1. Entro il 30 giugno di ciascun anno, le regioni e le province autonome
di Trento e di Bolzano presentano una relazione al Ministro per la solidarietà
sociale sullo stato di attuazione degli interventi previsti dalla presente
legge, sulla loro efficacia, sull'impatto sui minori e sulla società,
sugli obiettivi conseguiti e sulle misure da adottare per migliorare le
condizioni di vita dei minori nel rispettivo territorio. Qualora, entro
due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni
non abbiano provveduto all'impegno contabile delle quote di competenza
del Fondo di cui all'articolo 1 ed all'individuazione degli ambiti territoriali
di intervento di cui all'articolo 2, il Ministro per la solidarietà
sociale, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvede alla
ridestinazione dei fondi alle regioni ed alle province autonome di Trento
e di Bolzano.
2. Per garantire la tempestiva attuazione degli interventi di cui alla
presente legge nei comuni commissariati, il Ministro dell'interno, con
proprio decreto, emanato di concerto con il Ministro per la solidarietà
sociale, provvede a definire le funzioni delle prefetture competenti per
territorio per il sostegno e l'assistenza ai comuni ricompresi negli ambiti
territoriali di intervento di cui all'articolo 2.
Art. 10.
(Relazione al Parlamento)
1. Entro il 30 settembre di ciascun anno il Ministro per la solidarietà sociale trasmette una relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della presente legge, tenuto conto delle relazioni presentate dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 9.
Art. 11.
(Conferenza nazionale sull'infanzia e sull'adolescenza e statistiche ufficiali sull'infanzia)
1. Il Ministro per la solidarietà sociale convoca periodicamente,
e comunque almeno ogni tre anni, la Conferenza nazionale sull'infanzia
e sull'adolescenza, organizzata dal Dipartimento per gli affari sociali
con il supporto tecnico ed organizzativo del Centro nazionale di documentazione
e di analisi per l'infanzia e della Conferenza dei presi denti delle regioni
e delle province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le Commissioni
parlamentari competenti. Gli oneri derivanti dalla organizzazione della
Conferenza sono a carico del Fondo di cui all'articolo 1.
2. Ai fini della realizzazione di politiche sociali rivolte all'infanzia
e all'adolescenza, l'ISTAT, anche attraverso i soggetti che operano all'interno
del Sistema statistico nazionale di cui all'articolo 2 del decreto legislativo
6 settembre 1989, n. 322, assicura un flusso informativo con periodicità
adeguata sulla qualità della vita dell'infanzia e dell'adolescenza
nell'ambito della famiglia, della scuola e, in genere, della società.
Art. 12.
(Rifinanziamento della legge
19 luglio 1991, n. 216)
1. Per il rifinanziamento del fondo di cui all'articolo 3 della legge
19 luglio 1991, n. 216, come modificato dall'articolo 3 del decreto-legge
27 maggio 1994, n. 318, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio
1994, n. 465, é autorizzata la spesa di lire 30 miliardi per ciascuno
degli anni 1997, 1998 e 1999.
2. Per il finanziamento dei progetti di cui all'articolo 4 della citata
legge n. 216 del 1991, é autorizzata la spesa di lire 10 miliardi
per ciascuno degli anni 1997, 1998 e 1999.
3. Agli oneri derivanti dall'attuazione dei commi 1 e 2, pari a lire
40 miliardi per ciascuno degli anni 1997, 1998 e 1999, si provvede mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio
triennale 1997-1999, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero
del tesoro per l'anno 1997, a tal fine riducendo di pari importo l'accantonamento
relativo al Ministero dell'interno.
4. I prefetti trasmettono i rendiconti delle somme accreditate per
i finanziamenti di cui all'articolo 3, comma 2, della citata legge n. 216
del 1991, agli uffici regionali di riscontro amministrativo del Ministero
dell'interno.
Art. 13.
(Copertura finanziaria)
1. All'onere derivante dall'attuazione degli articoli 1 e 8 della presente
legge, pari a lire 120 miliardi per l'anno 1997 e a lire 315 miliardi per
ciascuno degli anni 1998 e 1999, si provvede mediante corrispondente riduzione
dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1997-1999,
al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per
l'anno 1997, a tal fine riducendo di pari importo l'accantonamento relativo
alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
2. Le somme stanziate per le finalità di cui alla presente legge
possono essere utilizzate quale copertura della quota di finanziamento
nazionale di programmi cofinanziati dall'Unione europea.
3. Il Ministro del tesoro é autorizzato ad apportare, con propri
decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.